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Il messaggio di Mancini, la Nazionale come un club e l'addio di Conte al Tottenham.
Esiste un caso Zaccagni-Italia? Ovviamente sì, perché dopo l’ennesimo lamento di Mancini per lo scarso impiego di attaccanti italiani in Serie A è stato lasciato a casa proprio l’italiano che segna di più in campionato, 9 gol (e il nono quello decisivo nel derby romano) come il compagno Immobile. Certo non è una prima punta come Retegui, ma è comunque l’italiano più in forma. Nessuna dietrologia, ma soltanto 'davantologia': Mancini non ha perdonato Zaccagni per essersi chiamato fuori dalla Nazionale lo scorso giugno, per un leggerissimo infortunio. Un segnale lanciato a tutti: anche l’Italia delle porte girevoli, aperta a chiunque (102 i convocati in quasi 5 stagioni di gestione), deve rimanere l’obbiettivo più alto nella carriera di un calciatore. Tutt’altre situazioni quelle di Locatelli (le alternative a centrocampo sono tante) e Zaniolo, che tornerà dopo qualche mese di dezaniolizzazione in Turchia. Va comunque detto che la squadra azzurra nonostante il pessimismo cosmico che la circonda ha problemi di scarsità, per non dire scarsezza, in un solo ruolo. Ci pare però di ricordare che i leggendari modelli inglesi, tedeschi, spagnoli e francesi, quelli che citiamo per giustificare i fallimenti, non abbiano prodotto giovani centravanti fenomenali.
La vicenda di Mateo Retegui è stata finora analizzata dal punto di vista della convenienza per l’Italia. Non abbiamo un centravanti? Prendiamone uno che nell’ultimo anno in Argentina ha fatto bene, anche se non così bene da interessare l’Albiceleste di Scaloni. Il passaporto italiano di Retegui non ha avuto bisogno di creatività, visto che un bisnonno era effettivamente italiano: al di là dell’aspetto etico siamo nelle regole, quelle regole che dicono anche che il centravanti del Tigre se giocasse un solo minuto con l’Italia perderebbe la possibilità di essere convocato dall’Argentina in futuro. È quindi evidente che lui e chi lo consiglia, primo fra tutti il padre allenatore (ma di hockey su prato) senza dimenticare Totti, ritengano dal punto di vista tecnico impossibile un futuro nell’Argentina: scelta fatta con il cervello, dopo avere valutato la concorrenza nei due paesi. È probabile che Mancini gli abbia fatto mezze promesse per il futuro, che non dovrebbe limitarsi quindi a due partite, ma anche se dovesse segnare quattro gol all’Inghilterra non sembra comunque un’operazione di grande respiro. Una forzatura per l'Italia e anche per lui, la Nazionale non è un club ed il suo senso risiede proprio nel fatto di non esserlo: l'appartenenza non si vende e non si compra.
Dopo l’amaro pareggio del suo, al massimo ancora per due mesi, Tottenham in casa del Southampton il messaggio di Antonio Conte ai dirigenti del club è sembrato chiaro: cacciatemi perché io non mi dimetto. Dal punto di vista finanziario cambia poco, il contratto di Conte scade a giugno e non sarà rinnovato. Cambia invece molto dal punto di vista sportivo perché il Tottenham nonostante le critiche è in piena corsa per un posto in Champions League: possibile ma non probabile che un traghettatore possa fare meglio di Conte in questo finale di stagione. In questo momento la soluzione più probabile sembra comunque quella dell'addio anticipato: anche poche settimane in un ambiente da lui giudicato di perdenti sarebbero insopportabili per tutti. Quanto al futuro italiano dell’ex allenatore di Juventus, Nazionale, Chelsea e Inter, è al momento legato a scenari di bar (nobilitati come ‘idee’) ma con una certezza: ci sono in Serie A ben pochi dirigenti ansiosi di assumere un tecnico esigente sul mercato salvo poi dire che gli acquisti sono scarsi, e che giudica sempre inadeguata la società. Mai come adesso il vecchio paragone con Mourinho sta in piedi, al di là della tattica. Allenatori che anche quando fanno benissimo è impossibile rimangano più di due, massimo tre (a Conte è successo soltanto con la Juventus) stagioni.
stefano@indiscreto.net
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