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De Graafschap v Ajax - Eredivisie

DOETINCHEM, NETHERLANDS - MAY 15: Frenkie de Jong of Ajax and Donny van de Beek of Ajax celebrate with the trophy after winning the Eredivisie following the Eredivisie match between De Graafschap and Ajax at Stadion De Vijverberg on May 15, 2019 in Doetinchem, Netherlands. (Photo by Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)© Getty Images

L'ultima Eredivisie di Frenkie de Jong

Dopo il suicidio nelle semifinali di Champions League l'Ajax ha conquistato un titolo olandese che gli mancava dal 2014. Un campionato che sarà ricordato come l'ultimo dei suoi giovani fenomeni tutti insieme...

17 maggio 2019

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L’Ajax è diventato campione d’Olanda a pochi giorni dal suicidio in Champions League contro il Tottenham. Per vincere questo titolo la squadra di Amsterdam ha dovuto battere in trasferta il De Graafschap all’ultima giornata, in una partita che ha avuto anche momenti di tensione, terminando a pari punti con il PSV Eindhoven ma superandolo grazie a una clamorosa differenza reti: alla fine più 87 contro il più 72 del PSV, con 119 gol segnati che significano esattamente 3,5 gol a partita. Tantissimo, anche per gli standard dell’Eredivisie. Si chiude quindi con questo trionfo l’era di Frenkie de Jong, iniziata 4 anni fa con il suo acquisto dal Willem II per un milione di euro e conclusa con il suo passaggio al Barcellona per 75 (di cui 7,5, il 10%, andranno proprio al Willem II secondo gli accordi del 2015).

Al di là delle tante cose che si sono dette di una squadra che ha incantato l’Europa con tre quarti dei giocatori cresciuti in casa o presi giovanissimi (come De Jong, a 18 anni), troviamo notevole il fatto che l’Ajax sia tornato a vincere il campionato olandese dopo cinque anni. Forse l’Eredivisie non è così modesta come pensiamo anche noi che la seguiamo, o forse si lascia ai giovani il tempo di crescere. Se pensiamo all’Ajax campione 2013-14, allenato da Frank De Boer (che chiuse nel 2016 con una Eredivisie clamorosamente sfuggita all'ultima giornata), fra i titolari dei giocatori attuali troviamo solo Daley Blind (che quell’estate sarebbe passato al Manchester United, da cui è tornato l’anno scorso) e Lasse Schöne. Insomma, totalmente un’altra squadra, anche nei rincalzi. Era la squadra dei Klaassen, dei Van Rhijn, dei Poulsen, dei Sigborsson, dei Cillessen, dei Serero, dei Fischer: non esattamente giocatori in cima alla lista dei desideri dei top club, anche se Klaassen (ora al Werder Brema dopo un anno all’Everton) prometteva di più e Cillessen è sì nel Barcellona ma da riserva.

In sostanza il sistema Ajax, dal reclutamento alla formazione, è lo stesso da decenni mentre ad essere diversi sono i prodotti finali. I De Jong, i De Ligt e i Van de Beek non si possono programmare: magari fuori dal mondo Ajax saranno ridimensionati, ma al momento sembrano essere giocatori che segneranno un’epoca della nazionale olandese. E quindi? Il dovere di una società seria, come è l’Ajax, in un calcio giusto (come non è quello della Champions League, tendente all’oligopolio), sarebbe quello di costruirsi in casa la sua classe media aspettando il campione che ogni tanto statisticamente arriva.

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