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Artefice di una delle più belle favole di sempre, portò in Umbria Paolo Rossi, aprì l’era del marketing e delle sponsorizzazioni di maglia nel mondo del calcio
“Il calcio perde un dirigente che ha sempre mostrato grande equilibrio e grande serietà. Sono queste doti, insieme a un’indubbia capacità manageriale, che gli hanno consentito negli anni ’70 di diventare con il suo Perugia un protagonista della scena calcistica italiana, portando alla ribalta un’intera regione, con una società e una squadra che per prime hanno saputo raccogliere e vincere la sfida con i colossi del calcio nazionale”. Con queste parole il numero uno della Federcalcio, Antonio Matarrese, ricorda il Presidentissimo Franco D’Attoma sulle pagine del Corriere dello Sport, l’8 maggio 1991. L’architetto del Perugia dei miracoli si è spento all’età di 68 anni a causa di un cancro. “Per me D’Attoma è rimasto e resterà sempre il presidente. Un uomo eccezionale, che anche durante la malattia aveva saputo conservare intatta tutta la sua forza morale. Addirittura parlando ai suoi giocatori qualche tempo fa, disse che loro dovevano vincere la loro battaglia, perché lui ce l’avrebbe messa tutta per vincere la sua”. Ilario Castagner, allenatore di quella squadra miracolosa, con queste parole chiarisce ulteriormente la figura di un uomo che ha avuto un’importanza assoluta, non solo nella storia del Perugia, ma anche nella storia del calcio, avvicinandolo alle esigenze di rinnovamento a cui la società di quel tempo inconsapevolmente aspirava.
Pugliese di Conversano, Franco D’Attoma si laurea in agraria all’Università degli studi di Perugia. Un titolo conseguito con la speranza di proseguire l’attività di famiglia, che esporta appunto prodotti agricoli negli States. Il destino di D’Attoma cambia nel momento in cui decide di restare in Umbria: gli piace la città e si sposa con la sua compagna di vita, Leyla Servadio. Imprenditore nell’anima, lavora per anni con l’azienda tessile Ellesse: il periodo coincide con il boom del marchio, che arriverà a contare nelle sue fabbriche più di 1300 dipendenti. Nel 1974, mentre la Lazio di Maestrelli sta per vincere uno storico scudetto, nasce un’altra incredibile favola del calcio italiano. Il Perugia si salva all’ultima giornata dalla retrocessione in Serie C (grazie alla differenza reti) e inizia la sua rivoluzione. Franco D’Attoma è il nuovo presidente, Silvano Ramaccioni il nuovo dirigente sportivo, il giovanissimo Ilario Castagner viene scelto come nuovo tecnico. Per il campionato alle porte, vengono cambiati quasi tutti i calciatori. “Il Perugia dovrà giocare come l’Ajax”, Castagner si ispira al modello del calcio totale portato sul tetto d’Europa dalla squadra di Rinus Michels e Johan Cruijff. Partito con ben altre aspirazioni, il Perugia della terribile triade stravince il campionato cadetto e, per la prima volta dopo 70 anni di storia, conquista la Serie A. Già per quest’impresa il Presidente meriterebbe una statua: siamo solo all’inizio di una favola incredibile. Il Santa Giuliana non basta più: per la Serie A serve un nuovo stadio. Il Comunale di Pian di Massiano sorge così, in soli quattro mesi, costruito per esigenza nell’estate in cui i sogni dei perugini diventano realtà. Nel 1981 sarà dedicato all’indimenticato Renato Curi, centrocampista cuore, polmoni e non solo, che fa le fortune proprio di quel Perugia (il Curi ancora oggi è la casa del Grifo: ogni volta che il caldo tifo perugino si dirige verso la Curva Nord, passa per il viale intitolato proprio a Franco D’Attoma). La prima stagione in Serie A è una piacevole sorpresa: ottavo posto costruito con successi inaspettati e straordinari. I futuri campioni d’Italia del Torino vengono graffiati dagli artigli del Grifo alla seconda giornata del girone di ritorno: i gol di Curi e Scarpa regolano la squadra di Radice. Castagner si regala un’altra giornata di gloria, quando nell’ultimo turno, oltre a togliersi la soddisfazione di battere anche la Juventus, si erge ad arbitro della lotta scudetto. L’1-0 sui bianconeri, firmato ancora da Curi, regala proprio ai granata di Radice il loro ultimo storico titolo. Nella stagione seguente il Perugia fa ancora meglio: 6° posto. Quella successiva è, invece, la più difficile dal punto di vista emotivo per la gestione D’Attoma. La morte di Curi – deceduto in campo, il 30 ottobre 1977, durante la partita contro la Juve, la stessa che due anni prima aveva significato il punto più alto della carriera di Renato – sconvolge l’ambiente. Il Perugia, però, è una famiglia e riesce a reagire grazie alla forza del gruppo. Un altro risultato sorprendente – un settimo posto con la qualificazione in Uefa sfumata solo per la peggior differenza reti del Napoli – conferma il Perugia tra le grandi del calcio italiano. Da segnalare gli arrivi in città di un giovane Salvatore Bagni, pescato direttamente dal Carpi in Serie D, e di Walter Speggiorin, oltre alla crescita esponenziale di Walter Novellino, arrivato a Perugia nel 1975 e diventato ormai uno dei più forti centrocampisti offensivi del campionato.
“L'hanno chiamato miracolo e continuano a farlo. Errore marchiano. Molto può dirsi dell'imbattibile Perugia, di certo non che fosse scaturito da un intervento divino. Piuttosto, il risultato di cinque anni di lavoro serio, fatto da gente seria. La prima squadra capace di giocare un intero campionato di Serie A senza perdere una partita è stata un capolavoro di bravura, di grinta, di talento e di uomini”. Ha ragione l’attuale direttore di Tuttosport Xavier Jacobelli, il Perugia dei miracoli è una realtà resa possibile da uomini veri. Franco D’Attoma è l’artefice assoluto, la dimostrazione vivente che con il duro lavoro e con l’esigente pianificazione si possono fare miracoli. Il Perugia di Castagner, Ramaccioni e D’Attoma scrive una pagina memorabile della storia del nostro calcio: un intero campionato senza sconfitte, 30 partite su 30. Solo il Milan di Fabio Capello nel 1991-92 e la Juve di Antonio Conte nel 2011-12 riusciranno a terminare un torneo di massima serie da imbattute. Lo scudetto 1978-79 pone sulle maglie del Milan la prima Stella – tra i rossoneri gioca Walter Novellino, gioiellino acquistato proprio dagli umbri – ma l’impresa del Perugia viene ricordata oggi a oltre quarant’anni di distanza, come una favola incedibile, scritta da un club approdato per la prima volta in Serie A nel 1975 e ritrovatosi a lottare per il titolo nel 1979. Il presidentissimo, però, non ha finito qui.
Nell’estate del 1979 apre una nuova era, un qualcosa di mai visto prima, che porrà le basi per un futuro diverso: il trasferimento del bomber Paolo Rossi al Perugia è un’operazione geniale, che spalanca le porte al regno del marketing e delle sponsorizzazioni di maglia nel mondo del calcio. L’attaccante toscano è uno dei calciatori più importanti del nostro campionato: a soli 22 anni ha segnato 39 volte nella massima serie con la maglia del Lanerossi Vicenza, vincendo la classifica cannonieri nella stagione 1977-78. I veneti, però, dopo un sorprendente secondo posto nel 1978, sono incappati nel purgatorio della Serie B. Appare evidente che un profilo così importante non possa finire nella serie cadetta: l’atmosfera che si respira intorno alla figura di Rossi è alquanto complicata. I veneti si sono assicurati le sue prestazioni grazie a una super offerta alle buste nel 1977: 2,5 miliardi di lire che hanno sbaragliato la concorrenza della Juventus. Di questa importante somma, solo la metà è stata versata nelle casse bianconere. Il presidente del Vicenza Farina è quindi costretto a monetizzare urgentemente. Viene da pensare che la soluzione migliore possa essere proprio un acquisto da parte della Vecchia Signora che, invece, si defila dopo aver stretto un patto di non belligeranza con un’altra grande del panorama calcistico italiano: il Milan. Si apre così una nuova strada per Paolo Rossi: il Perugia. Il Vicenza è costretto a fare cassa e lo stesso Rossi preferisce una destinazione dove poter vivere in estrema tranquillità. Gli umbri sono reduci da un campionato di vertice, tuttavia D’Attoma non può permettersi di pagare la somma necessaria per assicurarsi il prestito del calciatore. Per far sì che la trattativa vada in porto, viene realizzata un’operazione commerciale del tutto nuova. Un ruolo determinante lo svolge l’agenzia pubblicitaria perugina C.P.A. Il presidente dei Grifoni chiede una consulenza nella quale l’agenzia stila una previsione secondo cui l’investimento per il calciatore possa riportare importanti ritorni economici al club stesso. Negli accordi con D'Attoma la C.P.A si impegna nello sfruttare l’immagine della squadra e, quindi, del celebre acquisto, a fini unicamente commerciali. Nasce così la collaborazione che prevede indennizzi ogni qual volta il Perugia disputi un’amichevole, la presenza di pubblicità allo stadio, accordi con TV private e il versamento di una somma di 300 milioni ad accordo fatto. D’Attoma conclude la prima operazione di calciomercato in un’ottica futura, creando un business per il tempo totalmente innovativo. Alle 17:25 del 13 luglio 1979, un comunicato dell’Agenzia Ansa dà la notizia più incredibile del calciomercato estivo: il calciatore Paolo Rossi passa dal Vicenza al Perugia in prestito annuale rinnovabile da parte degli umbri. Al Vicenza vanno 500 milioni più Redeghieri e Cacciatori, uno dei quali in comproprietà (entrambi se il Grifone rinnoverà, per l’identica cifra di 500 milioni, il prestito di Paolo Rossi la stagione successiva).
Il vento innovativo che soffia intorno al Perugia Calcio porta un’altra idea geniale all’astuto presidente D’Attoma: dopo aver concluso l’operazione Rossi, stipula un accordo con il pastificio locale Ponte. Il patron sfrutta i 12 centimetri di spazio sulla maglia concessi (come da regolamento dalla Federazione) per lo sponsor tecnico, facendo passare la ditta Ponte come, appunto, sponsorizzazione tecnica della squadra. La Federazione stessa intuisce la trovata di D’Attoma e sanziona la società con una multa: nulla in confronto ai milioni in entrata previsti nell’accordo con la Ponte. La trovata del presidente perugino apre una nuova prospettiva commerciale legata al mondo del calcio: dal 1981 inizierà ufficialmente l’era degli sponsor commerciali, che ancora oggi risultano di fondamentale importanza per il bilancio di qualsiasi squadra.
Al termine di un quinquennio glorioso – nel 1979-80 un altro piazzamento dignitoso (7° posto), con tanto di debutto in Coppa Uefa – la stagione 1980-81 condanna il Perugia alla retrocessione in Serie B. Gli umbri pagano caro i 5 punti di penalizzazione inflitti a causa delle sentenze riguardanti lo scandalo del Totonero. D’Attoma lascia la squadra dove l’aveva trovata, ma solo dopo avergli regalato i più grandi fasti della sua storia. Tornerà a inizio anni ’90 il Presidentissimo, ma purtroppo non riuscirà a scrivere un altro miracolo, probabilmente solo perché il Padre Eterno non gliene darà il tempo. La sua figura, resterà per sempre legata a quel Perugia fantastico. Una figura pulita e umana in un calcio che era ancora della gente, un’anima candida il cui il nome resta stampato a caratteri cubitali nella storia del nostro amato pallone.
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