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L'eliminazione dell'Inter dal massimo torneo europeo per club si inserisce in una storia europea del suo allenatore che non è mai stata luminosa, fra Juventus e Chelsea. Con l'asterisco però delle relativamente poche presenze...
L’uscita dell’Inter dalla Champions League, con modalità non troppo diverse dall’Inter di Spalletti, suggerisce una riflessione sulla dimensione internazionale di Antonio Conte. Perché non si può dire che la squadra neroazzurra abbia giocato male, ma certo è che 28 partite di Champions da allenatore, fra Juventus, Chelsea e appunto Inter, sono relativamente poche ma consentono di individuare una certa tendenza.
La miglior Champions di Conte è stata stranamente la prima, nella stagione 2012-13, con una Juventus non paragonabile per valorte della rosa a quella di oggi, che superò brillantemente, da prima in classifica, un girone con il Chelsea di Di Matteo campione in carica e lo Shakhtar Donetsk, eliminò negli ottavi il Celtic e si arrese nettamente nei quarti al Bayern Monaco che poche settimane più tardi avrebbe alzato la coppa battendo il Borossia Dortmund di Klopp. Era una squadra in qualche modo confrontabile all’Inter di oggi, con il 3-5-2, una difesa solida (Barzagli-Bonucci-Chiellini, con Buffon in porta) e due attaccanti di qualità (Quagliarella e Vucinic). La differenza era data dal centrocampo, dove c’erano un Pogba in crescita, un Pirlo in leggero declino ma sempre Pirlo, e Marchisio.
Nella stagione seguente l’arrivo di Tevez diede più qualità, in teoria, ma in pratica i risultati in Champions peggiorarono perché la Juventus fu eliminata in un girone che aveva sì il Real Madrid di Ancelotti poi vincitore della coppa, ma anche un Galatasaray in crisi e il Copenhagen. Nell’ultima partita, a Istanbul, alla Juventus sarebbe bastato un pareggio per qualificarsi agli ottavi di finale, ma in circostanze (partita rimandata di un giorno per neve) particolari la squadra di Mancini riuscì a prevalere con un gol di Sneijder contro la peggiore versione dei bianconeri in quella stagione che sarebbe stata conclusa con il terzo scudetto consecutivo e un clamoroso, a quota 102, record di punti.
Dopo il biennio in Nazionale e il titolo di Premier League con il Chelsea, terzo tentativo di Champions proprio con il Chelsea, partendo da un girone non facile, con l’Atletico Madrid di Simeone e la Roma di Eusebio Di Francesco. I Blues erano ovviamente una squadra da corsa, con Courtois, Rudiger, Kanté, Willian, Hazard, Pedro, Giroud, Morata, eccetera, ma certo non la favorita della competzione. Si qualificarono come secondi, dietro alla Roma, poi negli ottavi uscirono in maniera netta contro il Barcellona al primo anno sotto la guida di Ernesto Valverde. Barcellona cdi Valverde he poi ha replicato, oltretutto con una squadra quasi B, in questa stagione nel girone, alla quarta Champions di Conte. Un solo precedente in Europa League, nell’ultima stagione con la Juventus: Conte prese la competizione molto sul serio e i bianconeri si fermarono soltanto in semifinale, davanti al Benfica di Jorge Jesus, l’attuale allenatore del Flamengo vincitore della Libertadores.
E quindi? Pur non credendo al luogo comune della ‘mentalità internazionale’, che spesso significa solo essere meno forti di certi avversari, il rendimento medio di Conte in Champions League è stato di 1,46 punti a partita (28 le partite totali). Inferiore a quello di Ancelotti (con 165 partite!) con Parma, Juventus, Milan, Chelsea, PSG, Real Madrid, Bayern e Napoli, 1,88 punti a partita, e a quello di Allegri con Milan e Juventus (1,65 in 86 panchine), ma superiore ad esempio a quello di Mancini (1,49) e Spalletti (1,40). Certo le statistiche di Guardiola (2,03), Simeone (1,88) e Klopp (1,76) dipendono anche dal valore delle rose, ma Conte non è che abbia mai partecipato con il Qarabag. Conclusione? La storia di Conte in Champions League non è ancora davvero iniziata.
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