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La firma del ventinovenne grande talento con il Brescia potrebbe essere il lieto fine di una carriera con alti e bassi. Perché alle sue radici Balotelli è sempre stato attaccato...
Mario Balotelli torna a casa, a 29 anni e con ancora qualcosa da dire in una carriera di parziale incompiuto. Torna a casa (i Balotelli sono di Concesio) ma non si più dire che torni nel Brescia, visto che non ci ha mai giocato. San Bartolomeo (pochi mesi) e soprattutto Mompiano (lì giocava anche suo fratello) le sue squadre prima di arrivare al Lumezzane a 10 anni, essere prestato un anno alla Pavoniana, tornare al Lumezzane e lì esordire nel calcio professionistico, a nemmeno 16 anni, con allenatore Walter Salvioni. Entrando nel mirino di mezza Europa e in particolare del Barcellona: dopo un viaggio-provino in Catalogna Balotelli fu davvero ad un niente dalla firma con i blaugrana.
Nel 2006 il passaggio all’Inter per 350.000 euro e poco dopo, sempre da minorenne, la grande occasione nella prima squadra neroazzurra allenata da un Mancini che di occasioni gliene ha date tante. Inutile ricordare cosa abbia fatto con Inter, Manchester City, Milan, Liverpool, Nizza, Marsiglia e con la Nazionale, mentre è più utile ribadire che Balotelli è uno degli ultimi (l’ultimo?) autentico prodotto del calcio da oratorio, ambiente che lui ha continuato ad amare al punto di rischiare anche da adulto le gambe in partitelle con gli amici, del tutto indifferente ai milioni di euro che in caso di infortunio avrebbe perso.
Al di là degli aspetti calcistici, non si può negare che il fascino dell’operazione Balotelli-Brescia risieda soprattutto nel fatto che un’altra squadra di serie A torni ad avere come suo leader un ragazzo locale. Fra le 20 squadre dell’attuale massima categoria del calcio italiano ad avere come leader tecnico un giocatore locale sono soltanto il Brescia, (Balotelli è nato a Palermo, ma è stato portato nel bresciano, a Bagnolo Mella, da neonato), la Fiorentina (stesso discorso per Federico Chiesa, nato a Genova) e il Napoli con Lorenzo Insigne. 3 su 20 non è una grande statistica, e ancora peggiore è quella che mette in relazione chi gioca davvero e i giocatori del proprio vivaio, ma un piccolo segnale sì. In un calcio con sempre meno identità, perché un medio appassionato di calcio dovrebbe guardare il Brescia, a meno ovviamente di essere tifoso del Brescia? Ma potremmo dire anche l’Arsenal, il PSG, eccetera, fino ad arrivare ai grandi club italiani. Ecco, adesso il motivo c’è. Mario Balotelli.
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