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Al Lanerossi Fabbri gli cambia la carriera trasformandolo da ala destra a centravanti puro. Nel 1979 si trasferisce in Umbria e il presidente D’Attoma finanzia l’operazione con la prima sponsorizzazione nella storia del calcio italiano
Un cognome comune, comunissimo nel nostro Paese, eppure Paolo non fu mai un “signor Rossi” qualunque. O perlomeno non lo fu più quando il suo talento irruppe prepotentemente nel panorama calcistico nazionale e internazionale. Un’icona, una bandiera, una leggenda del nostro calcio, che nel 1982 regalò a un popolo intero un’estate indimenticabile trascinando a suon di gol - sei - l’Italia di Bearzot alla conquista dei Mondiali in Spagna. In quella manifestazione iridata la sua stella svetta inesorabile sopra le altre brillando e illuminando il cammino azzurro fino al trionfo finale. È un’estate italiana, un’estate dove sogno e realtà si sovrappongono, un’estate sospesa tra disincanto e bagliori accecanti: è l’estate di Paolo Rossi. Prima di diventare l’idolo di una nazione intera, però, Pablito era semplicemente Paolo, un ragazzo nato a Prato e cresciuto calcisticamente nei campi della periferia toscana, al Santa Lucia, squadra messa in piedi dal medico locale, il dottor Paiar. Inizia lì, al fianco del fratello Rossano, la luminosa carriera di Paolo Rossi. Un idolo rimasto nei cuori di Vicenza e Perugia, in campo con una patch celebrativa sulla manica destra in ricordo della loro stella più lucente.
Passato prima all’Ambrosiana e poi alla Cattolica Virtus, Paolo, nonostante le resistenze della famiglia, a 16 anni si trasferisce a Torino, sponda Juve. Come raccontato dallo stesso Rossi, Italo Allodi si presenta a casa sua con una valigetta contenente 14,5 milioni di lire. Una cifra enorme alla quale i dirigenti della Virtus non possono rinunciare. Il suo percorso nelle giovanili della Vecchia Signora è costellato da una serie interminabile di infortuni. Nonostante ciò, però, fa il proprio esordio tra i professionisti nel match di Coppa Italia contro il Cesena del 1° maggio 1974. L’anno seguente altre due apparizioni nella coppa nazionale prima del passaggio al Como. Con i Lariani, oltre al debutto in Serie A contro il Perugia (il destino aveva già previsto tutto), è un mezzo disastro: totalizza sei presenze complessive e la squadra retrocede in Serie B. Ma è nell’estate del 1976 che la carriera del giovane Paolo cambia totalmente. La Juve convince il Lanerossi Vicenza a prenderlo in compartecipazione, dando il via all’epopea del “Real Vicenza”.
Ai biancorossi incontra Giovan Battista Fabbri, l’allenatore che da ala destra lo trasforma in centravanti puro dando una svolta alla sua carriera. Giorgio Carrera, suo compagno al Vicenza, in un’intervista a Open racconta: “La storia fantastica del nostro Vicenza nasce nel 1976, a Rovereto. Paolo era un’ala destra, ma una sera a Cagliari, in Coppa Italia, il maestro dei maestri Gibì Fabbri l’ha inventato centravanti. Legge la formazione, arriva il numero 9 e dice: ‘Rossi centravanti’. Tutti quanti ci siamo guardati con un sorrisino. Come a dire: ‘Ma il mister ha bevuto?’ Non lo aveva mai provato in quella posizione. Mai, nemmeno in allenamento, nemmeno in un’amichevole. Zero. Gli ha detto solo questo: ‘Paolo, allora, vieni incontro… la dai… e vai’. Lui, sorridendo, rispose: ‘Va bene’. Vincemmo uno a zero. Gol di chi? Di Paolo Rossi”. Una svolta che porta l’attaccante di Prato a laurearsi capocannoniere della cadetteria con 21 gol - secondo Virdis con 18 - e il Vicenza a vincere il campionato e approdare nella massima serie. Il presidente Farina, dunque, non può far altro che aumentargli l’ingaggio da 8 a 50 milioni. La Juve, così, decide di desistere e virare proprio su Pietro Paolo Virdis. Da squadra neopromossa, il Lanerossi fatica nelle prime uscite stagionali ma poi, grazie alla vena realizzativa del suo bomber, che conquisterà nuovamente la classifica dei marcatori con 24 centri, vola e chiude al secondo posto in classifica alle spalle della Juve. Mentre l’Italia di Bearzot prepara i Mondiali in Argentina del 1978, il Vicenza e i neo campioni d’Italia si contendono Paolo Rossi alle buste. Per trattenere il suo fenomeno il presidente Farina sborsa ben 2 miliardi e 612 milioni, una cifra assurda per l’epoca e che crea un’insurrezione anche all’interno della FIGC portando Franco Carraro alle dimissioni. Lo stesso numero uno del Lanerossi si rende conto di aver “esagerato” e commenta: “Mi vergogno, ma non potevo farne a meno. Per vent'anni il Vicenza ha vissuto degli avanzi. E poi lo sport è come l'arte, e Paolo è la Gioconda del nostro calcio”. La stagione 1978-79 riserva però un finale amaro per la squadra e lo stesso Rossi. Pablito deve infatti fare i conti con un nuovo infortunio al ginocchio per via del duro colpo inflittogli dallo stopper del Dukla Praga, Macela, nell’andata del primo turno di Coppa Uefa - il Vicenza perde 1-0 e viene eliminato dopo l’1-1 nel ritorno -. Salta le prime due gare di campionato, poi entra in condizione e chiude la stagione con 15 centri. Rossi realizza oltre il 50% delle reti messe a segno dalla formazione di Fabbri nel torneo - 29 gol totali -. La squadra chiude terzultima con 24 punti e retrocede in Serie B. Il campionato lo vince il Milan, tallonato da un’altra provinciale: il Perugia di Ilario Castagner.
Pablito, però, non può scendere di categoria, così approda proprio in Umbria con la formula del prestito biennale (500 milioni a stagione). Il presidente Franco D’Attoma, per finanziare l’oneroso investimento, decide di compiere un atto coraggioso che segnerà una svolta storica nel calcio di casa nostra: la prima sponsorizzazione di maglia. Mai prima di allora, infatti, sui campi del Belpaese si era vista una squadra scendere sul rettangolo verde con la casacca griffata da un marchio commerciale. Un’idea geniale che segnerà uno spartiacque storico per il merchandising e le casse di una squadra di calcio. Sul campo Rossi risponde presente e chiude con 14 reti complessive - 13 in campionato e una in Coppa Uefa - in 36 presenze totali. Le uniche in Umbria per Pablito. In primavera scoppia infatti lo scandalo calcioscommesse che investe anche il centravanti di Prato, squalificato per due anni. La sua avventura al Perugia finisce così, ma i tifosi umbri non lo hanno mai dimenticato. Il Centro Sportivo del club umbro è stato infatti intitolato alla memoria di Paolo Rossi, il bomber che dai campi polverosi della provincia toscana trascinò l’Italia sul tetto del mondo.
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