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L'andata di Spalletti, il mito di Kleindienst e l'importanza di Dybala
Una buona Italia, la migliore possibile, e una partita preparata bene da Spalletti, come si è visto soprattutto nel primo tempo. Poi dare alla cilindrata fisica la colpa dei gol di testa subiti è un po’ una forzatura, visto che il principale colpevole, Bastoni, è alto 1.90, così come Calafiori, e Di Lorenzo è ben sopra l’1.80. Insomma, gli episodi sono episodi, compresi gli almeno 3 gol azzurri sbagliati di un niente, e non è che la squadra di Nagelsmann abbia spiegato calcio, nemmeno nel secondo tempo. Questo per quanto riguarda il campo. Poi non si può chiedere a Spalletti, a 66 anni, di non fare Spalletti: lo sguardo per terra, le giacche di una misura più piccole, la tensione che in certe partite trasmette (o non trasmette) alla squadra, certe mezze parole, fanno parte del bagaglio di un allenatore con pregi e difetti stranoti. Rimane al fatto che a Dortmund serva una prestazione super per guadagnarsi le Final Four di Nations League e la loro organizzazione, mentre è neutro lo scenario per le qualificazioni mondiali: di base la Norvegia (che l’Italia perdendo con la Germania troverebbe nel girone) fa più paura della Slovacchia anche se la storia recente delle due nazionali direbbe altro.
Non occorre Nostradamus per prevedere che in caso di mancata vittoria domenica sentiremo di nuovo parlare del modello tedesco, cioè di un movimento che in nazionale considera salvatori della patria prime punte trentenni o quasi, prima Füllkrug e oggi Kleindienst, che si fa fatica a considerare superiori a Lucca o all’infortunato Scamacca. È però vero che in Bundesliga la percentuale di giocatori stranieri, 53,8%, sia più bassa del 67,5% della Serie A. Questo però non c’entra niente con il posizionamento sui calci d’angolo.
La stagione della Roma sta avendo un finale che soltanto qualche settimana fa sarebbe sembrato fantacalcio, mentre quella di Dybala è già finita, con l’intervento chirurgico fra qualche giorno e il rientro molto ottimisticamente fissato per l’inizio del prossimo campionato. In concreto la Roma 2024-25 ha la stessa media punti nelle partite con Dybala titolare e in quelle senza, ma al di là dei numeri il futuro dell’argentino alla Roma è tutto da scrivere, visto che il prolungamento fino al 2026 del contratto è scattato (lo scorso gennaio) per un automatismo legato alle presenze, non esattamente un segnale di fiducia dei Friedkin nei suoi confronti, senza dimenticare che la scorsa estate Ghisolfi aveva tentato di cederlo proprio per scongiurare questo scenario degli 8 milioni netti di ingaggio, comunque meno della metà di quanto Dybala avrebbe incassato in Arabia. In estrema sintesi: con Ranieri davvero con potere decisionale da dirigente Dybala rimarrà alla Roma, con contratto probabilmente prolungato, in tutti gli altri scenari il suo futuro è incerto. Rimane uno dei pochi campioni davvero trasversali e amati anche dai tifosi delle altre squadre, perderlo sarebbe un danno soprattutto in questa era di commercializzazione di tutto.
stefano@indiscreto.net
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