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I 77 anni dell'ex attaccante del Milan, ricordato anche per il soprannome che gli diede Trapattoni, 'Ciapina'. Anche allenatore di tante squadre ma con una sola grande occasione in serie A, nel Brescia 1997-98 di Hubner, Adani e Pirlo...
Paolo Ferrario compie 77 anni oggi, 1 marzo, e ci sembra giusto fare gli auguri a un personaggio che molti vecchi milanisti chiamano ancora ‘Ciapina’, come il rapinatore (ma anche ex partigiano) entrato nell’immaginario popolare con alcuni colpi spettacolari come quello di via Osoppo in cui il bottino fu di 580 milioni di lire. Ferrario all’epoca era un promettente attaccante del vivaio del Milan, al punto che esordì in prima squadra a soli 17 anni, in una partita contro il Padova di Rocco. Compagni di squadra di quel ragazzino pupillo di Gipo Viani e di ‘Cina’ Bonizzoni', che ufficialmente era l’allenatore, erano Ghezzi, Trebbi, Liedholm, Maldini, Grillo, Altafini…
Rapinatore di area di rigore, almeno a livello giovanile, però deve il soprannome non alle caratteristiche tecniche ma proprio ad Ugo Ciappina, che lui si vantava di conoscere per fare un po’ il bullo con i compagni. Così un giorno Trapattoni, più anziano di lui di 3 anni, decise che Ferrario sarebbe stato ‘Ciapina’, con una p sola, alla milanese. Ferrario-Ciapina fu mandato a maturare alla Lazio e al Monza prima di fare ritorno alla casa madre. A un certo punto, complici le varie bizze di Altafini per il contratto, Liedholm lo lanciò in una squadra che guadagnò sette punti di vantaggio sulla Grande Inter di Herrera. Poi Altafini tornò dal Brasile e lo svedese non ebbe il coraggio di insistere su Ferrario, così Ciapina tornò in tribuna (non c’erano le sostituzioni, quindi nemmeno panchina) e si lasciò un po’ andare fra night, cavalli, scommesse e altro. Il passaggio a una carriera in provincia, chiusa da numero 10 a metà anni Settanta fra tanti rimpianti, fu quasi automatico. E in provincia sarebbe stata tutta la sua discreta carriera da allenatore, chiusa nel 2007.
I più giovani però se lo ricordano soprattutto come successore di Materazzi al Brescia, nella stagione 1997-98. Corioni non riuscì a convincere Lucescu a tornare e così la panchina andò a Ferrario, che allenava la Primavera, che così da tecnico esordì in serie A dopo la bellezza di vent’anni di carriera. Una squadra tutt’altro che scarsa, quel Brescia, con Hubner, Adani, Diana, Kozminski, Neri, i gemelli Filippini (fra l’altro lanciati proprio da Ferrario all’Ospitaletto) e soprattutto un giovane Pirlo, una squadra che però non fece bene. Con la situazione precipata il 3 maggio del 1998, prima della partita con la Fiorentina: il presidente comunicò a Ferrario che sarebbe rimasto in panchina, ma che la formazione l’avrebbe fatta il preparatore atletico Adriano Bacconi, che negli anni seguenti sarebbe diventato decisamente famoso in varie vesti. Poche ore dopo Ferrario diede le dimissioni: anche da allenatore il grande treno era passato ed era riuscito a salirci, ma non a rimanerci. Viani vedeva in lui uno da grandi colpi, gliene sono riusciti molti di livello medio.
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