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Dopo 16 anni si chiude definitivamente l'era di un grande presidente che ha portato il club rosanero in Europa e valorizzato giocatori dai nomi incredibili. La conferma che per un dirigente essere tifoso non serve...
L’articolo su Maurizio Zamparini che ha venduto il Palermo è un grande classico, ormai da anni. Ma questa volta il club rosanero sembra davvero passato di mano, anche se non è chiaro a chi, per 10 euro simbolici (più l'accollo di 22 milioni di debiti, questi non simbolici). Sicuro invece, stando a lui stesso e alla sua un po' fredda lettera d'addio, l’addio definitivo di Zamparini, e quindi doveroso ricordare come questa avventura sia iniziata e proseguita.
L’era Zamparini a Palermo inizia nel luglio del 2002, quando Zamparini dopo avere provato per anni a costruire un nuovo stadio a Venezia si stanca del Venezia e si mette a cercare una squadra che gli dia più visibilità nazionale: dopo un tentativo con il Genoa di Dalla Costa nasce l’opportunità Palermo, che Franco Sensi ha messo sul mercato per rifarsi almeno un po’ delle enormi spese sostenute per riportare lo scudetto sulla maglia della Roma nel 2001. I 20 milioni di euro chiesti da Sensi dopo qualche giorno di tira e molla vengono ritenuti una valutazione corretta e così Zamparini sbarca in Sicilia anche in senso calcistico, dopo averlo fatto già da tempo con alcuni dei suoi ipermercati (Emmezeta). L’idea iniziale è quella di far traslocare mezzo Venezia a Palermo, a partire dall’allenatore Glerean e ben 15 giocatori e viene messa in pratica, fra le proteste dei tifosi del Venezia e qualche perplessità di quelli del Palermo, ai quali basta poco tempo per assistere al primo di tanti esoneri, con Glerean sostituito da Arrigoni.
Una stagione strana, perché di fatto Zamparini controlla in contemporanea due club della stessa categoria (anche se a Venezia ufficialmente il potere è in mano a Franco Dal Cin) e che infatti si conclude con una squalifica di Zamparini stesso per 8 mesi. Comunque nel 2004 il Palermo torna in serie A, dopo 31 anni, al termine di una stagione ovviamente partita con un esonero (è il turno di Silvio Baldini) ma trasformatasi in trionfo con Guidolin in panchina e in campo i gemelli Filippini, Gasbarroni, Corini, Zauli, più addirittura Toni e Grosso, che due anni dopo diventeranno campioni del mondo con l’Italia di Lippi. Insomma, non si può dire che Zamparini abbia costruito una brutta squadra.
In 8 stagioni il Palermo di Zamparini si fa rispettare in Italia e in Europa, qualificandosi per la bellezza di 5 volte alla Coppa UEFA-Europa League. Alla nona c’è la prima retrocessione, con pronta risalita. Altra retrocessione nel 2016-17, per arrivare alla stanchezza dei giorni nostri e a questa misteriosa cessione, anche se sempre meno misteriosa di quella di un anno e mezzo fa all’ex inviato delle Iene Paul Baccaglini. Difficile nel caso di Zamparini parlare di allenatori del cuore, ma certo è che quelli che hanno fatto meglio nella sua era al Palermo sono stati Guidolin e Delio Rossi. Sono stati per lui più produttivi i calciatori e fra i tantissimi valorizzati ricordiamo, oltre ai già citati Toni e Grosso, soltanto i più noti: Zaccardo, Barone, Barzagli, Amauri, Bresciano, Miccoli, Cavani, Balzaretti, Nocerino, Pastore, Ilicic, Vazquez, Sirigu, Dybala…
Non è strampalato affermare, viste le qualificazioni frequenti alla coppa minore, che in certe stagioni con un minimo sforzo in più si sarebbe potuto allestire un Palermo da Champions League. Un presidente-tifoso forse lo avrebbe fatto, ma anche senza essere palermitano si può dire che Zamparini sia stato il miglior presidente del Palermo di ogni tempo, più del pur mitico Raimonzo Lanza di Trabia (che fu presidente per pochissimo tempo) e alla pari di Renzo Barbera.
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