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Il 5 maggio 2002, nell'ultima giornata di campionato, biancocelesti e nerazzurri si affrontarono all'Olimpico. L'attuale tecnico della Lazio segnò il gol del definitivo 4-2 che tolse alla squadra di Cuper uno scudetto che sembrava già vinto
Che domenica il 5 maggio 2002! È l’ultima giornata di un campionato equilibrato che porta sul filo di lana tre squadre nel giro di due punti: l’Inter con 69, la Juventus con 68 e la Roma con 67. Tutto è ancora possibile anche se i favori del pronostico vanno alla squadra nerazzurra, attesa da una partita in trasferta all’Olimpico dove il pubblico sarà tutto dalla sua parte. Già, perché i tifosi della Lazio sarebbero felici di una eventuale vittoria di Ronaldo e compagni per obblighi di ospitalità dettati dal gemellaggio coi colleghi interisti e per lo smacco che l’affermazione arrecherebbe a Juventus e Roma, in competizione coi nerazzurri in una situazione di classifica che, all’ultima giornata di campionato, non si vedeva da tempo.
La Lazio, poi, è costretta ad affrontare la partita in condizioni sfavorevoli: Crespo e Claudio Lopez sono infortunati, Liverani è squalificato mentre Zaccheroni è, di fatto, alla sua ultima panchina biancoceleste. Di contro l’Inter ha tutti gli stimoli necessari per imporsi, a livello collettivo (non vince il titolo da tredici anni) e individuale: Hector Cuper, l’allenatore, vuole dimostrare di non essere un perdente di successo, dopo essere uscito sconfitto da tutte le finali a partita unica disputate fino a quel momento. Mentre il Fenomeno Ronaldo, dopo il bruttissimo infortunio subito all’Olimpico due anni prima proprio contro la Lazio, vuole cancellare quel ricordo legato allo stadio romano con un’affermazione importante. Il calcio, però, è sport talvolta imprevedibile, nemico dell’ovvio, portato a flirtare con le insondabili profondità delle emozioni. Forse è per questo che Lazio-Inter, nel suo dipanarsi, decide di seguire un copione surreale nell’avvicendarsi di gol ed errori che portano l’Inter a essere campione d’Italia per venti, effimeri minuti: quelli che passano tra il gol del 2-1 segnato di testa da Di Biagio e il pareggio firmato da un effervescente Poborski, già autore della prima rete laziale. L’intervallo non rigenera le energie degli uomini di Cuper, evidentemente sommersi dall’ansia di una vittoria che non arriva facile come doveva. Così, contro tutti i pronostici, è la squadra di Zaccheroni a dilagare: il terzo gol del “Cholo” Simeone e il sigillo finale di Simone Inzaghi affondano definitivamente un sogno che la Milano nerazzurra coltiva da tredici anni. Dal polverone dell’Olimpico escono le lacrime inconsolabili di Ronaldo e Materazzi, le recriminazioni offuscate di Moratti (“I miei giocatori sono dei poveri cristi, ma spero che i nostri avversari abbiano vinto per se stessi e non per conto di altri” dichiara in un caldo dopo partita) e, soprattutto, il trionfo della Juventus, che mette in bacheca il suo ventiseiesimo scudetto.
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