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Il calciomercato al risparmio, il Palazzo senza Napoli e Lazio, l'addio di Giuseppe Rossi e il trucco di UC3
L’infortunio di David Neres, che lo terrà fuori dalla corsa scudetto (Napoli-Inter compresa) per un mese e mezzo, aggiunge il senno di poi a quello di prima. E cioè che le tre squadre in lotta per il titolo a gennaio non hanno fatto mercato per colmare le proprie lacune: se il Napoli senza Spinazzola, Olivera e Neres non ha più nessuno da mettere sulla sinistra, se non adattato, l’Inter trema ogni volta che vede zoppicare Lautaro Martinez o Thuram. Quanto all’Atalanta, ha tirato una riga su Zaniolo, e preso Maldini in prospettiva oltre a Posch che al Bologna ormai era un panchinaro. Ma rimanendo sul Napoli, a prescindere dal risultato finale da cui dipenderanno tanti giudizi, è assurdo che si giochi lo scudetto con uno dei migliori attaccanti del mondo, Osimhen, in parcheggio al Galatasaray, non si dice al Real Madrid, e un altro venduto di fretta, Kvaratskhelia, nonostante un contratto fino al 2027 e la disponibilità a trattare su cifre non assurde.
Le lamentele contro gli arbitri sono un classico abbastanza noioso, a meno che non si ipotizzi che ci sia un sistema che rema contro certi club e a favore degli altri. Scenario che ci sta, il mondo dei tutti onesti non esiste. Non ci sta invece che a lamentarsi siano le principali squadre che rappresentano il cosiddetto Palazzo, cioè le proprietà straniere più la Juventus e qualche altro. Questi club (oltre ai bianconeri Inter, Milan, Atalanta, Roma, Fiorentina e Bologna) hanno sostenuto la rielezione di Gravina a presidente della FIGC, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno perché Gravina avrebbe avuto comunque i numeri, e soprattutto imposto Ezio Simonelli a capo della Lega poco prima di Natale. Insomma, fra i club di una certa cilindrata fuori da questi centri di potere che possono fare e disfare carriere (anche quelle degli arbitri, per venire al punto), ci sono soltanto Napoli e Lazio.
Giuseppe Rossi si è ritirato dal calcio giocato ormai quasi due anni fa, ma senza partita di addio. Che si giocherà al Franchi di Firenze il prossimo 22 marzo: al Pepito Day (Pepito il soprannome che gli diede Bearzot, paragonandolo per caratteristiche e potenziale a Paolo Rossi) ci saranno Toni, Batistuta, Frey, Cassano e tanti altri grandi ex incrociati da Rossi in carriera, da compagni o da avversari. Una carriera limitata da infortuni gravissimi e anche da timing sbagliati, con due convocazioni ai Mondiali (Lippi 2010 e Prandelli 2014) saltate all’ultimissimo secondo per scelte tecniche e anche per mancanza della targa di un grande club, con tutto il rispetto per Villarreal e Fiorentina e senza ovviamente contare il Manchester United di Ferguson, dove fu una giovanissima meteora. Rimane l’attaccante italiano con più gol nei grandi campionati esteri dopo Paolo Di Canio, ragazzo fortunato e sfortunato. Senza quella settimana nel 1982 Rossi avrebbe avuto una carriera inferiore alla sua.
Cos’è UC3? È l’arma poco segreta con cui la UEFA vuole disinnescare qualsiasi ipotesi di Superlega consentita da sentenze europee e soprattutto un messaggio alla FIFA, tifando per il fallimento del prossimo Mondiale per club. UC3 altro non è che una joint venture fra la UEFA e l’ECA, l’associazione dei club presieduta da Al Khelaifi (e precedentemente da Agnelli, quando era amico di Ceferin), per la commercializzazione dei diritti delle coppe dal 2027 al 2033. In altre parole con UC3 si vuole dimostrare che la UEFA non è arbitro, legislatore, organizzatore e manager del gioco in Europa, quandi un monopolista, ma un generico partner dei club. In concreto questo significherà una Champions League con un maggior numero di partite garantite, con le attuali 8 che diventeranno 10 o 12 e la UEFA che oltretutto potrà dire che non c’entra, perché lo avranno deciso gli avidi club di concerto con UC3 e gli investitori. Certo oggi fanno ridere tutte quelle prese di posizione sul calcio minacciato dai cattivi della Superlega, il calcio della gente contro quelle dei ricchi.
stefano@indiscreto.net
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