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Un anno fa moriva il protagonista del Mondiale 1982, archetipo del campione della porta accanto. Con una carriera tutto sommato brevissima...
Un anno fa moriva Paolo Rossi, simbolo di un Mondiale e di un'Italia irripetibili ma anche, se non soprattutto, un grande calciatore. Un campione del quale colpisce la brevità della carriera, paragonata alle lunghezza interminabile e anche un po' sospetta di quelle di oggi. Sì, perché di fatto Paolo Rossi ha di fatto disputato soltanto nove stagioni professionistiche vere, dopo essere stato fino a vent'anni messo fuori gioco dagli infortuni. Tre al Vicenza, fra B ed A, una al Perugia dove incredibilmente finì nel 1979, tre piene alla Juventus più qualche partita di quelle che lo avrebbe portato in Spagna, una al Milan e una al Verona quando ormai era l'ombra di sè stesso, prima del ritiro a soli 31 anni.
Certo, senza i due anni di squalifica per il calcioscommesse le stagioni sarebbero state undici, ma comunque poche. Anche perché si giocava molto di meno: il campionato era a 16 squadre, quindi con 30 giornate, le coppe erano ad eliminazione diretta e anche ad andare avanti le partite erano poche, la Nazionale aveva meno finestre. Non a caso Paolo Rossi, che tutto il mondo ricorda come grande uomo gol, nella graduatoria di tutti i tempi dei marcatori azzurri è soltanto tredicesimo con 20 gol, di cui 9 segnati ai Mondiali (3 in Argentina, 6 in Spagna). 20 gol in 48 partite, sottolineando che le 48 partite le giocò nell'arco di 9 anni, dal 1977 al 1986. Togliamo anche i 2 anni di squalifica, arriviamo ad una media di 7 partite a stagione. Ecco, nel 2021 l'Italia di Mancini ne ha disputate 19...
Paolo Rossi nelle copertine del Guerino
La carriera dell'eroe del Mondiale 1982 attraverso il settimanale più amato dagli sportivi italiani: Vicenza, Perugia, Juventus e soprattutto Nazionale...
Guarda la galleryIndubbiamente parte del fascino di Paolo Rossi dipende dal fatto che è identificabile con pochi anni della nostra vita e soprattutto con la Nazionale: era insomma meno divisivo di tanti suoi compagni in azzurro, pur avendo giocato (e tifando) per la Juventus. Sotto questo aspetto dell'identificazione con i club un po' un Roberto Baggio, solo capace di fare quell'ultimo passo che divide la storia dalla leggenda. Dedicargli l'Olimpico, come ha proposto Gravina, forse non è una grande idea perché lo stadio è del CONi rappresenta tutto lo sport italiano (perché non intitolarlo a Mennea, allora?), ma certo che nessuno come Paolo Rossi ha fatto scattare negli italiani l'identificazione. Bravo anche dopo il ritiro, nel tenersi a distanza dal calcio pur continuando a seguirlo come opinionista.
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