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Diarra come Bosman?

Diarra come Bosman?

La nuova sentenza europea, il prezzo della Serie A, il Genoa in vendita e l'Italia del 1974

4 ottobre

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Lassana Diarra è il nuovo Bosman, con una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che sconvolgerà il calcio in particolare il calciomercato, con lo scenario estremo che i contratti non valgano più niente: il calciatore se ne potrebbe andare da un club in qualsiasi momento, senza penali. Questo almeno pensano oggi molti procuratori e molti calciatori (ovviamente anche la FifPro, il sindacato dei sindacati, che era parte in causa contro la FIFA), ma la vicenda dell’ex nazionale francese è abbastanza complessa e, in estrema sintesi, la sentenza potrebbe riguardare soltanto la rottura del contratto per giusta causa. Senza contare il fatto che non è che l’UE abbia giurisdizione su tutto il mondo… Nel caso di Diarra la giusta causa sarebbe stata l’essere messo fuori rosa da parte della Lokomotiv Mosca dopo un litigio con l’allenatore, nel 2014 (fin lì era stato un idolo dei tifosi), con riduzione dello stipendio decisa unilateralmente dal club. Situazione ai confini del mobbing, non inedita nemmeno in Italia (con la simpatica variante dello stipendio che viene corrisposto con mesi di ritardo), che ha portato a un lungo contenzioso finito nel 2016 con il TAS di Losanna (lo stesso tribunale da cui dipende la carriera di Sinner) che ha imposto a Diarra di pagare 10 milioni di euro di multa alla Lokomotiv. Non è ancora abbastanza per dire che i contratti siano carta straccia.

La Serie A italiana è cara? No, non lo è. Può non piacere (ma per i tifosi lo spettacolo è un di più), avere un livello medio inferiore rispetto al passato (c’è sempre un passato da rimpiangere), avere sempre le stesse squadre protagoniste (invece all’estero…), avere una cattiva qualità di streaming, ma di certo guardarla in televisione costa meno di quanto il massimo campionato nazionale costi nei principali paesi europei. Un italiano interessato alla Serie potrebbe cavarsela con DAZN, quindi 359 euro l’anno, che diventano 584 aggiungendo Sky Sport e Amazon Prime Video, nel caso non ci si volesse perdere nemmeno una partita delle coppe europee. Ecco, secondo la comparazione fatta da SOStariffe.it il francese interessato alla Ligue 1 per vederla tutta dovrebbe pagare 600 euro l’anno, l’inglese 768 euro per la Premier League, il tedesco 780 euro per la Bundesliga, lo spagnolo addirittora 1.319 euro per la Liga. Francese, tedesco e spagnolo non devono spendere niente di più per avere anche la Champions, ma rimane il fatto che sulla Serie A si faccia spesso demagogia. Fa schifo? Basta non guardarla, non è certo un genere di prima necessità. E parlando dello stadio, i 31.343 spettatori a partiuta di questo inizio di stagione sono la media più alta degli ultimi 25 anni. Ora non è che vogliamo fare i piazzisti del prodotto Serie A, non è che lavoriamo a DAZN o Sky, però tutto va messo nel suo giusto contesto.

Il Genoa è in vendita, i tanti tifosi delle multiproprietà sono in lutto ma quelli del Genoa forse no. Il crack di 777 Partners ha messo infatti sul mercato tutti i suoi club calcistici, a partire dall’Everton appena acquistato dai Friedkin per arrivare allo Standard Liegi, al Genoa e ad altri per cui tanto si era parlato di ‘sinergie’ (esiste un termine più anni Ottanta?). Detto questo, chi acquista il Genoa fa un affare enorme, con la quinta squadra in Italia per abbonamenti, dietro alle milanesi e alla Roma, quasi a pari merito con la Lazio, e molto davanti a Napoli e Juventus, per dire due squadre da scudetto. Solo che nessun tifoso del Genoa pretende lo scudetto e nemmeno l’upgrade che ciclicamente si vorrebbe alla Fiorentina, ma solo una Serie A dignitosa.

Ci piace ricordare, visto che c’eravamo, che cinquant’anni fa, il 6 ottobre del 1974, si giocò la prima giornata del campionato di Serie A. Sì, avete capito bene, la prima giornata. Il campionato precedente si era chiuso il 19 maggio (una settimana prima la Lazio aveva festeggiato lo scudetto) e subito dopo era partita la preparazione della Nazionale di Valcareggi per quelli rimasti nella memoria come Mondiali disastrosi. Ma erano a 16 squadre e comunque gli azzurri si erano qualificati… A 16 squadre era anche la Serie A, le coppe europee erano a eliminazione diretta fin dal primo turno, non c’erano stranieri se non quelli arrivati prima del blocco (in totale 5 e tutti italianizzati, da Altafini a Clerici). Era insomma un mondo non confrontabile e nemmeno da rimpiangere se non per la giovane età di chi lo ha vissuto da spettatore. Fra Nazionale, campionato, coppe europee e Coppa Italia era difficile che un calciatore di alto livello disputasse più di 40 partite stagione, ma è anche vero che quelle partite le doveva giocare tutte e al 100%, essendoci due sostituzioni (e una doveva riguardare il portiere, in ogni caso in panchina c’erano tre giocatori) e comunque rose limitatissime: non più di 14 o 15 giocatori veri più i giovani. Davvero si giocava di meno? 

stefano@indiscreto.net

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