È passato alla storia come una specie di playboy diventato campione mondiale di Formula 1 quasi per caso, ma nella realtà James Hunt è stato un pilota fortissimo e cattivissimo, anche per gli standard della sua epoca in cui chi saliva su una macchina da corsa doveva avere una corazza di quelle pesanti, mentre oggi lo si può fare quasi da minorenni (non è cambiata invece l'importanza dello sponsor per gareggiare, decisiva allora come nel 2016). Esattamente 40 anni fa, il 10 ottobre del 1976, Hunt ottenne la vittoria forse più importante della sua carriera, a Watkins Glen, nel Gran Premio degli Stati Uniti-Est, arrivando a 3 punti di distanza in classifica da un Niki Lauda oltre l'eroismo, rientrato poche settimane prima a Monza dopo l'incidente del Nürburgring che lo avrebbe segnato per la vita, non soltanto nel corpo. Hunt vinse negli USA dopo un emozionante duello con Jody Sheckter, che prese subito il comando con la memorabile Tyrrell a sei ruote, fu superato al 37esimo giro dalla McLaren di Hunt dopo una lunga battaglia, per poi tornare in testa al 41esimo sfruttando un errore di Hunt nell'inserimento di una marcia ed essere risuperato al 45esimo, con l'inglese a stabilire il record della pista. Una Formula 1 da brividi, senza bisogno di aspettare la safety car o cervellotiche strategia dai box. Intanto Lauda resistendo al dolore, con una corsa di sostanza su una Ferrari 312 T2 più lenta di Tyrrell e McLaren (fino a metà gara era però rimasto in scia), riuscì a mantenere il terzo posto nonostante gli assalti del tedesco Mass sull'altra McLaren. Si risolse tutto in Giappone 15 giorni dopo, con il gran rifiuto di Lauda al secondo giro e Hunt che all'ultimo ottenne il terzo posto necessario per il titolo. L'unica volta in vita sua al comando della classifica generale... In carriera Hunt avrebbe poi vinto altri tre gran premi, sempre sulla McLaren, prima di un ritiro forse affrettato. Aveva bruciato quasi tutto in quel pazzesco 1976.
Twitter @StefanoOlivari