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Fiorentina v FC Internazionale - Serie A

FLORENCE, ITALY - FEBRUARY 6: Moise Kean of ACF Fiorentina celebrates after scoring a goal during the Serie A match between Fiorentina and FC Internazionale at Stadio Artemio Franchi on February 6, 2025 in Florence, Italy. (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)© Getty Images

Il Kean sbagliato

Un campione senza estimatori, le vittorie di Marcelo e le donne della Panini

7 febbraio

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L’ennesima grande prova di Moise Kean, protagonista del 3-0 con cui la Fiorentina ha tenuto l’Inter 3 punti sotto al Napoli (e questa volta senza asterisco), fa riflettere sul modo con cui la Juventus lo ha ceduto a titolo definitivo, per 18 milioni tutto compreso (e con il senno di prima sembrava un affare), ma anche sulla scarsa fortuna che un giocatore per i canoni italiani giovane (25 anni), che nella sua già lunga carriera ha fatto male solo all’Everton, ha in una Nazionale che frequenta sin dai tempi delle convocazioni motivazionali, all’esordio contro gli Stati Uniti aveva 18 anni, di Mancini. Incredibile che in 7 stagioni in cui è stato un giocatore importante di Verona (a 17 anni), Juventus, PSG, bene o male anche di Premier League e della Fiorentina, Kean abbia messo insieme 19 presenze, di cui soltanto 7 dal primo minuto. Tutto questo in mezzo a lamentele sui settori giovanili che non producono più attaccanti, eccetera. Spalletti gli sta lanciando qualche segnale, ma anche lui fondamentalmente lo vede come arma della disperazione, da buttare dentro in situazioni di svantaggio, anche nell’ultima partita contro la Francia è stato così, entrando con gli azzurri già sotto 1-3. Cosa non va in Kean? Risposta da dare non in senso assoluto, ma pensando agli altri attaccanti italiani emersi negli ultimi anni. Non è possibile che decine di addetti ai lavori, alcuni anche di valore, lo abbiano valutato male in maniera così clamorosa.

Il ritiro di Marcelo dal calcio giocato sarebbe potuto avvenire con le maglie di Lecce o Monza, a cui si era offerto nelle scorse settimane a riprova della buona immagine che la Serie A ha nel mondo (del resto basta parlare con uno straniero per saperlo) nonostante tutto, pur viaggiando su incassi inferiori rispetto alla Premier League. Per uno dei più grandi laterali sinistri di sempre, erede in teoria e in pratica di Roberto Carlos, meglio comunque aver chiuso, sia pure male, con il Fluminense in cui è cresciuto, e con una statistica significativa, quella di quarto giocatore più vincente di sempre nella storia del Real Madrid, con 25 trofei di cui 5 Champions League. Ovviamente se non se ne fosse andato nel 2022, rifiutandosi a 34 anni di galleggiare fra panchina e campo, il più vincente di sempre sarebbe per distacco lui, aggiungendo 9 trofei e arrivando quindi a un irraggiungibile 34. Diciamo statistica significativa perché nelle prime posizioni (Modric con 27 davanti a Nacho, Carvajal, appunto Marcelo, Benzema, Kroos) ci sono soltanto giocatori degli ultimi anni. Quindi in un contesto con avversari molto inferiori, e comunque meno numerosi, rispetto a quelli del Real di Di Stefano o anche, per arrivare quasi ai giorni nostri, del Real dei primi Galacticos di Florentino Perez. Onore quindi a Marcelo, senza mitizzare la bacheca perché non sono poi molti i giovani brasiliani che alla loro prima partita con un club europeo siedono in panchina di fianco a Ronaldo e Beckham (c’era anche Cassano…), mandati poi in campo da Capello.

Il primo album Panini dedicato al calcio al femminile, il primo riguardante l’Italia, può essere per il movimento più utile di tanta retorica sul professionismo (che in Italia per le donne non è sostenibile nemmeno in teoria) o sullo spazio mediatico, in realtà molto superiore al reale interesse del pubblico. Le figurine, 322 fra Serie A, Serie B e Nazionale, possono creare un immaginario, i cui effetti ovviamente si potranno vedere fra qualche anno. Perché il grande problema del calcio femminile, non soltanto in Italia, è che le ragazze per prime hanno modelli e riferimenti maschili, diversamente da quanto accade in altri sport: una ragazza che corre sogna di essere la Battocletti, una che gioca a pallavolo la Egonu o la Orro, ma una che gioca a calcio pensa a Bellingham o a Haaland. Il cambiamento culturale, peraltro tutto ancora da verificarsi, ha un ovvio sottoprodotto visto che le giornate rimarranno di 24 ore: meno spettatrici per il maschile, fenomeno che nel citato volley è evidentissimo.

stefano@indiscreto.net

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