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Al Mondiale con João Pedro e senza Balotelli© Getty Images

Al Mondiale con João Pedro e senza Balotelli

I 33 convocati da Mancini per i playoff ed il fallimento europeo dei club.

18 marzo 2022

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Ci siamo, senza Balotelli ma con quasi tutti gli altri che ci vengono in mente e che abbiano un passaporto italiano: a proposito, una prima volta per Luiz Felipe e João Pedro, dopo lo stage di gennaio. Per la Macedonia e la partita di spareggio mondiale che verrà dopo Roberto Mancini ha convocato 33 giocatori, 10 più che per il Mondiale vero e proprio. Portieri: Cragno, Donnarumma, Gollini, Sirigu. Difensori: Acerbi, Bastoni, Biraghi, Bonucci, Chiellini, Di Lorenzo, Emerson, Florenzi, Luiz Felipe, Mancini. Centrocampisti: Barella, Cristante, Jorginho, Locatelli, Pellegrini, Pessina, Sensi, Tonali, Verratti. Attaccanti: Belotti, Berardi, Immobile, Insigne, João Pedro, Politano, Raspadori, Scamacca, Zaccagni, Zaniolo.

Qualcuno è mezzo infortunato, qualcun altro lo sarà, ma certo 33 giocatori per 2 partite sembrano un’enormità: non perché la FIGC non abbia i soldi per pagare loro l’albergo, ma perché si possono creare nel gruppo tensioni già superiori a quelle dovute alla situazione. Quanto a Balotelli, Mancini ha probabilmente valutato che non poteva convocarlo con un asterisco del genere “Giochi ma solo se le cose si metteranno male”. Senza contare il fatto che la sola presenza di Balotelli avrebbe magari fatto dimenticare il senso della missione: vincere. Altre non convocazioni che fanno notizia quelle di Romagnoli e Bernardeschi.  

I club italiani rimasti in Europa sono Atalanta e Roma, sia pure nell’Europa di Serie B e C, dove nei quarti di finale troveranno Lipsia e Bodo Glimt. Come accade da molti anni, con qualche eccezione, nel complesso la Serie A propone un livello medio inferiore a Premier League e Liga: nessuna sorpresa, assurdo proporre la solita cover disfattistica quando Bundesliga e Ligue 1 sono messe peggio, per non parlare degli altri. Senza contare la più banale delle considerazioni: Juventus, Inter, Milan, eccetera, rappresentano sé stesse e certo non il calcio italiano. Che potrà essere processato in caso di secondo fallimento mondiale consecutivo, non certo per aver mancato i quarti di Champions.

Quanti dei convocati di Mancini per Macedonia e seconda partita hanno giocato nelle 4 italiane quest’anno di Champions League? In totale 10 in 4 squadre. Come si può dire quindi che il fallimento in Champions sia del calcio italiano? Semmai dei suoi dirigenti, gli unici mai criticati mentre tifosi e media sfottono i giocatori e linciano gli allenatori, cioè quelli che (in teoria) più di tutti gli altri capiscono di calcio. I club italiani della loro storia hanno soltanto la maglia e spesso nemmeno quella, considerazione che si può del resto fare anche per quasi tutti gli altri. Squadre senza identità, quasi sempre (tre anni di contratto di un tecnico, peraltro quasi mai rispettati, vengono ormai definiti ‘ciclo’) senza continuità di gestione, dove tutti sono intercambiabili ed in definitiva uguali.

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