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Addio al dirigente capace di costruire una squadra leggendaria e di vincere l'ultimo scudetto fuori dal grande giro...
Con la scomparsa di Emiliano Mascetti ci lascia un buon calciatore, che abbiamo anche fatto in tempo a vedere, per tanti anni in Serie A, ed un eccellente dirigente, apprezzato alla Roma e all’Atalanta, ma per sempre nella storia come architetto del Verona degli anni Ottanta, quello che nella stagione 1984-85 allenato da Osvaldo Bagnoli vinse uno scudetto davvero storico. L’ultimo, e purtroppo destinato a rimanere l’ultimo, senza avere alle spalle una metropoli con i suoi media oppure una grande proprietà con i suoi soldi (come ad esempio la Sampdoria di Mantovani, che aveva ingaggi da Real Madrid).
Il Verona è stata la squadra della vita di Mascetti anche da calciatore, visto che ci ha giocato 11 stagioni e anche bene, ritirandosi nel 1980 a 37 anni e passando quasi subito dietro la scrivania. La svolta della carriera a metà degli anni Sessanta, da attaccante del Pisa: Liedholm si innamorò di quel ragazzo comasco e lo volle fortemente al Verona, cambiandogli anche ruolo e facendone, come si direbbe oggi, il centro del progetto (solo che oggi di solito non c’è alcun progetto). Da mezzala Mascetti segnò meno gol di quanti ne avesse in canna, ma conquistò l’amore di Verona, che lasciò soltanto per due anni, peraltro buoni, al Torino di Mondino Fabbri, andandosene poco prima dell’arrivo di Radice e dello scudetto granata.
Da direttore sportivo del Verona costruì la squadra dello scudetto un po’ con gli scarti dei grandi club e un po’ valorizzando la classe media, tenendo insieme per anni un gruppo che sarebbe arrivato al massimo traguardo possibile. Nel 1981 Mascetti divenne direttore sportivo di un Verona che aveva già ingaggiato Bagnoli per la panchina e che di lì a poco avrebbe preso Di Gennaro dal Perugia e Garella dalla Sampdoria. Nel 1982 arrivarono Dirceu dall’Atletico Madrid (l’anno dopo sarebbe passato al Napoli), Zmuda dal Widzew Lodz (tanti infortuni, poche partite, ma un grande del calcio europeo), Marangon dalla Roma, Fanna dalla Juventus, Sacchetti dalla Fiorentina e Volpati dal Brescia, solo per citare i colpi principali.
Nel 1983 Galderisi dalla Juventus, Fontolan dal Como, Iorio dalla Roma, Jordan dal Milan, Spuri dall’Anconitana (come la chiamavamo all’epoca), Ferroni dalla Sampdoria e Bruni dalla Fiorentina. Nel 1984, tornato Iorio alla Roma e lasciato libero Jordan, altri tre arrivi pesantissimi: Briegel dal Kaisersalutern, Elkjaer dal Lokeren e Turchetta dal Varese. Insomma, una squadra da scudetto costruita in tre anni e con pochi soldi: della rosa campione l’unico non scelto dal direttore generale Mascetti era Roberto Tricella, ma soltanto perché era già del Verona. Da non dimenticare che un altro colpo di Mascetti fu lo sponsor Canon, che in assenza di un proprietario dalle spese senza limiti spesso fece la differenza. Con Bagnoli il rapporto personale fu molto profondo e si può dire che l’età dell’oro del Verona terminò con il passaggio di Mascetti alla Roma di Viola nel 1989. Grande uomo di calcio, celebrato meno di molti incapaci.
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