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Quanti fuoriclasse dagli anni ‘70 alla fine dei ‘90 hanno acceso la fantasia dei tifosi e dei bambini: tra di loro c’erano anche Maradona e Platini, due grandi numeri 10. Ve li raccontiamo in edicola con lo speciale del Corriere dello Sport Stadio
Chiunque abbia mai calcato un campo di calcio conosce bene quella sensazione, quel brivido di eccitazione e quell’esplosione di gioia pura che ti monta dallo stomaco al petto, quell’incredibile e incontenibile sussulto di autentica felicità che si prova quando la palla rotola al di là della linea e gonfia la rete. E a farla andare lì sei stato proprio tu. Può sembrare strano pensare che un gesto così semplice come quello di una sfera che finisce tra due pali rappresenti in sé così tante cose, incarni addirittura l’essenza stessa di una gioia pura e fanciullesca, il sogno di migliaia di bambini che si risolve e allo stesso tempo si compie in una frazione di secondo. Si tratta di un concetto semplice da capire per chi fa parte della cerchia dei fanatici del football, molto meno per i profani che potrebbero addirittura definire tutto questo come “stupido” o “banale”, non potendo capire la nobiltà dello sport, Anzi, non potendo capire la nobiltà del calcio.
Una nobiltà sudata e guadagnata duramente nell’ultimo secolo e mezzo, grazie a campioni, poeti, geni e visionari della sfera di cuoio, uomini che con le loro gesta sul rettangolo verde hanno contribuito a scrivere la favola del gol, una lunga teogonia pallonara che proveremo a ricostruire oggi, in edicola con Il Corriere dello Sport-Stadio, grazie alle nostre grandi firme. Un ciclo epico che racconta i miti e le leggende del gol, non per forza quelli che ne hanno segnati di più, bensì quelli che ne hanno saputo cogliere il senso più profondo, trasformando il gesto meccanico in poesia, il volgare “rincorrere una palla” in forma d’arte. Quelli che hanno fatto sognare milioni di bambini e di adulti, che si sono resi protagonisti della grande storia del football ammaliando con la fulgida luce di cui risplendevano sul campo da gioco. Dimostrando, una volta ancora, che non è stato, non è e non sarà mai solamente un gioco.
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