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Il 12 aprile del 1970 la storica impresa della squadra di Riva, Cera e Domenghini, allenata da Scopigno e costruita nelle stagioni precedenti grazie ai soldi di colossi della chimica...
Il 12 aprile 1970 sarà per sempre il giorno dello scudetto del Cagliari. Un evento di portata storica per tutta la Sardegna, ma certo non un miracolo visto che quella squadra avrebbe avuto ben 6 giocatori fra i convocati di Valcareggi per il Mondiale in Messico: Albertosi, Niccolai, Cera, Domenghini, Gori e Riva… Insomma, Manlio Scopigno aveva fra le mani calciatori quasi tutti di primissimo piano ed è per questo che lo scudetto del Cagliari è più simile a quello della Sampdoria 1990-91 che a quello del Verona 1984-85, con tutto il rispetto per la buona rosa di Bagnoli.
Esattamente cinquant’anni fa in un Amsicora strapieno, 30.000 spettatori, quel pomeriggio (si giocava alle 15.30) il Cagliari superò 2-0 il Bari, gol di Riva (colpo di testa, sfruttando un calcio di punizione di Brugnera) e Gori, e a due giornate dalla fine vinse matematicamente, essendo a più 5 punti su Juventus e Inter, quel titolo a cui pensava da anni e che la stagione precedente aveva quasi buttato via, dopo essere stato in testa alla classifica fino all'inizio di marzo.
Il primo momento decisivo di quello scudetto 1969-70 fu la vittoria alla quinta giornata, il 12 ottobre, sul campo della Fiorentina campione in carica: rigore di Riva e mille polemiche dei viola. Lì fra l’altro ci fu il soprasso in testa alla classifica, con Fiorentina e Inter dietro di un punto (la vittoria ne valeva due, ricordiamo sempre). Il secondo momento fu la sconfitta sul campo del Palermo, il 14 dicembre, con gol di Troja e lunga squalifica di Scopigno per insulti all’arbitro: ma il Cagliari seppe reagire bene e proseguire la sua cavalcata. Il terzo momento decisivo, quello che in tanti ricordano, il 15 marzo 1970 a Torino contro la Juventus. I bianconeri avevano iniziato male il campionato, ma con una grande rimonta si erano portati a meno 2 del Cagliari proprio prima dello scontro diretto. Autogol di Niccolai, pareggio di Riva con una prodezza pazzesca, in quella situazione: aggancio per portarsi il pallone sulla testa e gol. Rigore per la Juventus, battuta di Haller e respinta di Albertosi, ma Lo Bello fece ripetere: Anastasi e 2-1 Juventus. Di rigore anche il 2-2, per un fallo ancora più dubbio di quello che aveva causato il rigore per i bianconeri: lo segnò Riva, a 7 minuti dalla fine, in un clima di enorme tensione, con Anzolin che riuscì solo a sfiorare il pallone. Senza dubbio il rigore, per non dire il gol, più importante nella storia del Cagliari.
Ma tornando al discorso iniziale, bisogna ribadire che quel Cagliari aveva ben poco della squadra di provincia, visto che al di là dei dirigenti che ci mettevano la faccia (Arrica il più famoso) alle spalle aveva colossi della chimica e della raffinazione petrolifera come la Sir di Nino Rovelli e la Saras di Angelo Moratti, entrambi di base a Milano ma che in Sardegna avevano interessi e finanziamenti pubblici enormi. Lo scudetto del Cagliari fu insomma anche frutto di un progetto finanziario e politico, cosa che del resto si può dire di quasi tutti gli scudetti.
Semmai un po' casuale fu la panchina di Scopigno, che nel 1966-67 aveva guidato il Cagliari a un sesto posto che in parte aveva deluso (Riva era già Riva, poi c’erano Cera, Niccolai, Nené. Boninsegna…) e dopo un torneo estivo negli Stati Uniti era stato esonerato. Non solo: Moratti lo aveva anche bloccato (pagandolo personalmente per stare fermo un anno) per sostituire Helenio Herrera ormai al capolinea del suo ciclo interista. Quando però nel 1968 Herrera effettivamente lasciò l’Inter per la Roma il club nerazzurro fu lasciato anche da Moratti, che avendo interessi anche nel Cagliari propose-impose al club sardo l’allenatore da lui controllato, che a Cagliari in pochi rimpiangevano. Scopigno prese il posto di Puricelli e legò per sempre il suo nome ad una grande impresa, rimasta nella testa anche di chi non l’ha vissuta dal vivo.
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