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Nel giorno in cui una delle leggende del calcio italiano compie 77 anni ricordiamo la storia del suo passaggio dal Napoli al club bianconero, che all'inizio non lo entusiasmò ma poi diventò la sua fortuna...
Dino Zoff compie oggi, 28 febbraio, la bellezza di 77 anni. Quasi il doppio dei 40 di Spagna ’82, la prima cosa che ci viene in mente. La seconda è che è fuori dal calcio, sia come allenatore sia come dirigente, addirittura dal 2005, quando lasciò la panchina della Fiorentina dopo averla portata alla salvezza. Poca voglia (e necessità) di scendere a compromessi, ma anche di fatto quasi nessuna offerta da parte di grandi club o della federazione per un personaggio che non si può definire scomodo (tutto è Zoff tranne che un eversore del sistema) ma che di sicuro è un gigante che mette in imbarazzo chi gigante non è.
Superfluo ricordare chi sia stato e cosa abbia fatto Zoff con Udinese, Mantova, Napoli, Juventus, Lazio e Italia, troppo facile l’agiografia. In questa rubrica di auguri preferiamo ricordare i punti di svolta della carriera e non c’è dubbio che in quella di Zoff la vera svolta sia stata il passaggio dal Napoli alla Juventus, all’età di 30 anni, quando già era il miglior portiere italiano ma di fatto a livello di club non aveva vinto nulla, mentre con la Nazionale già era stato campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970 (in Messico però da riserva di Albertosi).
Bisogna ricordare che la sua storia con il Napoli rischiò di chiudersi con un grave infortunio, il 14 marzo del 1972. In allenamento si fratturò infatti il malleolo esterno della gamba sinistra: addio campionato ma soprattutto addio inseguimento al record allora detenuto da Alfredo Foni (se fossero stati interessati i legamenti anche addio carriera, all'epoca). Sì, perché Zoff dal 28 settembre 1966 non saltava una partita di campionato: 175 presenze consecutive in serie A. Un infortunio a pochi giorni dalla partita con la Juventus, in cui per la squadra allenata da Chiappella avrebbe giocato Marcello Trevisan. Partita già particolare per Zoff, che l’anno prima era stato nel mirino di Boniperti. Non era sembrato entusiasta all’idea di lasciare Napoli, ma al di là di questo (a quei tempi i calciatori non erano padroni del proprio destino) Ferlaino e la Juventus non si erano accordati sulla cifra.
Comunque Zoff guarì a tempo di record, in rapporto alla medicina di quei tempi, e a giugno Valcareggi lo convocò per due amichevoli della Nazionale. Zoff guarì in tempo anche per la fase finale della Coppa Italia, a fine giugno, mostrando subito di essere lo Zoff di prima, con una partita strepitosa contro il Bologna di Oronzo Pugliese. Non aveva grande voglia di partire, Zoff, al di là di un dettaglio quasi incredibile: al Napoli percepiva un ingaggio (60 milioni di lire a stagione) superiore a quello che offriva la Juventus… Comunque il club bianconero si rifece avanti, con il segretario generale Allodi, proponendo a Ferlaino di cedere il portiere in cambio di Superchi, Novellini, la comproprietà di Ferrandini e 60 milioni. Non una proposta allettante, anche per un Ferlaino in difficoltà finanziarie e con varie pendenze arretrate (memorabili le polemiche con Juliano).
La trattativa andò comunque avanti, così come il Napoli in Coppa Italia: il 5 luglio c’era a Roma la finale con il Milan, Zoff era concentrato sulla coppa ma alla vigilia arrivò l’annuncio di Agnelli: “Abbiamo acquistato il più forte portiere italiano”. Il Napoli perse 2-0, autogol di Panzanato e raddoppio di Rosato, per Zoff sarebbe stata l’ultima partita con quella maglia. Al Napoli, in cambio di lui e di Altafini (considerato finito, a torto), andarono Carmignani più 320 milioni (sono circa 3 milioni di ero di oggi, come potere d’acquisto). Inutile spiegare chi fece l’affare, senza bisogno del senno di poi. Ma l’affare lo fece anche Zoff, che entrò in una dimensione diversa, diventata mito nel 1982.
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