Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912

Cudicini dopo il calcio

Cudicini dopo il calcio

Addio al Ragno Nero, Nedved in Arabia e la filosofia del nuovo Verona

6 giorni fa

  • Link copiato

La morte di Fabio Cudicini è quella di un ex ottimo portiere, fra Roma e Milan vincitore di tutto il vincibile a livello di club ma in Nazionale sempre chiuso da chi era del suo livello, come Buffon (ovviamente Lorenzo) e Mattrel, e a maggior ragione da chi era di livello superiore come Albertosi e Zoff, oltre che dalle usanze dell’epoca, visto che nei 22 per le grandi manifestazioni (ma Cudicini non giocò mai nemmeno un’amichevole) venivano convocati di solito due portieri e non tre come sarebbe stato dal Mondiale 1974 in avanti. Figlio e padre di calciatori, fra le sue tante caratteristiche positive il Ragno Nero di Manchester ha avuto anche quella di inventarsi una carriera imprenditoriale di successo e una vita al di fuori del calcio, senza mendicare ruoli da vecchia gloria. Una cosa non rara nella Serie A di una volta, imposta anche dalle circostanze (traduzione: si guadagnava meno, anche in termini reali). Eppure a Cudicini le offerte non mancavano, addirittura vista la sua attività (si era occupato della pavimentazione degli appartamenti di Milano 2) conosceva benissimo Berlusconi e nel Milan sarebbe potuto rientrare senza problemi. Ma basta fare un salto di una generazione e andare al calcio degli Ottanta, prendendo in considerazione una qualsiasi squadra di A: quanti di quei giocatori si sono creati una vita dopo il calcio? Senza quindi fare gli allenatori, i dirigenti più o meno finti, gli osservatori, i consulenti, gli opinionisti... Risposta esatta: quasi nessuno. 

Dopo due anni e mezzo di inattività Pavel Nedved come tanti quasi ex riparte dall’Arabia, da direttore sportivo dell’Al Shabab, la squadra allenata da Fatih Terim in cui fra gli altri gioca Bonaventura. Club ricco, pur non facendo parte del mondo PIF, e scelta di Nedved che gli addetti ai livori leggono anche come un segno che il rientro di Andrea Agnelli nel calcio sia lontano. Non è un segreto, se non per chi ha paura (o è dipendente) di John Elkann, che Agnelli pur seguendo con attenzione le varie sentenze sul monopolio organizzativo della UEFA, stia pensando a rientrare nella Juventus come leader di una cordata internazionale e non come dirigente per gentile concessione del cugino che ha in mano le chiavi del gruppo (per ora). Ma è un piano a scadenza lunga, che deve passare attraverso ripetuti fallimenti sportivi e finanziari della gestione Elkann. Per questo Agnelli non si vede più allo Stadium, dove gli darebbero del corvo, per questo Nedved è stato liberato. La sua storia con la Juventus non è comunque finita. 

Cosa cambia con il Verona che passa da Maurizio Setti a Presidio Investors? Domanda che vale al di là delle pezze che Sogliano cercherà di mettere in questa sessione di calciomercato. La prima cosa è la mappa delle proprietà in Serie A, che per la prima volta nella storia vede prevalere quelle straniere: 8 statunitensi (Inter, Milan, Roma, Atalanta, Fiorentina, Parma, Venezia e adesso anche Verona) una indonesiana (Como), una canadese (Bologna) e una rumena (Genoa), contro le 9 italiane (Juventus anche se di fatto la controllante è un gruppo internazionale, Napoli, Lazio, Torino, Udinese, Cagliari, Empoli, Lecce, Monza). Non è semplice statistica, ma un cambio di filosofia con effetti sportivi nell’immediato: perché quasi tutti i proprietari stranieri dicono più o meno le stesse cose, dallo stadio alla sostenibilità, dal merchandising al turismo. Ma finora non ci ha guadagnato nessuno, se non chi è riuscito a passare il cerino acceso a qualcun altro. 

stefano@indiscreto.net

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Loading...





















Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi