Quella strana notte di Marsiglia-Milan

Quella strana notte di Marsiglia-Milan

Quarti di finale Coppa dei Campioni 1990-91, i rossoneri non riescono ad avere la meglio sui francesi: le luci si spengono sulla competizione più importante

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Quando la sera del 6 marzo 1991 l’arbitro Bruno Galler fischia la fine della partita di andata a Milano tra Milan e Olympique Marsiglia, valida per l’andata dei quarti di finale della Coppa dei Campioni, San Siro è avvolto in un inquietante silenzio. La partita si è appena conclusa sul punteggio di 1-1. Come Milan-Stella Rossa tre anni prima, ultima volta in cui i rossoneri avevano subito un gol in casa nella massima competizione europea. Ma se dopo la partita con gli slavi, la rabbia del Milan era evidente per l’occasione sprecata a tal punto da portare ad immediati proclami di vittoria a Belgrado quindici giorni dopo, rilasciati dai protagonisti nelle interviste post partita, al termine della disputa con i francesi ombre lunghe ed inquietante silenzio calano sull’ambiente rossonero. Ma facciamo un passo indietro.

 

Il “nuovo” Milan

L’inizio della stagione 1990-91, vede un Milan carico di gloria ed onori presentarsi ai nastri di partenza. La squadra rossonera si è riconfermata Campione d’Europa per la seconda volta consecutiva, vittoria che ha di fatto mitigato lo scudetto lasciato per strada in qualche modo ad appannaggio del Napoli. Il Milan cambia poco, i meccanismi sono rodati, la squadra viene svecchiata in alcuni ruoli, con l’innesto di alcune seconde linee di affidamento. Quando la stagione prende il via i problemi dei rossoneri non sono ne tecnici ne tattici; ma ve ne è uno più grande che alla lunga finirà per pesare sulla resa della squadra. Il terreno di San Siro è assolutamente inadatto ad ospitare una qualunque partita di categoria. Problematiche in termini di idratazione e riscaldamento del campo, unite a non corrette valutazioni dell’impatto della copertura sull’ambiente di gioco rendo il manto erboso una sorta di moquette che si strappa a pezzi durante le giornate belle ed un vero e proprio acquitrino sabbioso quando le giornate sono fredde e umide. In entrambi i casi giocare su quel manto è veramente difficoltoso, soprattutto per una squadra come quella rossonera che basa il suo gioco su tecnica e pressing. Tali circostanze di fatto rendono le prestazioni dei rossoneri in casa molto faticose in termini di impatto fisico, circostanza questa che porterà a lunghi periodi di appannamento della squadra, appannamento che avrà la sua punta massima proprio nel mese di marzo in concomitanza con le partite con i francesi che i rossoneri disputeranno in debito di gambe e ossigeno. La stagione in Coppa dei Campioni per i rossoneri prende il via dagli ottavi di finale. Il Milan in quanto detentore del trofeo viene di fatto esonerato dalla disputa del primo turno. L’avversario sorteggiato è il Bruges, squadra belga. Si tratta di una compagine ostica per i rossoneri, ancora memori dell’immane fatica spesa per eliminare durante l’edizione precedente i conterranei del Malines e che pratica un tipo di gioco molto chiuso e ostruzionistico. Le previsioni fatte in sede di sorteggio trovano la loro puntuale conferma durante la partita di andata a San Siro, che si chiude sullo 0-0, anche in virtù di un macroscopico errore dell’arbitro Forstinger che non concede un rigore solare ai rossoneri dopo un minuto di gioco per un fallo del portiere Verlinden su Marco Van Basten, episodio che probabilmente avrebbe indirizzato verso una comoda discesa la partita della squadra milanese. Il peggiore dei risultati positivi, costringe il Milan ad andarsi a giocare la qualificazione in terra fiamminga. I belgi subodorano la possibilità del grande colpo e rendono la trasferta dei rossoneri un vero inferno, tra biglietti distribuiti ai tifosi italiani in settori di ultrà belgi, fino ad arrivare al boicottaggio delle postazioni in tribuna stampa verso i giornalisti italiani. Tutte circostanze che rendono nervoso l’approccio dei rossoneri al match. La partita si gioca su un terreno di gioco non particolarmente esteso, per favorire la tattica ostruzionistica dei belgi, e quando al primo minuto della ripresa Carbone finalmente toglie le ragnatele dall’incrocio della porta di Verlinden con un gran tiro da lontano, è chiaro che la qualificazione è decisa. I belgi, vistisi perduti, picchiano ed intimidiscono, fino a quando al minuto 84 Marco Van Basten reagisce con una gomitata in volto, all’ennesimo colpo subdolo del suo diretto marcatore Plovie. Dalla tribuna il fallo non appare così “cattivo”, ma l’arbitro Syme della federazione scozzese estrae il cartellino rosso diretto. Per tale episodio la Uefa sanziona l’olandese con quattro turni di squalifica. Il ricorso del Milan li abbassa a tre e i buoni uffici dei legali dei rossoneri impediscono che la squalifica possa essere estesa alla finale di Coppa Intercontinentale che da li a poco si sarebbe disputata a Tokyo contro Olimpia di Asuncion. Il cigno di Utrech quindi salterà la finale di ritorno di Supercoppa Europea con la Sampdoria e le due partite dei quarti di finale di Coppa Campioni contro l’avversario che verrà sorteggiato a fine dicembre. A penalizzare i rossoneri ci si mette anche la cattiva sorte, quando durante Milan-Lazio del 17 febbraio 1991 uno scontro fortuito tra Pazzagli e Baresi, provoca a quest’ultimo un problema alla spalla che di fatto lo estromette dalla sfida di andata contro i francesi. Quando il Milan scende in campo a San Siro contro l’Olympique di fatto è quindi privo di due dei suoi pilastri.

 

Il Marsiglia di Tapie

Sulla sponda francese la stagione inizia con i favori del pronostico per quanto concerne i tornei nazionali e con un grande desiderio di rivincita dopo l’eliminazione subita un anno prima in semifinale di Coppa Campioni dal Benfica grazie ad un gol di mano di Vata. Tapie, personaggio istrionico, ingaggia Franz Beckenbauer in un ruolo ibrido tra la dirigenza e il campo. Dopo poche settimane esonera il tecnico Gilì e affida la squadra al santone Raymond Goethals. Quando dalle urne della Uefa esce il nome Milan, i francesi hanno negli occhi la prestazione suntuosa che la squadra di Milano aveva disputato qualche giorno prima a Tokyo, ma nasce in loro la convinzione di poter eliminare questa formazione favolosa. Ricorderà anni dopo Goethals, come dal giorno del sorteggio la loro attenzione fosse totalmente e unicamente rivolta alla preparazione della partita con il Milan, circostanza questa che porterà alla perdita di un qualche punto in campionato. Pertanto quando i francesi scendono in campo a San Siro, conoscono praticamente ogni cosa dei loro avversari nei minimi dettagli. Fin dalle prime battute della partita si ha la percezione che la serata non sarà facile per il Milan. I francesi sono compatti e organizzati e per nulla intimoriti dal blasone del nobile avversario. Al 14 minuto la dea bendata sorride ai rossoneri che passano in vantaggio con Gullit (che non segnava in Europa dalla finale di Barcellona con lo Steaua), abile a sfruttare un marchiano errore della retroguardia transalpina. Tutto in discesa? Neanche per sogno. L’Olympique riprende il gioco come se nulla fosse accaduto, esattamente come tre anni prima aveva fatto il PSV Eindhoven a Madrid nella semifinale di andata di Coppa Campioni, quando dopo sei minuti andò in svantaggio con un rigore di Sanchez figlio di un errore marchiano della difesa di casa Philips. La squadra macina gioco grazie soprattutto ai movimenti di Abedì Pelè e di Waddle, il primo leggermente arretrato rispetto alla sua posizione abituale al fine di cercare di creare superiorità a centrocampo, il secondo con un raggio di azione ampio rispetto alla sua posizione solitamente avanzata al fine di “far uscire” la difesa rossonera. E come il PSV tre anni prima i francesi impattano in poco tempo. Al minuto 26, il tandem Pelè-Waddle confeziona il pareggio. Pelè salta di netto Ancelotti a centrocampo, imbeccando l’inglese che astutamente aspetta l’attimo in cui la difesa rossonera inizia a salire per smarcare con il suo magico sinistro Papin il quale tutto solo in area di rigore trafigge Pazzagli con un perentorio rasoterra. Il gol è una doccia gelata per i rossoneri che all’improvviso perdono certezze, rendendosi conto che l’improvvisare nella difficoltà, contro avversari del genere, avrebbe portato ben pochi risultati. Il resto della partita scorre via con i francesi sempre più padroni del campo e il Milan incapace di abbozzare una qualsiasi reazione anche in virtù di un vistoso calo fisico. Francesi capaci di arrivare a un soffio dal raddoppio quando nella ripresa Pelè anticipando il suo diretto marcatore, indirizza una palla rasoterra velenosissima verso la porta rossonera, palla che termina la sua corsa sul palo a Pazzagli battuto. Quando viene fischiata la fine del match il punteggio tiene ancora in gioco i rossoneri, ma tutte le certezze mentali degli uomini di Sacchi sono venute meno dopo quella imponente lezione di gioco. Mancanza di certezze che avrà anche degli strascichi decisivi nelle settimane successive nei rapporti tra i giocatori e l’allenatore, uomo a cui una troppo frequente lettura superficiale della storia del calcio, attribuirà tutte le colpe di questa stagione incolore. Risiede nella perdita delle proprie certezze che il Milan lascia la qualificazione. La domenica successiva i rossoneri perdono male a Genova contro la Sampdoria lanciata verso il suo primo tricolore.

 

Il ritorno in Francia

Domenica 16 marzo 1991, quattro giorni prima della partita di ritorno in Francia i rossoneri perdono in casa contro Atalanta, giocando una prova opaca e priva di mordente, caratterizzata da una prestazione di Marco Van Basten ai limiti dell’irritazione. Con questa sconfitta la stagione in Italia appare totalmente compromessa e pertanto il passaggio del turno di coppa diventa una tappa obbligatoria. La trasferta francese si preannuncia infuocata, tanto più quando una segnalazione credibile (sembrerebbe di un dimissionato Beckenbauer verso la dirigenza del Milan), consiglia ai rossoneri di cambiare albergo all’ultimo momento e di portarsi dall’Italia ogni sorta di genere alimentare, acqua compresa, onde evitare problemi di “intossicazione” che già avrebbero “colpito” i polacchi del Lech Poznam, distrutti per 6-1 in Francia nel turno precedente a fronte di una prestazione polacca sconcertante sotto il profilo fisico. Il Milan adotta tutte le precauzioni del caso e si presenta il 20 marzo 1991 in un Velodrome infuocato, pronto a giocarsi ogni possibilità. Quando la partita ha inizio sotto gli ordini dell’arbitro Karlsson in campo c’è decisamente un altro Milan rispetto alla partita di andata. Il ritorno di Baresi e la posta in gioco danno linfa vitale ai rossoneri, che provano in tutti i modi a sbloccare una partita contratta e con poche occasioni da rete. Il forcing meneghino produce un colpo di testa di Gullit deviato in angolo da Olmeta ed una punizione di Evani che lo stesso estremo difensore francese alza sopra la traversa. Al minuto 75 pero i francesi passano. Un cross di Pelè trova la testa di Papin che allunga sul secondo palo per il funanbolo Waddle che di prima intenzione trafigge Rossi (sostituto di Pazzagli e all’esordio europeo assoluto) con un rasoterra chirurgico. Il Milan schiuma rabbia per un vantaggio immeritato ma non ha più le forze e la testa per risollevare le sorti di un doppio confronto che sta scivolando via sia per meriti altrui ma anche per colpe proprie. Al minuto 42 all’improvviso il Velodrome rimane parzialmente al buio per lo spegnimento di un riflettore e la partita si interrompe. Nel corso degli anni diverse sono state le ipotesi in merito a questo fatto.

Si è parlato di guasto, ma anche dello spegnimento voluto dai gestori dello stadio, legato ad una interpretazione maldestra di un fischio dell’arbitro, inteso erroneamente come fischio finale, in ottica di festeggiare la qualificazione sparando nel buio della notte di Marsiglia fuochi di artificio. I minuti successivi sono concitati e tristemente noti. Il Milan dopo mille discussioni si rifiuta di rientrare in campo e l’arbitro svedese altro non può fare che considerare la partita terminata. Il giorno dopo le linee telefoniche degli uffici della Uefa sono roventi. Si inizia a ventilare l’ipotesi di una pesante squalifica ai danni del Milan per comportamento antisportivo. Risulta evidente che la condotta dei rossoneri è risultata anomala e sicuramente da biasimare fortemente, ma diverse circostanze si rendono oggetto da parte dell’organo giudicante della Uefa di letture perlomeno parziali. Emergerà negli anni come non fu il referto dell’arbitro Karlsson a far sanzionare il Milan bensì il rapporto del delegato turco della Uefa Senes Erzik (uomo che proprio non porterà fortuna al Milan dato che nello stesso ruolo assisterà alla finale di Coppa Intercontinentale giocata nel 1993 tra i rossoneri ed il San Paolo e persa dal Milan 3-2), che calcherà la mano solo sulla condotta dei rossoneri. Viene tralasciato, negli atti, il fatto che la partita era stata interrotta per un lasso di tempo superiore a quello previsto dai regolamenti dell’epoca, circostanza questa che avrebbe dovuto comportare delle sanzioni anche ai francesi. Totalmente sorvolato inoltre l’aspetto della sicurezza non garantita con estranei presenti a bordo campo che hanno impedito ai giocatori rossoneri, anche con maniere non proprio educate, di rientrare negli spogliatoi. Il Milan comunque decide non presentare ricorso e presenta le scuse ufficiali alla Uefa per quanto accaduto, ma tale tardivo pentimento di fatto non eviterà la squalifica di un anno dalle coppe alla squadra meneghina. La mano pesante della Uefa si abbatte sempre lo stesso giorno anche sulla Dinamo Dresda, protagonista di un altro quarto di finale contro la Stella Rossa, le cui intemperanze dei tifosi hanno portato alla sospensione della partita ad un quarto d’ora dal novantesimo. I tedeschi infatti verranno squalificati per due anni dalle manifestazioni della Uefa. Sempre lo stesso giorno, quasi come una beffa del destino, la Uefa finalmente accoglierà la richiesta di cambiare il format della Coppa dei Campioni, istituendo la formula dei due gironi finali che avrà inizio dalla edizione 1991-92 e che tanto aveva trovato il sostegno del Presidente Silvio Berlusconi. Si conclude così in modo poco decoroso l’epopea del Milan di Sacchi in Europa. Sacchi che diversi anni dopo confiderà in una chiacchierata allo scrivente come l’importante prestazione dei francesi nella partita a Milano, sotto il profilo fisico, gli abbia sempre lasciato qualche retro pensiero.

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