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Cresciuto nei Red Devils, il gallese incarnò la prima fase dell’era Ferguson: con Cantona formò una coppia d’attacco tra le più temibili della Premier League
Centravanti potente, capace di far salire la squadra e di sorprendere i portieri avversari con incredibili tiri al volo, Mark Hughes è stato l’attaccante simbolo del ritorno alla vittoria del Manchester United, con Ron Atkinson, prima, e con Alex Ferguson, poi.
Leslie Mark Hughes nasce il 1° novembre 1963 a Ruabon, nel nord del Galles. In questa parte del paese il rugby non è lo sport più popolare, il padre di Mark aveva giocato come portiere e anche lui scelse il calcio. È notato dal talent scout dello United Hugh Roberts, quando 12enne giocava contro ragazzi di quattro anni più grandi di lui, e ingaggiato nel 1980. L’esordio in prima squadra arriva tre anni dopo. All’inizio Hughes era utilizzato da centrocampista o esterno, ma presto Atkinson si accorge delle doti offensive del ragazzo, così da "rompere" la coppia d’attacco Stapleton-Whiteside, spostando il secondo a centrocampo accanto a Wilkins per fare posto davanti al giovane 21enne. La scelta paga soprattutto nella stagione successiva, dopo l’addio di Wilkins, passato al Milan: nel 1984-85 Mark segna 24 reti stagionali, guidando lo United alla vittoria nella FA Cup e al quarto posto in campionato, ripetendosi poi nella stagione successiva con 18 centri totali. Il tutto malgrado qualche fermata di troppo al pub vicino al campo di allenamento per una bevuta con i compagni di squadra.
Il 30 aprile 1985 è il giorno del destino. Il Galles affronta la Spagna per le qualificazioni ai Mondiali a pochi chilometri da casa Hughes, a Wrexham. I draghi rossi vincono 3-0 e l’attaccante realizza uno spettacolare gol in rovesciata: punizione dalla trequarti di Nicholas, respinta di testa della difesa, la palla rimbalza a pochi metri dal limite dell’area di rigore, dove Hughes la colpisce esibendosi in una sforbiciata che si insacca all’incrocio dei pali mentre il portiere Arconada disperatamente tenta di raggiungerla. Il mondo si accorge di lui e in particolare l’allenatore Terry Venables. Il tecnico stava tentando di esportare al Barcellona il suo calcio palla a terra che tanto successo aveva avuto al QPR e individua nel gallese – e successivamente nell’altro britannico Gary Lineker – gli attaccanti con cui forgiare i blaugrana in versione anglosassone. Le cose non andarono benissimo, l’attaccante ha difficoltà ad adattarsi ai ritmi compassati del calcio spagnolo ed è ceduto al Bayern Monaco dopo una sola stagione. Benché si giocasse un calcio più fisico e adatto alle sue caratteristiche, anche in Germania Hughes delude le attese, ma qualcosa, a casa sua, era cambiato.
Dopo una prima stagione interlocutoria, Alex Ferguson ingaggia il figliol prodigo nell’estate del 1988 per riportare il Manchester United ai fasti del passato. Per raggiungere il suo obiettivo, stava imponendo non solo un nuovo stile di gioco più tecnico, ma maggiore disciplina dentro e fuori dal campo. Hughes accetta di buon grado le nuove regole, torna a casa e diventa il fulcro dell’attacco dei Red Devils. Accanto a Brian McClair vince di nuovo l’FA Cup. È il trofeo che dà il via all’epopea più vincente del calcio mancuniano. La prima fase della costruzione dell’era Ferguson culmina con l’acquisto del francese Eric Cantona, con cui il gallese forma nella prima metà degli anni Novanta la coppia d’attacco più temibile della Premier League, portando a casa due titoli consecutivi, i primi dopo 26 anni. La sua storia con il Manchester United si chiude nel 1995 con 467 presenze e 163 gol, due vittorie del campionato, tre FA Cup, una Coppa di Lega, tre Charity Shield, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea.
Non si ferma però la carriera di calciatore di Hughes. Passa al Chelsea e tra il 1995 e il 1998 alza al cielo un’altra FA Cup, una Carabao Cup e ancora la Coppa delle Coppe. Poi fu al Southampton, all’Everton e al Blackburn dove vince un’altra Coppa di Lega. Hughes ha vestito 72 volte la maglia del Galles, segnando 16 reti. La sua carriera da allenatore è stata più avara di successi. Ha guidato nell’ordine il Galles, il Blackburn, il Manchester City, il Fulham, il QPR, lo Stoke, il Southampton e il Bradford la scorsa stagione.
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