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Addio all'icona e capocannoniere di Italia '90, diventato un po' il simbolo di chi ha avuto un periodo di gloria mondiale per poi tornare alla normalità. Ma la buona sorte bisogna essere capaci di sfruttarla...
La morte di Totò Schillaci è un po’ anche quella di una generazione che ha avuto Italia ’90 come suo punto di arrivo. Quel Mondiale sfiorato segnò la fine di un decennio favoloso per il calcio italiano, oltre che per l’Italia, ma anche senza la retorica della vittoria ha consegnato alla storia i suoi protagonisti, primo fra tutti il capocannoniere del torneo. Diventato nel tempo quasi il simbolo di chi arriva alla gloria mondiale per un breve periodo, tornando subito dopo ad una buona normalità. In realtà nello sport queste situazioni sono numerosissime, ma uno o è personaggio o non lo è. E Schillaci lo era.
Un personaggio che Azeglio Vicini stava per lasciare a casa, nonostante la buonissima stagione di Schillaci nella Juventus di Zoff vincitrice di Coppa Italia e Coppa UEFA: un po’ l’attaccante formatosi con Scoglio e Zeman non faceva parte del nucleo storico dell’Under 21 di Vicini, pur avendo l’età per farne parte, e un po’ c’era una sovrabbondanza di punte che vista con gli occhi di oggi è quasi incredibile. Vialli, Carnevale, Mancini, Baggio, Serena, Borgonovo, Massaro e appunto Schillaci: assurdo fare paragoni fra una generazione cresciuta in un calcio con pochi stranieri e quella odierna, ma la differenza di valore e di possibilità di scelta è evidente.
In ogni caso scartati Borgonovo e Massaro al commissario tecnico rimaneva da escludere un’altra punta, visto che i convocati erano all’epoca 22 e che nella sua testa gli attaccanti non dovevano essere più di 5, senza contare Donadoni che attaccante non era ma certo era un giocatore offensivo. Vialli e Carnevale sarebbero stati i suoi titolari ed infatti con loro sarebbe partito contro Austria e Stati Uniti, le prime due partite del girone. Baggio era la stella emergente, in procinto di passare dalla Fiorentina alla Juventus, il giocatore che media e tifosi volevano oltre che un campione vero. Serena era l’arma tattica a cui Vicini non voleva rinunciare, per sbloccare un certo tipo di partite con un uomo d’area.
Rimanevano Mancini e Schillaci: il primo nei due anni precedenti, dopo Euro ’88 e quell’esultanza polemica dopo il gol alla Germania Ovest, in azzurro aveva giocaton poco. Era un uomo di Vicini ma in Nazionale non aveva mai convinto come nella Sampdoria. Schillaci tatticamente serviva poco nell’Italia che aveva in mente il c.t. ma anche per lui, come per Baggio, c'era il vento mediatico a favore oltre che la stima di Boniperti, capodelegazione azzurro di una cilindrata leggermente diversa rispetto a Buffon. Alla fine Vicini non decise e così dovette escludere un centropcampista. Il tagliato dell’ultimo minuto fu quindi Fusi, che fu avvertito della cosa dal c.t. con una telefonata durante la festa scudetto del Napoli. Essendo Ancelotti mezzo infortunato fu un azzardo e non a caso i centrocampisti azzurri, soprattutto il decisivo De Napoli, arrivarono a fine Mondiale con la lingua per terra. Impossibile ovviamente dire se con l'Argentina un po' di freschezza in più avrebbe fatto la differenza, certo avrebbe aiutato.
Anche da convocato Schillaci non partiva certo in pole position, anzi. E l’amichevole di Perugia contro la Grecia, in cui fu schierato in coppia con Vialli, fece scendere ulteriormente le sue quotazioni. Addirittura prima della partita con l’Austria, la prima del nostro Mondiale, e diciamo nostro in tutti i sensi, si ipotizzò una coppia Vialli-Mancini con Carnevale e Baggio in panchina e Schillaci fuori dai 16 (in quell’epoca c’erano soltanto 5 giocatori in panchina e 2 sostituzioni possibili), ma alla fine Vicini decise di seguire il suo intuito da uomo di calcio, che sente quando un giocatore è caldo. Poi il calcio è il calcio: se Carnevale avesse sfruttato almeno una delle occasioni da gol avute contro l'Austria Schillaci non sarebbe mai diventato Schillaci. Il resto è una storia meravigliosa, fortunata ma assolutamente non casuale perché la fortuna bisogna meritarsela e saperla sfruttare. Una storia che non si è certo interrotta con la morte di Schillaci e che durerà per sempre.
stefano@indiscreto.net
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