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Giochi Olimpici di Amsterdam, 1928: la nazionale azzurra conquista il primo risultato di rilievo della sua storia: podio olimpico, praticamente un terzo posto mondiale
Non c’era ancora la Coppa del Mondo, per le nazionali, così come erano di là da venire le coppe europee per i club. Nei primi decenni del ventesimo secolo, dunque, per affrontare squadre o rappresentative di altri paesi l’occasione, a parte amichevoli più o meno prestigiose, la fornivano i Giochi Olimpici. Con tutto l’aspetto pseudo dilettantesco e al contempo pionieristico che il contesto dell’Olimpiade abbinato alla “gioventù” del football assicuravano.
Che il calcio dovesse ancora, Gran Bretagna a parte, ratificare gerarchie e rapporti di forza lo dimostra il fatto che un secolo fa non era ancora così netto il divario tra squadre europee e compagini di altri continenti. In Sudamerica i brasiliani erano ancora dei circensi del football e le scuole calcistiche più autorevoli erano senza ombra di dubbio quella Argentina e quella uruguaiana, entrambe caratterizzate da un’anima europea. Il calcio africano, paradossalmente, non era ancora così indietro come sarebbe stato negli anni Cinquanta e Sessanta rispetto al Vecchio Continente, proprio perché nessuno poteva avere alle spalle una storia lunga e gloriosa. Fa riflettere, in questo senso, il fatto che dagli anni Settanta in poi il Continente Nero avrebbe conosciuto l’inizio della vera crescita del suo movimento calcistico.
Riavvolgendo il nastro, la Nazionale italiana, nata nel 1910, quando arriva ai Giochi di Amsterdam nel 1928 ha già tre Olimpiadi alle spalle. 1912, 1920, 1924, con le ultime due edizioni in ordine cronologico che le avevano fruttato l’approdo ai quarti di finale.
A potersi permettere di far la voce forte è l’Uruguay, alla vigilia: i sudamericani hanno già vinto l’oro a Parigi e sono destinati alla vittoria, così come faranno la parte dei padroni alla prima edizione del Campionato del mondo due anni dopo. L’Italia, che vive la fase embrionale di un gruppo che si toglierà due soddisfazioni mondiali consecutive negli Anni Trenta, batte al primo turno la Francia per 4-3. Nel secondo confronto le tocca la Spagna, spazzata via con un 7-1 nella ripetizione del match, dopo l’1-1 della prima gara (all’epoca non erano contemplati i rigori). In semifinale gli azzurri soccombono a testa alta proprio contro l’Uruguay, arrendendosi però solo con un rocambolesco 3-2 contro la Celeste. Azzurri in lotta per la medaglia di bronzo. Ad attenderli, il 9 giugno 1928, un impronosticato e impronosticabile alla vigilia Egitto, che nel frattempo ha eliminato Turchia e Portogallo, pur avendo incassato sei reti dall’Argentina.
Gara pirotecnica, dispensatrice di reti, con gli egiziani che, pur inferiori tecnicamente, profondono un impegno che mette agonisticamente in crisi l’Italia nella prima parte, nonostante il doppio vantaggio nei primi quindici minuti; lo dimostra il fatto che venga subito riacciuffata dall’Egitto con una doppietta di Riad. Solo al quarantesimo giro di lancetta Elvio Banchero riporta in vantaggio gli azzurri, che da quel momento in poi macinano gioco e reti, chiudendo il primo tempo sul 5-2 e poi dominando la ripresa fino al definitivo 11-3. Non c’è bisogno di dire che si tratta di un risultato record, destinato a rimanere tale nella storia della FIGC. Triplette di Baloncieri, Banchero e Magnozzi, doppietta di Schiavio.
Con questa medaglia di bronzo Fulvio Bernardini e compagni assicurano alla Nazionale italiana il primo prestigioso alloro di una storia che in quegli anni vive la sua alba.
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