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I progetti dell'Arabia Saudita, la battaglia per il Mondiale, la nuova maglia della Nazionale e il futuro di Conte.
Firmando per l’Al Nassr fino al 2025 come giocatore, ma soprattutto legando la sua immagine all’Arabia Saudita fino al 2030, Cristiano Ronaldo a quasi 38 anni di età ha per l’ennesima volta scritto una pagina di storia del calcio. Non perché sia una novità che un calciatore vecchio vada a svernare in campionati che nessuno guarderebbe, ma perché le cifre in campo (un miliardo di dollari complessivo) e lo status del giocatore danno l’idea di quanto il calcio sia importante per il soft power (e nemmeno tanto soft) dei paesi arabi, che stanno comprando tutto l’Occidente comprabile, fra operazioni di marketing come CR7 ed altre molto più di sostanza. E del resto il Messi qatariota non è troppo lontano da queste logiche.
Rimanendo in ambito calcistico, Cristiano Ronaldo all’Al Nassr significa il ritiro di Cristiano Ronaldo stesso dal calcio che conta, dopo vent’anni ai massimi livelli, ma anche che le mire arabe anche sul Mondiale 2030 sono concrete. Allo stato attuale, in corsa per un’assegnazione che sarà decisa al Congresso FIFA del 2024 ad Osaka ci sono tre candidature molto forti. Uruguay-Argentina-Cile-Paraguay, in omaggio al centenario del primo Mondiale (così ci piace pensare), Spagna-Portogallo a cui tre mesi fa si è aggiunta l’Ucraina, e Marocco senza coinvolgere altri paesi, come ai vecchi tempi. Tutti gli altri annunci e mezzi annunci al momento non si sono tradotti in una candidatura formale, vale anche per l’Arabia Saudita che però ha già cooptato Grecia ed Egitto e di sicuro si farà avanti. Certo questa cosa delle candidature congiunte è sfuggita di mano.
La Nazionale italiana riparte in questo 2023 con un nuovo sponsor tecnico, Adidas dopo 20 anni di Puma, una nuova maglia, un nuovo logo ed una nuova identità sonora, qualsiasi cosa voglia dire. Novità presentate da Gabriele Gravina, che non è un influencer ma il presidente della FIGG, in consiglio federale già dai tempi di Nizzola e passato indenne da un fallimento epocale come la mancata qualificazione al Mondiale. Nonostante tutto intorno alla squadra di Mancini, con tutto il rispetto per le altre selezioni azzurre che a livello di sentimento popolare certo non fanno la differenza, si respira un certo ottimismo. Le brutte prestazioni in Qatar di Germania e Spagna forse hanno aiutato a mettere in prospettiva anche quelle dell’Italia campione d’Europa: un rovescio sportivo può capitare, anche quando si lavora bene, all’interno di un sistema che produce una classe media di qualità molto elevata. Ecco, per stessa ammissione di Mancini, che peraltro in questo non ha colpe, non è esattamente il caso dell’Italia.
Antonio Conte sta tornando in pista per un club italiano? La domanda ha cittadinanza, dopo l’ennesimo sfogo dell’allenatore dopo la sconfitta del suo Tottenham con l’Aston Villa, la terza nelle ultime quattro partite disputate. Vuole rinforzi, nella sostanza, e del resto il Conte degli ultimi dieci anni ha come costante proprio questa insoddisfazione nei confronti delle sue squadre, che fossero club o nazionali. Certo a nessun dirigente del Tottenham, da Daniel Levy a Fabio Paratici, piace sentirsi dire che la sua squadra è al massimo da quinto posto, forse anche da sesto o settimo. Il contratto di Conte scade a giugno, per vla cronaca, ma la cronaca dice anche che la Serie A non è popolata da club in grado di fare concorrenza al Tottenham sul mercato.
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