Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi
Sette anni fa l’ultima di Pupi a San Siro: l’argentino, arrivato nel 1995 insieme all’Avioncito, passò inosservato ma la storia ha detto altro
Il 10 maggio 2014 è uno di quei giorni che i tifosi interisti non dimenticheranno mai. Javier Zanetti scende in campo per giocare la sua ultima partita da professionista a San Siro, nella penultima gara della stagione 2013-14 di Serie A che l’Inter disputa contro la Lazio (finita poi 4-1 per i nerazzurri). Una carriera votata a una maglia: 19 stagioni con la Beneamata trascorse tra 5 scudetti, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe Italiane, una Coppa Uefa, una Champions League, una Coppa del Mondo per Club. Per un totale di 16 trofei sollevati, un record per un giocatore interista, a cui si aggiungono altri primati: 858 presenze, di cui 160 volte in Europa, 47 nel derby e tredici anni da capitano.
Inter, 50 anni dall'undicesimo scudetto
Eppure Javier Zanetti arriva al ritiro dell’Inter nell’estate del 1995 quasi come un fantasma, passato inosservato a stampa e tifosi. Le attenzioni infatti sono tutte per un altro argentino, Sebastian Rambert: l’Avioncito (“Aeroplanino”, così lo chiamavano in patria) è l’acquisto più atteso, uno dei primi dell’era Moratti, diventato presidente dell’Inter pochi mesi prima, dopo aver rilevato la società da Ernesto Pellegrini. Rambert si era messo in mostra con l’Independiente e vantava le referenze di Antonio Valentin Angelillo ed Enrique Omar Sivori. E Zanetti? 22 anni ancora da compiere, timido e con le scarpe in un sacchetto di plastica. Voluto da Massimo Moratti, che col senno di poi chissà quante volte avrà ringraziato il cielo per aver visto una videocassetta sulla nazionale olimpica argentina, notando il giovane Javier e decidendo così di portarlo a Milano.
Se l’Avioncito non lascia il segno e dopo pochi mesi torna in patria, Zanetti marchia per sempre la storia dell’Inter. Ad accorgersi subito del suo talento, anche Maradona, che sempre nell’estate ’95 commenta: “Il vero colpaccio l’Inter l’ha fatto con Zanetti un autentico fenomeno, altro che Rambert”.
“Pupi”, il soprannome che si porta dietro fin dall’infanzia, fa il suo esordio in Serie A il 27 agosto 1995, in una gara contro il Vicenza, indossando la maglia numero 4, scelta quasi per caso al suo arrivo, e che non lascerà più. Terzino destro naturale, talvolta utilizzato anche come centrocampista: sono memorabili le sue corse palla al piede sulla fascia, la sua grazia e il suo stile nel superare gli avversari e poi tentare il cross dal fondo. Ha una sensibilità al tocco fuori dal comune, ma anche forza, grinta e resistenza: lui che da bambino aveva rischiato la vita per problemi respiratori e che da calciatore si trasforma in un’infaticabile macchina da corsa su e giù per la fascia. Composto, educato, mai sopra le righe. “Lui può fare tutto: allenatore da prima squadra o da giovanili, anche il dirigente: ha valori veri da trasmettere, è una persona d’oro e non solo in campo. Ha esperienza da spogliatoio e da gara” ha detto di lui nel 2011 un altro grande capitano nerazzurro, Beppe Bergomi, che già al primo allenamento ne predice il destino: “Facciamo possesso palla: Pupi non la perde mai, non gliela toglievi, incollata. Quel giorno, giuro, dissi: 'Questo farà la storia dell’Inter'”. La storia Zanetti l’ha fatta davvero, facendosi amare da una delle tifoserie più difficili del calcio italiano che il 10 maggio 2014 piange all’unisono per la sua ultima a San Siro.
Scudetto Inter, da Herrera e Mourinho a Conte: è festa grande!
Condividi
Link copiato