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Dopo aver salvato la prima stagione da presidente del Cavaliere, fu proprio Silvio a suggerire all’allenatore di Pieris un percorso di crescita professionale
Berlusconi e il Milan: una storia enciclopedica, fatta di tanti volumi, tutti prestigiosi e connotati da pagine indelebili. Non soltanto per i trionfi, nell’ambito nazionale come in quello europeo, ma anche per aver letteralmente stravolto l’ambito manageriale del calcio italiano, che prima del suo avvento al vertice della dirigenza rossonera era caratterizzato da logiche tradizionali, eccessivamente conservatrici, in qualche caso vetuste: basta pensare che erano soltanto i capitali a disposizione a differenziare i club metropolitani da quelli cosiddetti provinciali.
Tra le “opere” - in quest’ambito senza omissioni - di Berlusconi a livello dirigenziale merita una menzione speciale quella di aver letteralmente “inventato” Fabio Capello come tecnico, dopo averne tra l’altro tenuto a battesimo e svezzato anche le capacità dirigenziali e il piglio organizzativo che nel corso di un’intera carriera sarebbero poi tornati utili al Capello allenatore.
Val la pena ricordare che, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo nel 1980, l’ex centrocampista originario della frazione di Pieris, provincia di Gorizia, aveva già intrapreso il percorso di allenatore dal 1981, con le giovanili rossonere sotto la presidenza Farina. Dopo aver guidato la Berretti e la Primavera, per la stagione 1986-87 – primo anno milanista dell’era Berlusconi – Capello viene promosso come secondo di Nils Liedholm in prima squadra e, al termine di una stagione altalenante che nel frattempo aveva portato all’esonero del maestro svedese, è lui a guidare il Milan nello spareggio per l’accesso in Coppa UEFA contro la Sampdoria, vinto dai rossoneri grazie a un gol di Massaro.
Dopo quell’esperienza, Capello su indicazione di Berlusconi in persona acquisisce una preparazione in ambito aziendale e diventa dirigente della Polisportiva “Mediolanum”, con la sovrintendenza in varie discipline, tra le quali l’hockey su ghiaccio, il baseball, la pallavolo e il rugby.
Anni caratterizzati dall’acquisizione di una professionalità ampia e variegata, anche in ambito comunicativo, fino alla fatidica estate del 1991, quando Silvio Berlusconi, affidandosi al suo fiuto e scommettendo un po’ anche con se stesso, lo restituisce al mestiere di allenatore al massimo livello possibile: gli affida la guida di un Milan divenuto nel frattempo stellare e che aveva già vinto tutto con Arrigo Sacchi.
Un gruppo che il Vate di Fusignano, divenuto nel frattempo CT della Nazionale, aveva giudicato ormai spremuto e il cui ciclo sembrava terminato. Con il calcio pragmatico di Capello e grazie al suo relativismo tattico quello stesso Milan, con pochi e mirati avvicendamenti, vincerà quattro scudetti tra il ‘92 e il ‘96; tre Supercoppe italiane in sequenza dal ‘92 al ‘94; la Champions League e la Supercoppa Europea nel ‘94. Nell’estate del 1996 Capello accetta l’offerta di Lorenzo Sanz per diventare tecnico del Real Madrid, club con il quale vince al primo colpo la Liga, il che non lo salva dai contrasti con il patron delle Merengues. Al Real tornerà nel 2006, dopo aver guidato nel frattempo la Roma dal 1999 al 2004 (Campione d’Italia 2001) e la Juventus degli scudetti revocati a causa di Calciopoli. Sarà poi CT di Inghilterra e Russia e guiderà lo Jiangsu Zuqiu Julebu di Nanchino, chiudendo la sua parabola da tecnico nel 2018.
Tornando a quell’estate del 1996, però, appena divenuto Campione di Spagna con il Real, Capello accetta di nuovo la panchina del Milan, per un’annata che si rivelerà sofferta e accidentata ma… «La mia avventura al Real Madrid finì con una telefonata di Berlusconi che mi chiese di tornare ad allenare il Milan. A lui dovevo tutto e non potevo dirgli di no».
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