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Juventus, Inter, Milan, Lazio, Roma, Parma e Fiorentina le squadre protagoniste in Serie A e in campo europeo grazie ai presidenti-Paperoni
In un mondo senza smartphone e a lungo senza Google, il calcio italiano dominava in Europa. Erano gli anni Novanta, inaugurati con le Notti Magiche e il trasferimento che ha sconvolto Firenze: il passaggio alla Juventus di Roberto Baggio. I viola e i bianconeri facevano parte del gruppo delle cosiddette “Sette Sorelle”, le squadre più forti e più ricche della Serie A, insieme a Inter, Lazio, Milan, Roma e Parma. I successi delle squadre italiane nelle coppe europee aumentavano l’appeal della Serie A. Tutte le stelle puntavano a giocare nel campionato più bello del mondo, che di conseguenza diventava sempre più bello, ma anche sempre più spendaccione. Sprechi, disimpegno, lotta per il prestigio ad ogni costo: così il calcio rispecchiava quell’Italia che vedeva i vecchi equilibri spazzati via sotto il peso delle tangenti. Anche i grandi trasferimenti del decennio seguono gli stessi principi. Nell’estate del 1990, il senso di cambiamento è evidente. Baggio è l’acquisto più costoso d’Europa in quella sessione di mercato.
Nella top-5 anche due futuri simboli di Roma e Lazio: il difensore brasiliano Aldair, arrivato per sei miliardi di lire in giallorosso, e il capocannoniere dell’ultima Coppa UEFA Karl Heinz Riedle, primo tedesco nella storia biancoceleste. Dopo due anni con Dezotti e Amarildo al centro dell’attacco, i tifosi non Le Sette Sorelle regine del mercato negli anni Novanta crederanno ai loro occhi. La Lazio è una delle grandi protagoniste dei primi anni Novanta. Nelle due stagioni successive, sbarcano a Roma il centrocampista tedesco Thomas Doll e Paul Gascoigne, che non ha bisogno di altre presentazioni.
Nel 1992, il gran colpo lo fa il Milan che ha appena vinto il primo campionato dell’era Capello senza perdere nemmeno una partita. Berlusconi aggiunge un terzo Pallone d’Oro a una rosa che già contempla gli olandesi Ruud Gullit e Marco Van Basten. È un centravanti francese dagli occhi di ghiaccio che in passato aveva fatto impazzire la difesa rossonera in Europa: Jean-Pierre Papin. L’ex bomber dell’Olympique Marsiglia avrebbe dovuto andare alla Juventus, grazie alla sponsorizzazione di Platini. Ma i dieci miliardi di lire offerti dalla famiglia Agnelli non convincono il presidente dell’OM, Bernard Tapie. Papin ha un pre-contratto con i bianconeri, che scade a marzo del 1992. Il Milan si inserisce, off re 14 miliardi e chiude l’affare. Ormai in Serie A si gioca al rialzo. Lo sa anche la Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori che ha messo paura alle big del nostro campionato grazie ai gol di Gabriel Batistuta, nato ad Avellaneda da una famiglia di lontane origini friulane che nel tempo avevano perso due t nel cognome, originariamente Battistutta.
Il campionato di Serie A è insieme una sfida sportiva e un duello fra imprenditori. Cecchi Gori, produttore televisivo e cinematografi co, contro “Sua Emittenza” Berlusconi. Callisto Tanzi, patron della Parmalat e presidente del Parma che porterà in Emilia Lilian Thuram e Fabio Cannavaro, contro Sergio Cragnotti, numero 1 della Cirio e della Lazio. Nella sua squadra brillano le grandi stelle. Arriveranno Beppe Signori e Pavel Nedved, il cileno Marcelo Salas, Diego Simeone e Roberto Mancini. Nel 1998, poi, il capolavoro: Christian Vieri, pagato 55 miliardi e rivenduto un anno dopo all’Inter per 90 (settanta in contanti più il cartellino di Simeone).
Il duello fra imprenditori conosce anche due protagonisti delle grandi dinastie che hanno retto l’economia italiana di quegli anni: i Moratti e gli Agnelli. Nel 1995 la famiglia di petrolieri che aveva costruito la Grande Inter negli anni Sessanta torna al vertice della società nerazzurra. Vertice di una squadra che ha goduto del meglio del calcio mondiale, da Clarence Seedorf a Youri Djorkaeff , dall’olandese Aaron Winter al cileno Zamorano. Ma soprattutto completa la trattativa per portare in Italia il Fenomeno per antonomasia, il brasiliano Ronaldo. Una squadra arrivata a un passo, o forse a un fallo, dallo scudetto nel fi nale di campionato più controverso della storia moderna in Italia. La Juventus della famiglia Agnelli si muove in varie direzioni negli anni Novanta. Prima guarda alla Germania, con gli acquisti di Moller o del difensore Jurgen Kohler, poi alla Francia. Saranno gli anni di Zinedine Zidane e della clamorosa incomprensione tra Carlo Ancelotti e Thierry Henry. Ma la Juve, società italiana delocalizzata quant’altre mai in termini di tifoseria, guarda anche al resto d’Italia. E nel 1993 veste di bianconero un giovane classe 1974 che in un giorno di novembre Vittorio Scantamburlo, bidello con l’occhio lungo per i talenti del calcio, aveva scoperto nei Giovanissimi del San Vendemmiano. Lo stava visionando per conto del direttore sportivo del Padova, Giambattista Pastorello. Quel ragazzo si chiama Alessandro Del Piero e vivrà l’ultimo trionfo bianconero in Champions League. Le rivali dovranno ricorrere a spese sempre più elevate per contrastare i bianconeri, come dimostrano l’arrivo di Marcio Amoroso al Parma o del liberiano George Weah al Milan. Icone di un’epoca che forse non tornerà più.
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