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Pagare (o comunque presentarsi con uno sponsor munifico) per poter correre. Da diversi anni ormai sta sempre più prendendo moda in Formula 1 la politica dei piloti paganti. Se tanti anni fa un pilota poteva accedere alla massima categoria automobilistica se e solo se dotato di un eccellente talento nella guida, sempre più spesso piloti di valore vengono sacrificati a favore di altri, capaci di garantire ai team interessati o dei finanziamenti economici da parte di uno o più sponsor personali, o addirittura uno sponsor per la stessa scuderia.
Una questione, questa, sulla quale gli appassionati continuano a dividersi tra favorevoli e contrari, e che se vogliamo è anche alla base della sparizione dei piloti italiani dalla massima categoria, con Jarno Trulli, ultimo nostro rappresentante in Formula 1, escluso nel 2012 dalla Caterham a vantaggio del russo Vitaly Petrov, capace di portare al team degli sponsor maggiormente munifici rispetto alla migliore qualità di guida che il pilota abruzzese era capace di garantire nonostante la carenza tecnica della suddetta monoposto.
Un discorso simile quanto avvenuto nel 2013 in Lotus, quando Davide Valsecchi, vincitore della GP2 nel 2012 e ingaggiato come terzo pilota, non potè sostituire Kimi Raikkonen (alle prese sul finire di stagione con alcuni problemi alla schiena che lo costrinsero a saltare le ultime gare) in quanto il team preferì puntare su Heikki Kovalainen (rispetto che al pilota di Erba, nonostante egli avesse provato più volte la monoposto e la conoscesse quindi meglio del collega finlandese) per via degli sponsor portati dall'ex pilota Caterham.
Cosa ne pensa la Formula 1 della questione relativa ai piloti paganti? L'argomento in questi mesi è stato affrontato più volte, e in particolare da Anthony Hamilton (padre del pilota Mercedes, Lewis), dal team principal Sauber, Monisha Kalternborn, e da Claire Williams, Team Principal della omonima scuderia, in procinto di sostituire il padre Frank nel ruolo di Presidente.
Secondo Anthony Hamilton, intervistato mesi fa dal quotidiano inglese Indipendent, proprio in merito a questo argomento, il rischio molto serio con il passare del tempo è che la Formula 1 rischi di diventare uno sport per piloti paganti. Hamilton padre sottolinea come oggi correre nelle varie categorie per arrivare fino alla Formula 1 costi sempre di più (già a partire dai campionati Kart), e non tutti i giovani talentuosi hanno i fondi necessari per arrivare alla massima categoria automobilistica, per cui sarebbe necessaria l'istituzione di una struttura che premi i piloti più talentuosi in modo tale da consentire a chi ha veramente talento, a chi lavora duro e si dimostra il migliore di poter arrivare in alto fino allo sbarco in Formula 1, e non solo a coloro che hanno minore talento ma che se lo possono permettere.
Secondo il Team Principal Sauber, Monisha Kaltenborn, intervista mesi fa da Autosport, l'ingaggio di piloti paganti porterebbe sicuramente dei benefici alla squadra (sebbene acquistata la scorsa estate dal fondo d'investimenti Longbow Finance, dietro alla quale si nasconderebbe una industria svedese molto vicina al pilota del team elvetico Marcus Ericsson), e consentirebbe al team di raggiungere in fretta gli obiettivi posti.
A favore dei piloti paganti in Formula 1 si schiera anche Claire Williams, che nei giorni scorsi ha dichiarato sempre ad Autosport come dal 2008 a causa della crisi economica sia cambiato il modello commerciale della Formula 1 per cui è ingiusto criticare un pilota solo e unicamente perchè porta uno sponsor al proprio team, sostenendo come con ogni pilota di F1 ci siano delle considerazioni di carattere commerciale da parte di ogni Team Principal, affermando come Alonso arrivi con un supporto finanziario in quanto è in grado di attirare sponsor (vedi Santander), stesso discorso vale per Button o per Perez.
Claire Williams conclude sostenendo come non solo la Formula 1, ma l'intero Motorsport sia una categoria assai costosa dove non si può arrivare alle categorie superiori a meno che non si trovino dei budget per correre.
Fortunatamente, però, ci sono anche dei casi che ci dimostrano come, pur non contando su dei grossi sponsor, il talento sia ancora importante nel mondo delle corse. Pensiamo, ad esempio, ad Antonio Giovinazzi, il quale per arrivare a correre in GP2 ha dovuto affrontare dei grandissimi sacrifici, ma che alla fine non solo ha lottato fino all'ultimo per la vittoria del campionato con il compagno di squadra, il francese Gasly, ma addirittura ha spinto la Ferrari a ingaggiarlo per questa stagione come terzo pilota, in attesa di correre al volante della Rossa dal prossimo anno al fianco di Vettel o di Raikkonen. Cosa che i tifosi della Rossa auspicano fin da ora.
Rüdiger Franz Gaetano Herberhold Twitter: @ruggero81
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