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Attaccanti come Graziani

Attaccanti come Graziani

Perché l'Italia ha smesso di produrre giocatori in alcuni ruoli? Domanda che va al di là del fallimento di Euro 2024, con qualche risposta del campione del mondo 1982...

9 luglio

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Perché l’Italia produce così pochi attaccanti? E perché in generale i giovani calciatori italiani fanno fatica ad emergere rispetto ai coetanei di pari livello di altri paesi? Domande che vanno al di là del fallimento della Nazionale a Euro 2024, visto che con usando lo stesso metro tre anni fa avremmo dovuto parlare di Rinascimento del calcio italiano. Ne abbiamo parlato con Francesco Graziani, per sempre Ciccio, per noi eroe del Mondiale 1982 per l’eternità e nel presente impegnato proprio con i giovani. Con Adriano Panatta, Andrea Lucchetta e Martin Castrogiovanni sta infatti girando l’Italia con l’iniziativa ‘’Banca Generali – Un campione per amico’, incontrando migliaia di ragazzi di scuole primarie e secondarie di primo grado (le elementari e le medie dei tempi di Graziani ed anche dei nostri) per parlargli dei valori dello sport ma anche, molto concretamente, per convincerli a fare sport. E proprio da qui, da questo incrocio fra le partite di Euro 2024 e realtà quotidiana delle famiglie, che partiamo.

Guerin Sportivo – Lavorando molto con i bambini ed i giovani, qual è la prima cosa che Graziani nota rispetto ai bambini dei suoi tempi, quelli degli anni Sessanta, e a quelli delle generazioni successive?

Graziani – In media le attività motorie sembrano rallentate, anche quelle di semplice gioco. 8 bambini su 10 non sono capaci di fare una capriola, quella che oggi chiamano capovolta. Molti genitori poi sembrano trattenerli, “Non fare questo e non fare quello”. Io in concreto vedendo migliaia di ragazzi noto che ce ne sono molti che sarebbero coordinati, ma che assolutamente non fanno sport. Un po’ perché non vengono spinti a farlo, un po’ perché sono attirati dalla tecnologia in una maniera eccessiva, fra smartphone e videogiochi. Eppure in tanti, fra quelli incontrati da me, Panatta, Castrogiovanni e Lucchetta, hanno poi chiesto ai genitori di provare a praticare uno sport.

I bambini ed in generale i giovani sono appassionati al calcio come una volta o c’è stato un calo di interesse?

Per niente. I giovani di oggi sono molto interessati, del calcio di oggi conoscono tutto, molto più di quanto sapessi io alla loro età. E del resto quello di oggi è un calcio molto mediatico. I giovani lo seguono, più che praticarlo. No, non è un problema di passione o di conoscenza del gioco, ma proprio di tempo e voglia di praticarlo.

I genitori italiani di oggi sono peggiorati rispetto a quelli del passato o sono soltanto cambiati i tempi?

Tempi diversi e genitori quindi diversi. Da un lato c’è chi non fa fare sport ai bambini per paura che si facciano male, che sudino, perché non può accompagnarli, eccetera. Dall’altro quando bambino ha qualità certi genitori pensano di avere un potenziale campione in casa e il piccolo viene soffocato dalle aspettative. Invece fino ad una certa età si deve giocare soltanto per divertimento, a prescindere dal potenziale. Parlo anche per esperienza personale, essendo stato anche io un ragazzino promettente: trasformare il tuo divertimento in un mestiere è dura e non dipende soltanto dalle qualità calcistiche. Dai 16 anni in poi si può fare sul serio, ricordando che tanti fenomeni anche di 18 anni poi a 22 sono spariti.

Bambini a parte, come mai il calcio italiano, ma si potrebbe dire la stessa cosa anche di Germania o Spagna, produce pochissimi attaccanti veri?

Non posso parlare di Germania o Spagna, ma in Italia la situazione è chiara: siamo troppo esterofili, a parità di valore diamo una chance prima agli attaccanti stranieri, fin dalla Primavera. E così il primo italiano nella classifica marcatori della Serie A è Scamacca, undicesimo. In questo ruolo la base di italiani è troppo ristretta, è chiaro che poi ad arrivare in alto sono in pochissimi.

Al di là di fisico e tecnica, quali sono le caratteristiche psicologiche che rendono grande un attaccante?

Bisogna pensare di poter migliorare sempre, di fare quel qualcosa in più per non essere prevedibile. Poi ti devono anche far giocare. Faccio l’esempio di Camarda, 16 anni e un grande talento: si è parlato tanto di lui, eppure giocherà nella seconda squadra del Milan, in Serie C. Alla stessa età Yamal esordiva nel Barcellona dei grandi. Non sono lo stesso tipo di giocatore, certo, ma se non dai a Camarda l’opportunità di farsi vedere ad alto livello, come fai a sapere se è forte? I risultati delle nazionali Under dicono che il talento c’è, ma anche che la maggior parte dei giocatori di Serie A sia straniero. Purtroppo il mercato libero è anche questo e mi rendo conto che concretamente non si possa fare niente, se non cambiare una cultura o almeno provarci. La realtà è che senza regole si sceglie sempre la via più comoda: io giocavo con Falcão nell’era dei due stranieri, ma se lui si faceva male non è che in panchina fosse pronto un vice-Falcão, anche lui straniero.

Negli anni Ottanta Scamacca o Retegui avrebbero giocato in Nazionale?

Non me ne vogliano: penso di no. Nella storia della Nazionale hanno giocato poco o niente gente giocatori che vincevano le classifiche cannonieri, da Pruzzo a Giordano a Pulici, per non andare più indietro a Pierino Prati e altri. Tutta gente di valore enorme, ma anche con una concorrenza enorme. La base oggi è così ristretta che si può esordire in Nazionale, come è stato per Zaniolo, senza avere esordito in Serie A.

Al di là degli attaccanti, quale è stata la principale causa del fallimento dell’Italia agli Europei?

Errori dell’allenatore, che non ha dato un’identità alla squadra. Calciatori stanchi e poco convinti, che non hanno mai dimostrato di essere squadra: il messaggio peggiore è stato questo, non essere usciti agli ottavi. Perdere con la Svizzera si può, prendere una lezione di calcio dalla Svizzera no.

Si dice sempre che gli allenatori italiani siano i migliori del mondo: ma è poi vero? Domanda che vale anche a livello giovanile.

Abbiamo istruttori di base molto bravi, che lavorano bene sui giovani che ci sono. Ad un livello più alto manca però il coraggio di dare spazio ai giovani italiani, di farli sbagliare. Parlo anche delle Primavera piene di stranieri. Poi è chiaro che un allenatore non può rischiare l’esonero se un ragazzo va male, quindi la scelta più sicura è quella di fare ciò che gli dicono i dirigenti.

Euro 2024 le è piaciuto?

Il calcio mi piace sempre. Certo mi dispiace per la Nazionale, credevo davvero che avremmo fatto di più. Va da sé che senza Italia si perda un po’ di interesse.

Il calcio delle nazionali è un calcio superato o ha ancora un senso, in un’epoca in cui a trainare il movimento sono i club?

Ha ancora molto senso, visto che ne discutiamo tanto. Però alle discussioni devono seguire comportamenti: finché i ragazzi sono usati per fare cassa, prima ancora che giochino in prima squadra, la situazione non migliorerà. Poi c’è chi proprio non ci crede, soprattutto fra i grandi club: faccio l’esempio negativo del Napoli, che sul settore giovanile proprio non investe.

Nel calcio di oggi e con le regole di oggi un Graziani di 25 anni quanti gol a stagione segnerebbe? Non è una domanda nostalgica, perché a Euro 2024 si segna come nel calcio degli anni Ottanta e Novanta, quindi evidentemente segnare è sempre difficile.

Penso che noi attaccanti di altre epoche oggi saremmo avvantaggiati, con le difese schierate in linea e senza libero e senza marcature a uomo. Le regole poi avvantaggiano molto gli attaccanti moderni, ai miei tempi ti si aggrappavamo da tutte le parti e non c’era il VAR a mostrare quelli che oggi sarebbero tutti rigori. E poi le ammonzioni, già al primo intervento. Quanto alla tattica, giocare tra le linee è un vantaggio: al primo passaggio giusto si va in porta con facilità. Mi capita di pensare a cosa farebbero oggi attaccanti che si muovevano molto: Rummenigge, Bettega, Paolo Rossi, permettetemi di dire anche Graziani. Non trascurerei il materiale sportivo: dopo due gocce di pioggia le maglie di una volta pesavano 4 chili. E il pallone? Quello usato oggi in Serie A viaggia a 100 all’ora, appena lo tocchi. Quindi non so perché oggi si segni così poco. Ma so che il calcio non può andare avanti senza bambini che lo giochino.

stefano@indiscreto.net

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