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Il decennale dell'impresa dell'Inter coincide con quello dell'addio del suo allenatore più amato dai tifosi. Una separazione ancora parzialmente da spiegare...
Il 22 maggio del 2010 sarà per i tifosi interisti per sempre il giorno, anzi la sera, del Triplete, con la Champions League vinta dopo avere conquistato Coppa Italia e scudetto. Ad oggi l’ultima Champions vinta da un club italiano, ma la statistica è oggettiva mentre tutt’ora senza una vera spiegazione rimane l’addio di Mourinho alla panchina dell’Inter per andare al Real Madrid. Non certo per i soldi, visto che in quel momento i nerazzurri erano in grado di pagare chiunque ai livelli più alti. Oltretutto per andare in un ambiente come quello del Real, poco amante dei tecnici-guru, un ambiente in cui le sconfitte sono sempre colpa dell’allenatore e le vittorie merito dei giocatori.
Al di là delle voci di mercato, di Mourinho al Real Madrid si inizia a parlare concretamente a fine aprile, quando Marca scrive che l’allenatore poprtoghese al 95% cambierà squadra. L’Inter prima in classifica con 2 punti sulla Roma si sta preparando alla partita con la Lazio, terzultima giornata di campionato. Mourinho ha il contratto anche per le stagioni successive, fino al 2012, ma è un contratto con un clausola liberatoria per entrambe le parti. Florentino Perez è in pressing: l’anno prima ha fatto spese mostruose (Cristiano Ronaldo e Kakà, per dirne due, oltre a Benzema, Xabi Alonso e altri) ma vede sempre da dietro il Barcellona di Guardiola.
Si va avanti fra sussurri e indiscrezioni fino alla conquista della Coppa Italia, poi l’11 maggio un fatto decisivo: Moratti si stizzisce per avere appreso dai giornali di Mourinho al Real, non per il fatto in sé (già l'anno prima Mourinho sembrava intenzionato a partire) ma perché la clausola liberatoria aveva proprio il senso di essere onesti nel momento dell’addio. Quel giorno l’Inter fa un comunicato per dire che non ha preso contatti con altri allenatori, che Mourinho ha un contratto fino al 2012 e che bisogna comunque pensare allo scudetto, rimane da giocare l’ultima partita a Siena, e alla Champions League. Mourinho risponde, a mezzo stampa, al comunicato, sostenendo di non avere preso contatti con alcun club e che la sua testa è comunque su Siena e Bayern. Vera soltanto la seconda affermazione. Moratti confida che il futuro di Mourinho all’Inter si deciderà dopo la finale di Madrid, ma non sembra crederci troppo. E a dirla tutta non ha intenzione di fare le barricate per trattenerlo: sentir parlare in continuazione di ‘Inter di Mourinho’ non gli fa piacere.
Dopo la vittoria di Siena, domenica 16 maggio, Mourinho spiega che il problema non è l’Inter ma il calcio italiano con i suoi potentati, i suoi veleni. Un concetto ribadito proprio il 22 maggio, dopo la finale vinta con il Bayern Monaco: “Non me ne vado dall’Inter, ma dal calcio italiano”. È una mezza verità, perché in realtà Mourinho considera il Real Madrid il punto di arrivo nella carriera di un allenatore e non ne fa una questione di soldi. Quanto ai veleni, il famoso 'rumore dei nemici', sono a volte un problema ma più spesso ancora la sua benzina, ciò che dà la carica a lui e alle sue squadre. La sera di lunedì 24 maggio Mourinho va a cena con Moratti: non c’è molto di cui discutere, c’è solo da salutarsi con l’imbarazzo di non sapersi spiegare bene il perché. Il Real pagherà la clausola rescissoria e Mourinho non tornerà più all’Inter.
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