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Nel calcio ci sono diversi tipi di addio e quelli alla Conte sono inconfondibili, avendo quattro caratteristiche precise: essere anticipati da continue dichiarazioni di scontento per presunte promesse disattese (e la conferenza stampa alla vigilia di Monza-Napoli rientra perfettamente in questa tipologia, con il suo “A Napoli tante cose non si possono fare”), lasciare da vincitore di scudetto o comunque da allenatore che ha fatto bene, generare nei dirigenti del club 'lasciato' una inconfessabile sensazione di sollievo, avere nel mirino un grande club che venga da una stagione disastrosa e che voglia soprattutto fare bene in campionato. Con la variante Nazionale, ferita aperta ma per colpa di Conte visto che Tavecchio lo aveva implorato di rimanere e gli sponsor avrebbero coperto qualsiasi richiesta.
Quale futuro per Baroni? L’impresa sfiorata con il Bodø/Glimt ha fatto la storia degli avversari, prima squadra norvegese della storia in semifinale in una coppa europea, e condizionerà il futuro di una Lazio che è ancora in corsa per un posto Champions. Nei giorni scorsi Lotito ha confermato l’allenatore, al di là del contratto già in essere che scade nel 2026, dimenticando le critiche per il poco turnover e parlando di un non meglio precisato ‘progetto triennale’. Certo è che molti colpi estivi, citando quelli per cui la Lazio ha tirato fuori soldi veri, hanno fatto meno del loro: da Dia a Noslin, a segno ieri, da Tchaouna allo stesso Nuno Tavares che dopo il grande inizio ha avuto una serie infinita di piccoli infortuni, compreso quello con i norvegesi. Difficile sostenere che sia colpa di un allenatore che si sta lasciando alle spalle in classifica squadre molto più ricche, ma è scontato che adesso tutto gli venga messo in conto, anche la scelta di far tirare il rigore a Castellanos con i crampi. Ma Baroni allenatore da Lotito e da Lazio, il divorzio sarebbe una follia.
L’eliminazione della Lazio e il pareggio della Fiorentina con il Celje, uniti ai risultati di Athletic Bilbao e Real Betis, ufficializzano il fatto che le squadre italiane nella Champions League 2025-2026 saranno quattro e non cinque come in questa stagione. Scenario amaro, ma che rende bellissimo e drammatico un finale di campionato in cui non si faranno prigionieri. Con il futuro che si preannuncia ancora più interessante, visto che il Parma e Como stanno spendendo cifre superiori ad almeno metà dei partecipanti al girone di Champions, prima o poi qualche straniero stanco di accettare vecchie gerarchie lo si troverà. La Premier League è lontana, ma i cantori del declino della Serie A hanno meno benzina rispetto al passato. E poi il ricambio dei paesi con cinque squadre non è che sia avvenuto con San Marino: l’anno scorso Italia e Germania, quest’anno Inghilterra e Spagna.
Le semifinali di Champions portano l’Inter a un record significativo, quello di partite ufficiali in stagione per una squadra italiana: 61, come il Milan 2002-2003 di Ancelotti che vinse la Champions battendo in finale la Juventus di Lippi (19 partite in totale) e la Coppa Italia battendo in finale la Roma di Capello (8 partite), arrivando terzo in Serie A (34 partite) dietro alla Juventus e all’Inter di Cuper. L’Inter attuale giocherà 38 partite di campionato, come minimo 14 di Champions, come minimo 4 di Coppa Italia e come minimo 3 del Mondiale per Club, in aggiunta alle 2 di Supercoppa già giocate in gennaio. 61 partite, che possono diventare di più con le eventuali finali di Coppa Italia e Champions o facendo strada nel Mondiale. Si gioca quindi troppo? A seconda dei risultati finali dei neroazzurri si darà la risposta, giustificandola nel dettaglio con considerazioni di medicina sportiva copincollate da Google. In quel 2002-2003 il giocatore del Milan più spremuto fu Paolo Maldini, in campo 4.276 minuti totali nelle 50 partite in cui fu impiegato, e l’undicesimo Shevchenko con 2.674 in 39 partite. Nell’Inter attuale il più utilizzato è Sommer, 3.780 minuti in 42 partite finora giocate, undicesimo Calhanoglu con 2.486 in 38. Numeri che devono avere il gigantesco asterisco delle cinque sostituzioni, ma che dicono che la situazione è ancora sostenibile. Poi magari qualcuno si annoia a guardare 61 partite invece di 30, il calcio-spezzatino, eccetera, ma è un suo problema: basta non guardare.
stefano@indiscreto.net
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