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Nasceva 150 anni fa lo scienziato bolognese, che in fondo ha rivoluzionato anche le nostre domeniche
Auguri Guglielmo Marconi, il bolognese inventore della radio. O meglio di quegli strumenti necessari per trasmettere a distanza attraverso le onde lunghe, e quindi la radio. Qua comunque non parleremo di Marconi, nato il 25 aprile del 1874, ma di come la sua invenzione, tanti anni dopo, ha cambiato la vita di tutti noi, attraverso le domeniche, diventate poi anche sabato, venerdì e in sostanza tutti i giorni, passate con un orecchio attaccato a quello strumento magico, così vecchio e così giovane al tempo stesso.
Che calcio sarebbe senza la radio? Un altro pianeta, senza dubbio. Radio che può riverberarsi non solo nelle trasmissioni in diretta, ma anche attraverso i podcast, le chiacchierate sul pallone e sulla storia del pallone, fermo restando che il programma più nostro, unico e inimitabile, con svariati tentativi di imitazione anche all'estero, si chiama "Tutto il calcio minuto per minuto".
Di quando le domeniche pomeriggio si andava allo stadio a seguire la propria squadra e intanto, ma solo dopo l'intervallo per motivi di sicurezza (così si diceva allora), si fantasticava su quale fosse il risultato sugli altri campi. Perché si giocava tutti alla stessa ora, nel primissimo pomeriggio in inverno per avere ancora la luce, o via via più tardi in primavera, con le giornate più lunghe.
Un carosello di nomi, di espressioni entrate nel nostro vocabolario comune, con in sottofondo l'atmosfera dei vari stadi, l'ambizione di percepirsi da Catanzaro a Udine, da Cagliari a Bari, senza nemmeno spostarsi ma solamente ascoltando le voci dei narratori delle partite. E non è un caso che in Spagna, per esempio, il "Tutto il calcio minuto per minuto" locale si chiama "Carrusel deportivo", "Carosello sportivo".
Se la televisione è stato uno dei primi mezzi di alfabetizzazione dell'italiano medio, la radio è stata quella che ci ha insegnato i trucchetti del mestiere, dal "clamoroso al cibali" allo "scusa Ameri".
Talmente dentro la nostra società da diventare anche co-protagonista di alcuni film di culto: come dimenticare ad esempio "Eccezzziunale veramente" con Diego Abatantuono che è al cinema con Stefania Sandrelli e intanto da un orecchio sta ascoltando l'evolversi di Cagliari-Milan? O il "Chi ha fatto palo?" di Paolo Villaggio in "Il secondo tragico Fantozzi", dopo aver sfondato una finestra con un pugno? Ricevendone in cambio uno in faccia, però...
Dal 1959 ad oggi "Tutto il calcio minuto per minuto", adattatosi al nuovo calcio-spezzatino, ci ha accompagnato sempre con una certa delicatezza, senza mai invadere gli spazi.
Con la poesia vera rappresentata dalle varie voci che si palleggiavano il tempo della trasmissione, un ordine rigorosissimo in base all'importanza della partita: dallo studio centrale Roberto Bortoluzzi, per esempio, come un grande direttore d'orchestra che dava il via al concerto.
Il "dualismo" tra Enrico Ameri, il suo ritmo incalzante, e Sandro Ciotti, la sua voce roca impreziosita da un vocabolario quasi da alieno rispetto all'argomento trattato ("Ventilazione inapprezzabile", "Mediano di spinta"), l'autorevolezza che emanava Alfredo Provenzali, giù giù fino alla Serie B, con in questo caso solitamente Ezio Luzzi inviato sul campo principale della categoria cadetta.
In mezzo, senza anticipi e posticipi, nomi e accenti che abbiamo imparato a conoscere a memoria. Ciascuno con il suo stile, con le sue espressioni-feticcio.
Ma qui non possiamo dimenticare il papà o il nonno di tutti i radiocronisti, quel Nicolò Carosio che da bordocampo, col suo cappello in testa e pochissime concessioni allo spettacolo, raccontava le partite e ci faceva immaginare di essere lì, accanto a lui.
Anche Carosio frutto inevitabile di quell'invenzione magica, la radio, per cui dobbiamo ringraziare Guglielmo Marconi.
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