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La notte di Kostic, la difesa di Inzaghi, il derby di Sarri, gli esoneri premauturi e il modello Premier League.
Da quando Massimiliano Allegri è tornato ad allenare la Juventus, ormai un anno e mezzo fa, non aveva mai vissuto una partita come quella con l’Inter, vinta 2-0 nonostante le tante assenze importanti. Con lo spirito di squadra che era mancato in gran parte della seconda era Allegri, con i Fagioli e i Miretti imposti dalle circostanze, con un Kostic enorme e un Rabiot che è da esubero mancato è diventato forse il miglior bianconero di questa stagione. L’uscita dalla Champions e le vicende giudiziarie, senza contare la lotta fra Agnelli per il controllo di tutto ciò che è al di sopra della Juventus, hanno dato uno dei due risultati possibili in questi casi: il compattamento di uno spogliatoio che non ha più un nucleo storico (l’altro risultato possibile è lo sbracamento). Una vittoria che non bilancia l’uscita dalla Champions, ma che insieme ad una fase difensiva ottima (miglior difesa della Serie A, soltanto 7 gol subiti in 13 partite) è un passo per il giocarla l’anno prossimo, la Champions. Il ritorno, inteso anche come girone di ritorno, di Allegri è ancora tutto da vedere.
Quanto all’Inter, settima e sorpassata proprio dalla Juventus, a 11 punti dal Napoli saluta lo scudetto e deve riscrivere i suoi obbiettivi: un piazzamento nelle prime quattro, la Coppa Italia, un cammino onorevole in Champions. Certo dopo l’operazione Lukaku non erano questi i progetti, e del resto Lukaku si è visto finora poco e male, anche se il principale problema è in difesa, con gli imputati che di partita in partita cambiano. Con 25 partite ancora da giocare sia Inter sia Juventus possono ancora sognare, ma la realtà sarà la lotta per il quarto posto. Con qualche rimpianto in più per Simone Inzaghi, anche riferito alla singola partita visto che la somma del valore dei suoi titolari era superiore a quella della Juventus. Il bello e il brutto del calcio: in poche settimane da quasi esonerato a mago per avere eliminato il Barcellona, adesso di nuovo uno che al momento del dunque non fa andare in campo le sue squadre con la bava alla bocca. Il miglior allenatore possibile per il dopo Conte, ma non è Conte (che peraltro ha altri difetti e nell'ultimo girone di Champions sarebbe andato a casa) e non si può scoprirlo ad ogni calo di tensione.
La vittoria del Napoli a Bergamo, rimontando lo svantaggio e comunque il grande inizio di partita dell’Atalanta, è stata pesantissima ben al di là dei 6 punti di vantaggio sul Milan e dagli 8 proprio sulla squadra di Gasperini. Prima della sosta mondiale Spalletti avrà Empoli e Udinese, quindi sarà difficile che gli inseguitori riducano le distanze. Poi il 4 gennaio, con Napoli-Inter, inizierà un altro campionato ma questo lo ha stravinto il Napoli senza lamentarsi, anzi, delle fatiche di coppa. Al terzo posto insieme all’Atalanta è salita la Lazio dopo la vittoria nel derby propiziata dall’errore di Ibanez sul pressing di Pedro ma in generale meritata, con i problemi della Roma che non sono un errore difensivo ma la quasi totale assenza degli attaccanti, da Abraham alle alternative, con il solo Zaniolo che dal niente ha colpito un traversa: fra le 7 aspiranti alla zona Champions la squadra di Mourinho è quella che segna di meno, ma ogni rilevazione statistica e anche la semplice osservazione delle partite dicono che di occasioni ne produce tante (magari non nel derby, ma nelle altre partite si) e che quindi il problema sia soprattutto di singoli.
Sampdoria e Verona, sconfitte da Fiorentina e Monza, sono in fondo alla classifica, con una serie imbarazzante di record negativi e la cosa forse peggiore è che entrambe si sono già giocate il cambio di allenatore, Stankovic al posto di Giampaolo e Bocchetti a quello di Cioffi, senza risultati e nemmeno segnali di speranza. 4 sconfitte in 4 partite per l’ex tecnico della Primavera dell’Hellas, di poco meglio Stankovic con una vittoria (sulla Cremonese) ed un pareggio in 5 partite. Per la Sampdoria la scossa potrebbe arrivare dal cambio di proprietà, più che da un altro esonero. Nella seconda metà della classifica ha vinto soltanto il Monza, in definitiva, in una giornata segnata dal grave infortunio a Sensi: nessuna considerazione epocale da trarre, con tre mesi di calciomercato davanti e almeno 7 serie candidate alla retrocessione.
Il modello Premier League ha diversi pregi, come quello di portare in Inghilterra molti dei migliori calciatori del mondo, e senz’altro un difetto, cioè quello di sostituire i tifosi allo stadio. Con la piccola borghesia, per non parlare di chi sta peggio, che visto il prezzo medio dei biglietti sta cedendo gradualmente il posto a chi ha un potenziale di spesa superiore. Nulla di nuovo, se non che da qualche settimana la BBC sta facendo una campagna contro questo fenomeno attraverso sondaggi e interviste. Una cosa notevole in un paese dove la demagogia contro il caro-biglietti, il caro-pay-tv e il caro-tutto non ha mai fatto troppa presa nemmeno presso le vittime del sistema. E anche in Italia la direzione è questa: debellati gli ultras (intendiamo quelli veri, non i delinquenti che usano le curve per i loro affari), a colpi di posti premium si passerà ai tifosi normali che già adesso fanno fatica ad andare allo stadio. Mentre scriviamo queste righe l’affluenza media in Serie A è di 28.446 spettatori a partita contro i 25.237 della stagione 2018-19 l’ultima pre-Covid e i 23.268 di 10 stagioni fa. Per il momento non c'è fuga dagli stadi e nemmeno sostituzione sociale. Da ricordare che nell’ultima stagione prima della pay-tv, la 1992-93, la media partita fu di 32.106 spettatori. Si può quindi dire che per il momento la Serie A, pur scesa di livello rispetto a quei tempi, sta reggendo discretamente la concorrenza del calcio visto su tivù e web ma anche banalmente quella degli altri tipi di svago. Insomma, copiare la Premier League senza esserlo potrebbe riservare amare sorprese.
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