Real Madrid, anni Ottanta: decennio di vacche magre

Real Madrid, anni Ottanta: decennio di vacche magre

Per i Blancos una sola finale di Coppa Campioni, persa contro il Liverpool, e quattro semifinali, ma vinse due volte di fila la Coppa Uefa

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La storia del Real Madrid in Europa, il club più vincente al mondo, è fatta a blocchi. Negli ultimi anni abbiamo assistito a cinque trionfi in Champions nel giro di otto anni, a tappare un’astinenza decennale. Con il precedente tris di vittorie a tappare un altro buco lungo ben tre decenni. Un periodo lunghissimo e quasi inimmaginabile per i Blancos, iniziato negli anni Settanta quando era l’intero movimento spagnolo ad essere in crisi, con una sola finale raggiunta peraltro dall’Atletico Madrid contro il Bayern Monaco nel 1974. Un decennio per le squadre della Liga salvato solo dalle due Coppe delle Coppe conquistate da Barcellona e Valencia tra 1979 e 1980. Quando il Real becca il Napoli al primo turno della Coppa dei Campioni 1987-88 comunque è in uno strano periodo in cui si è dovuto accontentare di portare a casa trofei “minori”, buoni per la bacheca ma forse non per il prestigio.

L’annata dello zero su 5

 

Finalista sconfitto nella Coppa dei Campioni del 1981 contro il Liverpool dopo aver battuto l’Inter in semifinale, il Real Madrid perde un’altra finale in maniera sanguinosa due anni dopo quando sembra tutto apparecchiato per il trionfo in Coppa delle Coppe: avversari gli scozzesi dell’Aberdeen, guidati in panchina da un signore con gli occhiali, scozzese pure lui, che si chiama Alex Ferguson. Non ancora “Sir”, il futuro allenatore del Manchester United beffa il Real Madrid per 2-1 con rete ai supplementari di John Hewitt, entrato a pochi minuti dal novantesimo. L’Aberdeen è una squadra autoctona che più autoctona non si può, dove spiccano i nomi di Gordon Strachan, Alex McLeish e del portiere Jim Leighton, e che batte i Blancos che in panchina hanno nientemeno che Alfredo Di Stefano e in campo gente del calibro di Camacho, Gallego, Juanito, Stielike e Santillana. Una stagione particolarmente non da Real, quella, visto che le merengues riescono a perdere in volata cinque competizioni su cinque: oltre alla Coppa delle Coppe, infatti, sfuma il campionato per un punto in favore dell’Athletic Bilbao, la Coppa di Spagna e la Coppa di Lega contro il Barcellona, più la Supercoppa di Spagna contro la Real Sociedad. Uno zero su cinque difficilmente ripetibile, in negativo. Sono anni comunque in cui il Real Madrid è quasi un club come gli altri, che non spadroneggia come al solito nelle competizioni interne e in cui può persino uscire al primo turno di Coppa Uefa contro uno Sparta Praga qualsiasi, tipo nel 1983.

 

90’ “Molto longo”.

 

La situazione non migliora nemmeno nella stagione successiva in cui il Real ad aprile decide di cacciare l’allenatore Amancio, come Di Stefano ex bandiera del club da giocatore, per mettere al suo posto Luis Molowny, anche lui ex calciatore e stella dei Blancos, vincitore della Coppa Campioni nel 1957. Uno che il Real Madrid aveva strappato al Barcellona nel 1946 con una “magata” logistica, arrivando semplicemente per primo alle Canarie inviando un emissario in aereo invece che in nave come avevano fatto i catalani. Volare non era così facile come oggi. Molowny viene assunto per la quarta volta in qualità di traghettatore per portare a termine una stagione balorda in cui il Real è fuori dalla lotta per il titolo e ha perso 2-0 l’andata della semifinale di Coppa Uefa contro l’Inter. Spogliatoio e piazza in subbuglio, dentro il “normalizzatore” in attesa che la buriana si calmi. Da lì in avanti praticamente i Blancos non sbaglieranno più una partita, mentre la Liga è definitivamente andata: ribaltano 3-0 l’Inter al ritorno nella celebre sfida anticipata dalle dichiarazioni dell’attaccante Juanito sui “noventa minuti in Bernabeu molto longos”. Doppietta di Santillana e gol di Michel, poi in finale tutto facile contro gli ungheresi del Videoton, 3-1 per il Real nel doppio confronto. In campo c’è già il simbolo di quella nuova generazione, un attaccante nato e cresciuto nel centro di Madrid che si chiama Emilio Butragueño. Anche l’anno dopo il Real vincerà la Coppa Uefa, stavolta battendo in finale il Colonia e sempre con Molowny in panchina ormai non più solo traghettatore. Curiosamente di nuovo sulla sua strada incontrerà l’Inter in semifinale, che dopo il 3-1 di San Siro viene travolta 5-1 al Bernabeu, ai tempi supplementari. Pure qui, tutto “molto longo”.

Maledizione semifinale

 

Quando finalmente il Real riesce a vincere la Liga nel 1986 dopo sei anni di astinenza e può tornare a disputare la Coppa Campioni è come se si trovasse un muro davanti, una sorta di maledizione. Per tre volte consecutive infatti esce in semifinale. La prima è contro il Bayern Monaco in una sfida altamente polemica in cui nella gara d’andata Juanito calpesta Lothar Matthaeus e si becca addirittura cinque anni di squalifica, con il Bernabeu costretto a rimanere a porte chiuse per due partite. La seconda è se possibile la più dolorosa, senza perdere mai contro il Psv Eindhoven, che va in finale per aver segnato un gol in più in trasferta, 1-1 e 0-0. La terza la più celebre, almeno alle nostre latitudini, perché è quella che si consuma di fronte al Milan di Arrigo Sacchi, che nell’aprile del 1989 va a Madrid a dominare mettendo i giocatori del Real per oltre venti volte in fuorigioco, strappando l’1-1, e che al ritorno umilia i Blancos 5-0 con cinque marcatori diversi: Ancelotti, Rijkaard, Gullit, Van Basten e Donadoni. Un Milan che eliminerà anche l’anno successivo il Real in Coppa Campioni, ma solo al secondo turno, quando i sorteggi potevano mettere di fronte due superpotenze già all’inizio del torneo: 2-0 a San Siro (Rijkaard e Van Basten) e 1-0 per i madridisti al Bernabeu (Emilio Butragueno).

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