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Addio all'Arabia, il rinvio di Bologna-Milan, il San Siro di 5 anni fa, l'Italia nona e la Seria A in chiaro
Non occorreva Nostradamus per prevedere che Roberto Mancini avrebbe finito la sua avventura in Arabia Saudita con largo anticipo rispetto alla scadenza del contratto da 25 milioni di euro netti (in Arabia per chi arriva dall’estero sono di fatto quelli lordi) a stagione, cioè il 2027. Adesso che è finita, più per insofferenza reciproca che per i risultati (con la Corea del Sud in Coppa d’Asia si poteva anche perdere, il Mondiale 2026 nonostante tutto è ancora raggiungibile), magari arriverà la verità di Mancini su quanto accaduto con la FIGC nell’estate 2023, al di là della PEC mandata da Mykonos e di uno Spalletti già pronto da due mesi a sostituirlo. Chi lo conosce dice che ha voglia di allenare subito un club, portandosi dietro il suo nutrito staff. In Arabia non lo avevano però seguito quelli pesanti, da Oriali a Evani a Sandreani, e già questo era un giudizio sulle prospettive dell’incarico: se in Italia bisognava provocare con Zaniolo e Pafundi, là nemmeno si poteva lanciare un messaggio. Il sogno è adesso, a 60 anni (che per gli allenatori sono ormai i nuovi 40), è arrivare sulle macerie del Manchester United della situazione. Ma c'è una congiuntura storica per cui i disoccupati illustri non mancano, senza contare quelli che si sono tirati fuori come Klopp e quelli che dicono no a tutto come Zidane. In sintesi: nell'ultimo anno e mezzo si è vista l'ombra di Mancini, che però non ci ha fatto dimenticare il trionfo di Euro 2020 e tutto il resto.
Il rinvio di Bologna-Milan dopo mille discussioni ha almeno un senso, anche se non è bello dirlo: salvare l’incasso della squadra di casa, visto che la partita si sarebbe potuta giocare a porte chiuse senza quindi mettere ulteriormente in difficoltà la circolazione in una città colpita dal maltempo. Perché sotto l’aspetto sportivo la decisione della Lega, presa su spinta della politica e in particolare del sindaco di Bologna, non sta in piedi, oltretutto in una stagione in cui la data del recupero genererà in ogni caso polemiche. Qualcuno parla di aprile… Chi sarà favorito o sfavorito, fra Bologna e Milan (i rossoneri comunque volevano giocare, a Bologna o altrove), dipenderà chiaramente dal senno di poi. Speriamo almeno che parte dell’incasso, come ha fatto capire Fenucci, vada a favore delle popolazioni alluvionate.
Tutto San Siro minuto per minuto potrebbe essere una trasmissione di successo o anche una serie tv con inizio degli anni Ottanta, quando Giussy Farina disse che il Milan aveva in progetto di abbandonare il suo storico stadio per costruire un impianto della capienza del Maracanà. Ecco, il Maracanà di Farina, così come i più realistici nuovi impianti nella testa di Moratti e Berlusconi (anche quello mignon di Barbara, quando andavano di moda gli stadi di quelle dimensioni), loro però troppo milanesi per lasciare San Siro, non si è mai visto e così siamo arrivati agli ultimi anni con i vari proprietari stranieri che hanno usato lo scenario di andare a giocare altrove come strumento di pressione per ottenere migliori condizioni per comprarsi, o meglio per avere in concessione, l’area di San Siro. Cancelliamo tutto ciò che è stato scritto e detto negli ultimi 5 anni, si torna di fatto al progetto del 2019 con cubature diverse: del vecchio stadio rimarrà qualche pezzo e a pochi metri Inter e Milan condivideranno il nuovo impiento dalla capienza possibile di 65.000 spettatori. Meno della media attuale di Inter (72.845) e Milan (71.233)… Esulteranno i fan dello scudetto dei bilanci, gli sponsor da posti corporate e i tour operator, un po’ meno i tifosi che pagheranno di più per avere meno posti veri a disposizione. Protesteranno i feticisti dei ruderi, quelli che vedono monumenti dappertutto.
Il pareggio con il Belgio e la vittoria con Israele hanno fatto passare l’Italia di Spalletti dal decimo al nono posto nel ranking FIFA, che ha in testa sempre l’Argentina campione del mondo, davanti a Francia, Spagna, Inghilterra, Brasile, Belgio, Portogallo, Olanda e appunto Italia. Ma come, tanto disfattismo per poi scoprire che la vituperata Nazionale sarebbe quasi da quarto di finale a un Mondiale? Detto che anche il metodo di calcolo in vigore dal 2018 si presta a molte critiche (le nostre: non è possibile che le amichevoli abbiano un coefficiente di importanza quasi uguale a quello della Nations League, inoltre la formula del risultato atteso è cervellotica), si tratta comunque di un criterio oggettivo. Poi si possono mettere tutte le mani avanti del mondo, ma l’Italia calcistica non è un paese di Serie B. Per lo meno non ancora.
Uno dei grandi tabù del calcio italiano è quello della Serie A trasmessa in televisione in chiaro. Cosa che non sarebbe in contraddizione, ovviamente lasciando in chiaro solo pochi eventi, con il proporre tutto il campionato a pagamento. Certo è che il Milan-Napoli di martedì 29 ottobre, proposta in chiaro da DAZN (con il limite massimo di 2 milioni di utenti) secondo il contratto che prevede questa possibilità per 5 partite a stagione, ha uno scopo promozionale più che strategico: il Monday Night NFL all’italiana è ancora lontanissimo. Ultima partita di Serie A trasmessa in chiaro è Juventus-Sampdoria del 13 aprile 1996: una situazione che era rara ma a memoria non rarissima, spesso legata a situazioni particolari come recuperi e spareggi. Ma da quella data, con il nuovo contratto con Telepiù, Serie A in chiaro non se ne è più vista. Magari non è stato un male, visto che i soldi delle pay-tv hanno tenuto a galla il campionato e che gli stadi non si sono svuotati, anzi. Sempre bene ricordare che non stiamo parlando di un genere di prima necessità, se non in un'ottica di controllo sociale.
stefano@indiscreto.net
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