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L’ex esterno azzurro fu grande protagonista a San Siro nel ’94: «Mi tolsero un gol per colpa
di un lieve tocco di Jonk»
Una vittoria attesa più di venticinque anni: un tabù infranto al termine di una gara quasi perfetta e che ha messo in evidenza un invidiabile spirito di gruppo. L’11 dicembre del 1994 il Napoli si è regalato una giornata da ricordare: gli azzurri, guidati in panchina da Vujadin Boskov, si sono imposti allo stadio Meazza contro l’Inter, grazie ai gol di Renato Buso e Cruz. «È un piacere essere ricordato ancora oggi per quella partita e quel gol - ricorda l’attaccante esterno degli azzurri -, vincere a Milano non era affatto facile, e il Napoli non ci riusciva da tanto tempo. Quel giorno fummo protagonisti di una prestazione di grande livello che ci permise di sfatare un tabù».
Il Napoli sconfisse i nerazzurri, che erano guidati in panchina da Ottavio Bianchi. Buso sbloccò il risultato, poi Taglialatela respinse un rigore di Sosa e infine arrivò il gol di Cruz su calcio di punizione. «Giocare a San Siro era sempre bellissimo. Uno stadio meraviglioso che ti regalava grandi sensazioni. Per noi vincere fu un grande traguardo, anche alla luce dei tanti anni nei quali il Napoli non riuscì a fare risultato. Eravamo una bella squadra, che era reduce da anni importanti e che si stava ristrutturando, nonostante qualche problema societario. L’anno prima con Marcello Lippi chiudemmo al sesto posto e raggiungemmo la qualificazione in Coppa Uefa. In quella stagione ci ripetemmo, anche se fallimmo di poco l’obiettivo europeo».
Buso, qual è il suo primo ricordo di quell’Inter-Napoli del dicembre del 1994?
«Che nei tabellini non compare il mio nome tra i marcatori, nonostante il gol sia mio a tutti gli effetti. Purtroppo in quegli anni, ogni piccola deviazione portava all’assegnazione di autoreti. Sul mio tiro ci fu una leggera deviazione di Jonk: motivo che spinse molti a considerarlo un autogol. Purtroppo non si trattò di un caso isolato. Io non sono mai stato un grande bomber, ma almeno una decina di reti mi sono state tolte per deviazioni o tocchi impercettibili».
Gol a parte, battere i nerazzurri non fu facile...
«Erano parecchi anni che il Napoli non vinceva in casa dell’Inter. Neanche il gruppo di Maradona ci era riuscito. La nostra squadra era formata da giovani rampanti e calciatori esperti. Forse ci mancava un po’ di convinzione e un pizzico di esperienza. Quel successo ci permise di guadagnare autostima e credere nelle nostre capacità. Mi fa molto piacere ricordarlo, anche perché sono stato quasi un doppio ex».
In che senso?
«Quando lasciai la Lazio, trovai l’accordo per passare all’Inter. Il mio manager Branchini mi disse che era tutto fatto. Mi trovavo, nel vero senso della parola, in viaggio per raggiungere Milano per firmare il contratto, quando mi richiamò e mi disse che era saltato tutto. Ci furono dei problemi con un’altra trattativa che riguardava i due club di Milano: i rossoneri avevano preso Moriero, ma alla fine Galliani e il presidente dell’Inter fecero uno scambio che portò Moriero all’Inter e Cruz, il difensore centrale brasiliano, al Milan. Chiaramente il mio ruolo fu occupato da Moriero e per me non ci fu più spazio. Non ho mai capito cosa sia successo veramente».
Che Napoli era quello di quegli anni?
«Era un Napoli forte, dopo gli anni di Maradona e la fine di quel ciclo. C’erano bei giocatori: Pino Taglialatela in porta, un giovane Cannavaro che si stava facendo largo in difesa, Boghossian, Policano, Pecchia. Senza dimenticare Agostini in attacco. Era una squadra che si stava rifondando. La stagione prima, con Lippi in panchina, c’erano anche Di Canio e Fonseca in attacco. Motivo che spinse Lippi a spostarmi nel ruolo di esterno a destra. E le cose andarono molto bene».
Cosa ricorda della sua avventura a Napoli?
«Fu un’esperienza bellissima. Una piazza che mi consacrò. A Napoli ho cambiato ruolo e ho sfiorato la Nazionale. E in quegli anni era molto più complicato arrivarci. Le squadre erano piene di giocatori italiani ed esistevano dei blocchi che difficilmente si riuscivano a scardinare. Lippi e Boskov furono due grandi maestri. E poi, con un pizzico di orgoglio, posso dire di aver avuto un rapporto speciale con la piazza: i tifosi mi volevano bene e forse hanno capito e apprezzato l’impegno che ho messo».
Il suo Napoli vinse a Milano dopo 25 anni, quello di oggi, con lo scudetto sul petto, va a San Siro per provare a fermare la corsa dei nerazzurri.
«Rispetto allo scorso anno è cambiato tutto. L’Inter in campionato sta facendo benissimo. Il Napoli purtroppo non è partito bene e ha avuto problemi nel rincorrere. È un momento difficile e non sarà facile fermare i nerazzurri. Le due squadre sono reduci dall’eliminazione in Champions e avranno voglia di riscattarsi».
Chi potrebbe pagare qualcosa dal punto di vista psicologico?
«Difficile dirlo: entrambe se la sono giocata con le loro armi, facendo il massimo. Il Napoli ha tenuto testa al Barcellona e meritava di più. L’Inter è stata molto sfortunata con l’Atletico Madrid. Ha perso, ma è stata punita dagli episodi».
Cosa è successo al Napoli quest’anno?
«Da lontano ho avuto l’impressione che non ci siano stati dei comportamenti esemplari nei confronti del tecnico. Atteggiamenti dei singoli, che alla lunga si pagano. Ma c’è ancora tempo per provare a dare una sterzata. Magari partendo proprio da San Siro».
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