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Il ritiro di Buffon© Inter via Getty Images

Il ritiro di Buffon

Una carriera che non finisce, la rottura fra Ancelotti e Gattuso, il tifo di Vialli.

13 gennaio 2023

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Quando si ritirerà Gigi Buffon? L’ottima partita giocata a San Siro nell’ottavo di finale di Coppa Italia fra Inter e Parma, con quella parata su Dzeko nel finale dei tempi regolamentari che è stata da Buffon di 15 anni fa, non deve far dimenticare che Buffon era fuori da più di tre mesi per infortunio e che anche nella scorsa stagione ha saltato un terzo delle partite. Certo è che Buffon sano sarebbe in grado ancora oggi di giocare in Serie A, categoria in cui magari il Parma tornerà fra qualche mese. Così Buffon potrebbe strappare a Ballotta il record di più vecchio mai sceso in campo in Serie A (44 anni, un mese e 8 giorni), visto che che fra poco compirà 45 anni. Ovviamente è una classifica dominata dai portieri (Ballotta, appunto Buffon, Antonioli, Fontana, Colombo e Zoff ai primi sei posti), con Costacurta settimo (il record per un giocatore di movimento è quindi di 41 anni e 25 giorni), Vierchowod ottavo, Paolo Maldini nono e Javier Zanetti decimo. Al di là delle statistiche, non si vede perché uno ancora in grado di giocarsi la vita in campo (e con clubn disposti a pagarlo, particolare non secondario) si debba ritirare. Non c’è nel calcio italiano tutta questa fretta di vedere il Buffon allenatore o il Buffon dirigente e lui, etichettato in un certo modo, l’ha capito benissimo.

Il freddo saluto fra Ancelotti e Gattuso prima di Real Madrid-Valencia ha ricordato una volta di più come la ruota del calcio giri, visto che la rottura della loro amicizia risale proprio all’esonero di Ancelotti da allenatore del Napoli, con ingaggio immediato di Gattuso. Stiamo parlando di fine 2019, di fatto tre anni fa, e al di là dei comportamenti di Gattuso (reo di non avere avvertito l’amico di essere in trattative con De Laurentiis) che hanno portato alla rottura di un rapporto nato nel Milan e apparentemente solido, sembra che sia passato un secolo. Ancelotti era per molti, di sicuro per i dirigenti del Napoli, l’allenatore sessantenne al capolinea, e Gattuso, che per età potrebbe essergli figlio, il giovane da progetto e amato dai giornalisti (come del resto anche Ancelotti, va detto). Poi dopo una mediocre parentesi all’Everton Ancelotti è stato a sorpresa ripescato dal Real Madrid, con cui ha rivinto la Champions, mentre Gattuso dopo un buon inizio con il Napoli (Coppa Italia vinta in finale sulla Juventus) ha clamorosamente perso la qualificazione in Champions e poi anche la squadra, passando poi per il pasticcio con la Fiorentina abbandonata a pochi giorni dalla firma e un involontario anno sabbatico.

Fra i tanti motivi che ci sono per ricordare Gianluca Vialli c’è uno dei più grandi tabù del calcio, cioè il tifo contro. Se ne parla poco e quasi nessuno ammette di praticarlo, però è la base del successo del calcio ed anche dei comportamenti di molti dei suoi protagonisti. Eppure per il quieto vivere bisogna scrivere che il portiere di riserva è contento per le prodezze del titolare, o che i non convocati in Nazionale facciano il tifo per gli azzurri ed il loro allenatore. Vialli ruppe questa ipocrisia nel 1994, quando Sacchi non lo convocò per il Mondiale negli Stati Uniti un po’ perché era rimasto fuori dalla Juventus per infortunio mezza stagione (ma a marzo era rientrato e sembrava in forma) e molto perché gli era antipatico, visto che non lo chiamava da Italia-Malta del 19 dicembre 1992. Vialli dichiarò onestamente di tifare contro l’Italia e gliene dissero di tutti i colori, trattandolo come uno che avesse tradito chissà quale legge non scritta. E alla fine del Mondiale disse che l'Italia si era distinta soprattutto per lacrime e crampi. La verità fa sempre male.  

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