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Con il gol all'Andorra il portoghese ha raggiunto la stella della Grande Ungheria al quarto posto nella classifica marcatori di tutti i tempi. Opinabile, mentre lo è meno il posto nella storia di entrambi...
Cristiano Ronaldo con il gol all’Andorra ha raggiunto quota 746 in carriera, senza ovviamente contare quelli giovanili, ma soprattutto avrebbe raggiunto un mito come Ferenc Puskas al quarto posto nella classifica marcatori di tutti i tempi, dietro a Josef Bican (805), Romario (772) e Pelé (767). Diciamo ‘avrebbe’ perché questa classifica, che dovrebbe essere oggettiva, è in realtà opinabilissima. Quante volte abbiamo sentito celebrare il millesimo gol di Pelé? Secondo la maggior parte dei celebranti un rigore in un Vasco da Gama-Santos del 1969.... E Friedenreich, con i suoi leggendari 1.329 gol, che cambiano nell’ordine delle centinaia a seconda delle fonti? Se non siamo d’accordo nemmeno su Pelé, che si è ritirato nel 1977, allora dovremmo avere l’accortezza di mettere un asterisco su tutto ciò che è stato, almeno in parte, realizzato al di fuori dell’epoca televisiva. A volte sottostimato, più spesso sovrastimato.
Detto questo, per una di quelle coincidenze che il calcio e la vita regalano il 12 novembre di 59 anni fa è una data storica nella carriera di Puskas. È infatti il giorno del suo esordio con la maglia della nazionale spagnola, a 6 anni dalla fuga dall’Ungheria del regime comunista. Una fuga che Puskas, all’epoca ventinovenne stella della Grande Ungheria campione olimpica 1952 e incredibilmente battuta dalla Germania Ovest nella finale mondiale del 1954 a Berna, pagò carissimo, perché per due anni rimase in un limbo di amichevoli ed esibizioni, con nessun club che poteva tesserarlo a causa dell’opposizione della federazione ungherese.
Fra l’altro fu davvero vicinissimo a giocare in Italia a pieno titolo. Andrea Rizzoli, presidente del Milan e figlio di Angelo, incontrò più volte Puskas, che però preferì accettare le offerte di Angelo Moratti: quattro anni di contratto con l’Inter. La FIFA continuò però a tenere bloccati i fuggiaschi della Honved (non tutti fuggiaschi, ad esempio Bozsik decise di fare ritorno in patria) e a Puskas rimasero amichevoli a gettone in giro per il mondo, fino a quando nel 1958 il Real Madrid di Santiago Bernabeu sbloccò la situazione e lo tesserò, quando ormai sembrava un ex giocatore, appesantito e svogliato. Ma quel Puskas dimezzato fu comunque in grado di disputare altre 8 stagioni ad altissimo livello, vincendo tre Coppe dei Campioni e tanto altro.
La sua gratitudine nei confronti della Spagna arivò al punto di diventare spagnolo, di passaporto e anche calcisticamente. Il 12 novembre del 1961 esordì contro il Marocco, a Casablanca, nel playoff di qualificazione mondiale: partita risolta da un gol del futuro juventino e romanista Del Sol. Per rivedere Puskas, ormai trentacinquenne, con la maglia della Spagna, il mondo avrebbe dovuto attendere il… Mondiale. Quello del 1962, quando Helenio Herrera, che sembrava sul punto di lasciare l’Inter, guidava una Spagna piena di nomi da pelle d’oca: da Suarez a a Gento, da Di Stefano, anche lui spagnolizzato, a Puskas. Una Spagna che nel suo girone quasi stava buttando fuori l’immenso Brasile dell’epoca, sia pure privo di Pelé che si era fatto male nella partita con la Cecoslovacchia. La squadra trascinata da Puskas andò in vantaggio con Adelardo, icona dell’Atletico Madrid, si vide negare un rigore clamoroso e fu in generale massacrata da uno di quegli arbitri, Bustamante, che con il VAR non sarebbero durati più di una partita, prima che nel finale una doppietta di Amarildo, sostituto di Pelé, chiudesse l’ultimo Mondiale di Puskas. Grande al di là dei numeri esatti e di una contabilità un po' da maniaci, come del resto Cristiano Ronaldo.
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