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Il decennio di Neeskens

Il decennio di Neeskens

Il calcio dei Settanta, l'esclusione di Zaccagni e il ritorno di Pogba

7 ottobre

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Addio a Johan Neeskens, che ha lasciato questo mondo a 73 anni. Addio alla vera icona del calcio degli anni Settanta, più di chi come Cruijff e Beckenbauer vinceva i Palloni d’Oro e sarebbe stato grande in qualsiasi epoca. Per la verità siamo convinti che il finalista mondiale 1974-1978, vincitore di tre Coppe dei Campioni con l’Ajax, eccetera, sarebbe stato molto più grande nel calcio di oggi, che supporta con regole e arbitraggi adeguati chi come Neeskens pressa e va alla riconquista del pallone per 90 minuti. E lui non si limitava a riconquistarlo, il pallone, perché segnava (vicecapocannoniere al Mondiale 1974, dietro a Lato, con 5 gol fra cui il rigore che aprì la finale) e faceva segnare. Giocatore straordinario, per sua fortuna di un’epoca che ha lasciato tante testimonianze televisive, Neeskens dopo avere fatto ‘Johan Segundo’ al Barcellona di fatto chiuse la sua carriera firmando a 28 anni per i Cosmos, anche se poi avrebbe tirato avanti fino a 40 ritirandosi nel 1991. Sembrava ne avesse 40 anche 10 anni prima, quando giocò la sua ultima partita in nazionale contro la Francia, quella in cui la squadra di Platini in una partita in Italia televista davvero da tutti (era in diretta su Tele Monte Carlo) conquistò la qualificazione al Mondiale spagnolo chiudendo di fatto quel grande ciclo olandese (al Parco dei Principi erano in campo anche Krol, all’epoca al Napoli, e Rep). Rimarrà per sempre l’uomo simbolo del calcio di Michels, calcio relazionale mezzo secolo prima della definizione moderna: chiedete a 10 cultori di quella grande Olanda di mettere giù tatticamente la formazione e avrete 10 lavagne diverse. Queste sue ‘conoscenze’, sempre per stare sul covercianese, non lo avrebbero trasformato in un grande allenatore ma in un ottimo assistente, ascoltatissimo da Hiddink e Rijkaard, due che qualcosa capiscono anche da soli, in nazionale e nei club. Atleta polivalente e non per modo di dire, visto che fu anche nazionale juniores di baseball (sport molto amato anche da Cruijff, ma solo come spettatore), premiato come miglior battitore in un campionato europeo, e poco prima di passare dall'RCH all’Ajax era stato invitato a un provino per i Chicago Cubs, cosa che a fine anni Sessanta (ma anche adesso) per un ragazzo europeo era quasi incredibile. L’unico suo problema mediatico è sempre stato l’essere visto in relazione a Cruijff, che fra l’altro seguì al Barcellona dopo il Mondiale tedesco. Ma Johan Neeskens aveva una sua luce e sarà ricordato per sempre.

Oggi siamo però purtroppo nel 2024, non nel 1974, e ad ogni giro le soste per le nazionali sembrano sempre meno sopportabili. Ma forse siamo troppo condizionati da un’Italia con le porte girevoli, dove entrare è facilissimo e quindi lo è anche uscire. Non proprio la strada migliore per un allenatore come Spalletti che in trent’anni di carriera ha sempre provato a costruire, più che a gestire. Fra i 23 per le partite con Belgio e Israele, che hanno perso l’infortunato Kean sostituito da Lucca, che aveva già assaggiato l’azzurro con Spalletti, 4 facce nuove come Di Gregorio, Gabbia, Pisilli e Daniel Maldini. A far rumore è l’esclusione di Zaccagni e Politano, più che di Chiesa che nel Liverpool sta giocando pochissimo: Zaccagni perché è stato uno dei pochi ad uscire bene dal disastroso europeo, Politano perché è un giocatore di Spalletti. In ogni caso a settembre già di fatto erano stati esclusi: 4 minuti per Zaccagni contro Israele, gli altri nemmeno chiamati. Certo la virata decisa sul 3-5-2, ufficializzata dall’ottima partita con la Francia, può spiegare queste esclusioni, ma i veri sbagli fatti in Germania non sono stati tattici. E si stanno ripetendo.  

Paul Pogba è un ex giocatore? Alla Juventus ritengono di sì, ma quando il prossimo marzo gli scadrà la squalifica il centrocampista francese avrà esattamente 32 anni e ancora un anno e tre mesi di un contratto che potremmo definire di altri tempi, 8 milioni netti a stagione che grazie al Decreto Crescita (ma crescita di cosa?) costano alla Juventus ‘soltanto’ sui 10 e mezzo. Il che significa che il danno finanziario del ritorno di Pogba sarebbe di poco più di 14 milioni. Poco, se sarà anche soltanto un lontano parente (possibilmente non il fratello) del vero Pogba. In ogni caso il TAS di Losanna ha ridotto da 4 anni a 18 mesi la squalifica per doping, nel caso specifico una sostanza, il DHEA, un metabolita del testosterone. I giudici hanno confermato la colpa ma anche premiato la buona fede di Pogba, visto che l’integratore da lui assunto gli era stato prescritto da un medico che asseriva di conoscere la normativa antidoping. Nell’ultimo anno Pogba si è sempre allenato da solo, nessuno in realtà sa come stia e quindi ogni previsione sarebbe azzardata: l'ultimo Pogba del Manchester United e quello tornato in bianconero sono ricordi recenti e non suggeriscono ottimismo. Certo è che nel fronteggiare le conseguenze di quello che è stato un suo errore è stato lasciato solo, oltre che al minimo di stipendio, mentre per tutt’altra (e molto più grave) vicenda Fagioli è stato trattato come un giocatore da proteggere al 100%. Senza troppa dietrologia si può dire che di uno ci si voleva, e poteva, liberare e dell’altro no.  

stefano@indiscreto.net

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