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Nel 1978 il match tra il tennista romano e il campione svedese mise fine alla cosiddetta “età dell’oro” tricolore al Foro Italico: protagonista anche Zugarelli
Gli inglesi hanno inventato il tennis, ma gli italiani lo hanno umanizzato». Parole di Bud Collins, decano del giornalismo sportivo statunitense e cantore gigantesco del tennis. Verrebbe da pensare che anche il buon Bud fosse presente al Foro Italico di Roma nella settimana dal 22 al 28 maggio 1978. In quei giorni, agli Internazionali di Tennis, si giocano gli atti conclusivi del torneo singolare maschile. Si giocano soprattutto due partite, una semifinale e la finalissima. I protagonisti sono quattro: Adriano Panatta, un permaloso spagnolo, un algido svedese e un caldissimo, forse troppo, pubblico romano. Storie di lattine, monetine, di un tennis impossibile da dimenticare. Un’umanizzazione oggi perduta, e che possiamo rivivere solo attraverso certi episodi, certe partite.
Il 1978 è un anno particolare, l’ultimo di un triennio in cui il tennis italiano ha raggiunto la sua cosiddetta “età dell’oro”. Nel dicembre 1976 quattro ragazzoni di nome Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Tonino Zugarelli e Paolo Bertolucci, insieme al capitano non giocatore Nicola Pietrangeli, sono sbarcati a Roma con la Coppa Davis conquistata in Cile. All’Estadio National di Santiago hanno battuto i padroni di casa Fillol, Cornejo e Prajoux, portando a casa la nostra prima e unica Davis. In quell’anno Panatta aveva anche vinto gli Internazionali, battendo in quattro set l’argentino Vilas - per 43 anni ultimo successo di un italiano nell’era Open -, e il Roland Garros, sconfiggendo in finale l’americano Harold Solomon, in quella che è nettamente la miglior anna- ta della sua carriera.
Nel 1977, a Roma, Panatta si ferma ai quarti contro Vitas Gerulaitis, ma è un altro italiano a far parlare di sé. Zugarelli infatti manda ko Lombardi, Krulevitz, Franulovic, Pecci e Phil Dent. All’atto conclusivo incontra proprio Gerulaitis, che si impone 6-2 7-6 3-6 7-6.
A “vendicare” Zugarelli, l’anno dopo, ci penserà Panatta. Annata sfortunata, il 1978, per il tennista romano, sceso al numero 40 del ranking mondiale. Adriano però comincia bene gli Internazionali, battendo al primo turno Gerulaitis. Nel primo set rimonta da 3-5 a 7-6; nel secondo va peggio, sotto 0-5 dopo pochi minuti, poi però si rianima, vince sette game di fila e passa al secondo turno. Da quel momento, Panatta affronta statunitensi in successione. Si sbarazza facilmente di Terry Moor al secondo turno, 6-7 4-6, ma ha qualche difficoltà in più con Hank Pfister, fortissimo in battuta. L’incontro del terzo turno sorride inizialmente al tennista californiano, 7-5 al primo set. Poi, il pubblico romano inizia a farsi “sentire”, Pfister perde punti, Panatta si aggiudica il secondo set 3-6, l’americano spreca un match point e infine perde al tiebreak (6-7 Panatta). Per Adriano è poi semplice sbarazzarsi di Victor Amaya ai quarti, 6-7 4-6.
Gli avversari a stelle e strisce terminano in semifinale, dove Panatta affronta lo spagnolo José Higueras. Sarà una partita di cui si discuterà parecchio. Higueras parte nettamente meglio di Panatta, 6-0 e 5-1. Il romano annulla due set point al 7° game e altri due sul 2-5. Tutt’intorno, il Centrale fa spudoratamente il tifo per l’idolo di casa, con la conseguenza di innervosire Higueras. Lo spagnolo, già tesissimo, si mette pure a polemizzare con gli arbitri, e quando sbaglia uno smash facile facile e il pubblico gioisce, ecco che gli scappa il gesto dell’ombrello. È una dichiarazione di guerra: da quel momento, il Centrale lo prende di mira. Sulla terra battuta di Roma, arriva pure una lattina di Coca-Cola vuota, che Higueras mostra al giudice di sedia. Panatta rimonta, e i tifosi danno dello “scemo, scemo” allo spagnolo. Higueras fa un gesto con le mani, come a dire “vi imploro, smettetela”, ma niente. Gli hanno persino tirato addosso una moneta da 100 lire. Mario Belardinelli tenta di calmare il pubblico, ma invano. La tensione è eccessiva. Quando Panatta conduce 6-5, Higueras ha difficoltà a servire una seconda palla; il giudice di sedia Bowron prova a fargli ripetere anche il primo servizio, ma il giudice arbitro Baruti glielo impedisce, scatenando la reazione di Bowron, che se ne va. A quel punto, a prendere la strada degli spogliatoi è anche Higueras, stufo di tutto quel che è successo. «Sembravano animali, a Roma non si può giocare», commenterà alla stampa spagnola il malcapitato José.
La cavalcata di Panatta vede l’atto finale contro Borg. Lo svedese aveva già vinto a Roma nel 1974, trionfato due volte al Roland Garros, e nel suo magico ’76 si porterà a casa la prima della sue cinque vittorie a Wimbledon. Il clima al Centrale è teso, e non potrebbe essere altrimenti, visto quello che è successo con Higueras. Borg ha però un carattere meno latino e più scandinavo, reagisce con calma al tifo ostile del pubblico. In realtà, confesserà in seguito di aver pensato di ritirarsi durante il set finale. Meglio che non l’abbia fatto, anche perché a quest’ora avrebbe un titolo in meno in bacheca. Perché il pomeriggio romano è tutto suo. Panatta vince 6-1 il primo set, poi Borg recupera e va sul 2-1. Il romano pareggia i conti, ma alla fine la stanchezza prevale, e lo si nota quando dal 5-1 di vantaggio si ritrova a vincere in sofferenza, per 6-4. Il quinto set vede infine Borg trionfare 6-3. Le classiche foto di rito post partita vedono lo svedese sorridere: la sua leggenda è appena iniziata. Panatta ha invece il viso scuro: il triennio d’oro italiano è appena finito. E nessun tennista tricolore è mai più riuscito a raggiungere la finale del torneo della Capitale.
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