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L'anno orribile del calcio italiano© LAPRESSE

L'anno orribile del calcio italiano

In attesa della ripartenza della Serie A si chiude un 2022 segnato dal fallimento mondiale ma anche da una dimensione quasi soltanto nazionale dei maggiori club. Ce ne vorranno di stage...

27 dicembre 2022

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Il periodo fra la fine del Mondiale e l’attesa per la ripartenza della Serie A è quello giusto per un bilancio del 2022 del calcio italiano. Molto facile: è stato un disastro sotto quasi ogni profilo. A partire dai risultati: la Nazionale campione d’Europa ha fallito la qualificazione al Mondiale, per la seconda volta consecutiva ma in maniera più amara rispetto al 2018 perché non si è trattato di scarsezza (e l’ottavo posto nel ranking FIFA lo dimostra, nonostante tutto) ma di lentezza nel proporre un rinnovamento in un gruppo che nel 2021 era andato vicino ai propri limiti.

E il primo a rendersene conto è stato Mancini, riconfermato per Euro 2020 e per un contratto già firmato, convinto (a ragione) che l’Italia possa mettere in campo una squadra sempre superiore alle europee di fascia media. Inutile fare discorsi sui massimi sistemi, sui settori giovanili, eccetera: Spagna e Germania lavorano male? Hanno fallito in Qatar per colpa delle loro scuole calcio? (Vedendo l'assenza di centravanti decenti viene da pensare, comunque...). In campo vanno 11, ormai 16 giocatori, e al di là dei fenomeni non è ammissibile che un paese di 60 milioni di abitanti non abbia un livello medio superiore a quello di un i 4 come la Croazia. La base c’è, come provano l’Under 21 di Nicolato (qualificata per la fase finale a 16 degli Europei) e l’Under 19 di Nunziata, semifinalista al suo Europeo: pensare che tutto vada male è la strada migliore per continuare a non vincere.

Non tanto meglio è andata ai club: nessuna squadra italiana nei quarti di Champions League, una sola (l’Atalanta) ai quarti di Europa League, la vittoria in Europa League della Roma che è stata mediaticamente una bella cosa ma dal peso specifico vicino allo zero. La Juventus, unico club italiano della stessa cilindrata finanziaria delle grandi di Champions, è stata travolta da proprio da problemi finanziari, oltre che da scelte sportive scellerate: le dimissioni-esonero di Andrea Agnelli, con un nuovo consiglio d'amministrazione di persone provenienti fuori dal calcio, sono più significative di mille editoriali. Milan, Inter e Napoli a periodi alterni hanno fatto bene contro le pari grado, una di loro doveva per forza vincere lo scudetto ed è stato Pioli a lasciare a Simone Inzaghi e Spalletti l’antipatica qualifica di perdenti di successo: l'allenatore dell'anno è proprio quello rossonero. Roma e Lazio hanno un soffitto di cristallo, Atalanta e Fiorentina si sono rassegnate al loro ruolo, impossibile che in futuro il Paolo Mantovani della situazione riesca a sparigliare le carte.

In positivo da segnalare la passione del pubblico, evidentemente slegata dai risultati, dagli stranieri (i gol segnati da non italiani sono il 75% del totale) e dalla presenza di stelle, visto che quelle al massimo della loro parabola non giocano in Italia: nella prima parte di questa stagione 29.079 spettatori a partita di media, quasi 4.000 più di quelli dell’ultima stagione totalmente pre-Covid, la 2018-19, e soltanto 3.000 in meno rispetto alla 1992-93, cioè l’ultima prima della pay-tv, quando la Serie A poteva essere vista soltanto dal vivo. Numeri importanti, che invitano ad evitare il disfattismo ed il pessimismo cosmici. È stato un anno orribile, per il calcio italiano, ma anche senza rivoluzioni il 2023 potrebbe essere molto meglio. 

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