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Infantino in clima Mondiali, nascita di una candidatura, Florentino meglio di Bernabeu e il contratto di Haaland
Significativo che Donald Trump abbia incontrato Gianni Infantino pochi giorni prima del suo insediamento alla Casa Bianca: il calcio è uno strumento politico fortissimo in tutto il mondo, uno dei pochi a non essere controllato dagli statunitensi anche se le proprietà di molti grandi club europei e italiani (Inter, Milan e Roma in testa) iniziano a far pensare il contrario. Ma ancora più significativa è la necessità di Infantino di accreditarsi con Trump, un po’ come stanno facendo i vari Zuckerberg e Bezos della situazione: il presidente della FIFA si gioca moltissimo con il primo vero Mondiale per club, il prossimo giugno, e con il primo Mondiale per nazionali a 48 squadre, nel 2026. Poi i fatti dicono che gli americani hanno riempito gli stadi anche in epoche in cui il calcio era già molto praticato negli USA, ma fuori dal discorso mediatico mainstream: pensiamo a USA ’94 per gli uomini e ai Mondiali 1999 e 2003 per le donne. Epoche vicine a noi, ma precedenti rispetto ai social network che hanno cambiato regole e gusti.
Da non dimenticare che senza il crollo della vecchia FIFA di Blatter, letteralmente spazzata via dagli americani per via giudiziaria, Infantino sarebbe rimasto a vita il segretario della UEFA di Platini. Da non dimenticare anche che la Coppa del Mondo 2026 è stata generata sotto la prima presidenza Trump e sotto la prima presidenza Infantino, visto che la candidatura congiunta di Stati Uniti, Canada e Messico fu annunciata nell'aprile del 2017 e che la votazione che vide la vittoria nei confronti del Marocco fu il 13 giugno 2018. E che Trump, pur non essendo mai stato un fan del calcio, fin dal suo ingresso in politica ne ha capito il potenziale facendosi vedere più volte in tribuna ed entrando in polemica con alcuni suoi protagonisti come Megan Rapinoe.
Non è una sorpresa la rielezione di Florentino Perez alla presidenza del Real Madrid, visto che ha guidato il club per 22 degli ultimi 25 anni (unico buco quello dalle dimissioni del 2006 al 2009) e che era il candidato unico, come quasi sempre gli è accaduto. In proporzione alla concorrenza internazionale Perez ha fatto meglio di Santiago Bernabeu, senza metterci a fare l’elenco delle Champions League vinte (comunque 7…) e di tutto il resto, trasformando il Real Madrid da club calcistico più prestigioso del mondo, quale già era, in brand globale e in macchina da soldi, punto d’arrivo di chiunque in ogni angolo del mondo sogni una carriera nel calcio. L’era dei Galacticos inaugurata con l’acquisto elettorale di Figo e poi parzialmente corretta con lo Zidanes y Pavones, definizione coniata proprio da Perez, che di fatto è arrivato fino a oggi, ha dato risultati anche fuori dal campo: nel 2023-2024 il Real Madrid è diventato il primo club a superare il miliardo di euro di fatturato, esattamente con 1.073 milioni e molto raramente i bilanci dell’era Perez si sono chiusi in perdita. Da studiare il fatto che lo staff dirigenziale del Real Madrid sia totalmente spagnolo, quando non direttamente madridista, anche nelle posizioni minori, mentre la parte sportiva è globale e soltanto Lucas Vasquez (che di fatto Ancelotti impiega al posto dell’infortunato Carvajal) rappresenta la Spagna fra i titolari.
Il prolungamento fino al 2034 del contratto di Haaland con il Manchester City, quindi con scadenza fra 9 anni e mezzo, si presta a molte considerazioni, prima fra tutte il definitivo cambio di status del City che va molto al di là delle vittorie sul campo e degli acquisti record, alcuni decisamente strampalati anche se non ai livelli dello United. La domanda è provinciale ma ci sta: perché in Italia nessuno ha un contratto più lungo di 5 anni? Limite non casuale, visto che è previsto dai regolamenti della FIFA salvo specifiche leggi locali. Insomma, una regola che non è una regola, si pensi ai tanti casi inglesi (fra cui Cole Palmer 2033 al Chelsea) ma anche alla Spagna, e uno scenario che forse andrebbe preso in considerazione anche da noi. Perché al di là dei vantaggi contabili significherebbe anche costruire con i giocatori normali, non solo quelli del livello di Haaland, un rapporto da calcio pre Bosman e un attaccamento alla maglia che sarebbe una scommessa sul futuro per entrambe le parti. Se invece si ritiene che i calciatori siano figurine intercambiabili allora va tutto bene com'è adesso. Ma allora intercambiabili sono anche le squadre.
stefano@indiscreto.net
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