Lo Stadio Olimpico, Roma-Torino e quel giorno quando morì Senna

Lo Stadio Olimpico, Roma-Torino e quel giorno quando morì Senna

Era il 1° maggio 1994, se ne andò uno dei campioni più grandi della storia della Formula 1 e tutti compresero il dramma anche chi lo visse aspettando di assistere a una partita di calcio

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«Non correre domani; piantiamola qui e andiamocene a pescare, hai già vinto tre titoli mondiali», gli aveva detto Sid Watkins, il dottore dei gran premi.

«Devo continuare Sid, non possiamo controllare tutto» aveva risposto Senna.

Claudia quel giorno era allo stadio, all'Olimpico di Roma, per Roma - Torino. Stadio pieno e partita a suo modo importante, soprattutto per i giallorossi che dopo aver rischiato la retrocessione ora aspiravano a un piazzamento UEFA.

All’inizio del Campionato del mondo di Formula Uno del 1994, Ayrton Senna viveva egli stesso un passaggio epocale: approdato alla Williams, fino a quel momento scuderia perfetta e imbattibile, si era scoperto ancora più solo, pur essendo stato da sempre un solitario. Non aveva più il nemico del cuore: Alain Prost aveva detto basta, dopo essere stato per quattro volte Campione del Mondo. Con chi avrebbe potuto, ora, iniziare a interfacciarsi? Per quanto tempo ancora, poi? Forse Senna non lo ammetteva nemmeno davanti allo specchio, ma in fondo sapeva, perché il campione lo sa sempre, che alle sue spalle, senza essere disposto ad alcuna attesa, era sorto il pilota del futuro, calpestando a furia di staccate il suo presente: Michael Schumacher era già una realtà, altrimenti non lo avrebbe affrontato così platealmente già al Gran Premio di Francia del 1992. Nel branco ci si riconosce a vicenda, fiutandosi.

Claudia non ricorda bene la comitiva di quel qiorno allo stadio; nemmeno ricorda se fossero soltanto amici o se in mezzo a loro ci fosse un aspirante fidanzato, o un flirt già in atto addirittura. Ricorda gli umori, il sole di Roma già caldissimo, Cornetti Algida e canottiere. Peppe Giannini bello come il sole, per lei eternamente innamorata del Principe.

E il Primo Maggio del 1994 cominciava il suo mondiale, Ayrton, dopo i primi gran premi a zero punti. Un Mondiale già listato a lutto per un sabato maledetto. Si chiamava Roland Ratzenberger, era appena arrivato; il tempo di una stretta di mano con quell’austriaco dai capelli neri, dal sorriso franco. La Simtek si era sbriciolata in un angolo delle inquadrature, sulla destra dei teleschermi, con le telecamere non ancora del tutto posizionate. Poi le gambe scoperte del pilota, il casco piegato di lato, accento circonflesso di un dolore incredulo. La Formula Uno tornava ad aver paura; il campione si era imposto di piangere, in un angolo nascosto del suo box, appena saputo il bollettino medico dall’ospedale di Bologna. Era la sua catarsi di quel giorno da rimuovere, da far poi svanire dentro l’abitacolo della Williams nel quale era stata modificata la posizione di guida, dopo le sue pressanti richieste. E ora il volante era inclinato come lo voleva lui. Come avevano fatto?

Claudia sul maxi schermo dell'Olimpico, già abbastanza gremito, aveva seguito la partenza e i primi giri, per quanto possibile dalla sua prospettiva e col sole alto che impallava un poco lo schermo. Trent'anni fa. O, forse, un solo giorno: come se il tempo per certe vicende non trascorresse; come se certe sensazioni fossero destinate a non trascorrere. Perché? Perché come esistono i luoghi dell’anima, allo stesso modo esistono i campioni dell’anima, quelli che non abitano soltanto nei ricordi degli appassionati ma anche nelle sensazioni, nitide come all’epoca in cui le hanno fatte provare, che restano immutate.

 

L’incidente di Senna

 

La voce di Mario Poltronieri, sempre in perfetto controcanto rispetto al frastuono dei pistoni, riferisce di un incidente al Tamburello. «È Senna»: il pubblico dello stadio comprime il clamore in un brusio, a metà strada tra perplessità e voglia di saperne immediatamente di più. L'attesa per quella partita, così importante, contro una diretta contendente e aspettando il risultato del Napoli, passa in secondo piano. Entra in scena la radio. Le radio, anzi. Tutte quelle che sono allo stadio. Tascabili, con cuffiette, già quasi microscopiche.

«Non possiamo controllare tutto» aveva detto Ayrton all'amico medico.

Quello può farlo solo Dio, in effetti. Lui ci dialogava, sempre, con Dio, anche mentre fissava le luci del semaforo, prima del via. La mattina, prima dei gran premi, apriva la Bibbia per leggere un passo a caso. Erano i suggerimenti del cielo, che lui riusciva sempre a tradurre. Quella domenica restò interdetto, prima di rasserenarsi; aveva letto che Dio gli avrebbe fatto il dono più grande: Dio stesso.

 

E poi Roma-Torino

 

Alle 16 la partita comincia, con la Roma quasi subito arrembante. Ci si concentra sulla partita, come è normale. Però è strano sentire nel gracchiare dei collegamenti sentire quasi più aggiornamenti da Imola che dai vari stadi per la A e la B. Invece della descrizione di un contropiede dell'Inter o di un palo colpito dalla Juventus nei minuti non collegati, i riferimenti al parere di Alain Prost nel paddock o al fatto che Berger è corso in ospedale.

Claudia esulta per il gol di Balbo poco dopo la mezz'ora, come esulterà nel secondo tempo per il raddoppio di Cappioli. Si gode le movenze eleganti del Principe, ogni volta che imposta il gioco. Ma nell'intervallo nessuno scherza o fa battute, come accade di solito soprattutto se la Roma sta vincendo. Tutti cercano di sapere, i piccoli apparecchi moltiplicano all'infinito le parole impatto, Williams, elicottero, clinica, bollettino. E Senna, ovviamente, parola che sembra quasi aver cambiato accento. Due sillabe con una crepa in mezzo. Claudia non osa chiedere, ma vorrebbe sapere, una volta sulla via del ritorno. Se il sole di Roma avesse gli occhi, li terrebbe bassi, poco dopo le sei e mezza del pomeriggio. Verso lo stesso punto dove guarda Claudia, che non capisce se una volta a casa voglia seguire i notiziari oppure no.

 

"Chiedi a chiunque cosa stava facendo il giorno in cui morì Ayrton Senna: tutti saranno in grado di rispondere” – (Lucio Dalla)

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