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Il più vincente calciatore spagnolo della storia è stato uno dei migliori centrocampisti di sempre grazie alla sua formidabile tecnica individuale e alla sapienza tattica, nonostante un fisico che poco combaciava con il gioco "moderno"
Da tempo Andrés Iniesta non è più nominato solo così, con nome e cognome, ma con il "Don" davanti che in spagnolo significa nobiltà. Iniesta il sangue blu calcistico se l'è guadagnato segnando il gol più importante (forse) nella storia del calcio delle Furie Rosse, quello decisivo nella finale del mondiale del 2010, a 6 minuti dalla fine contro l'Olanda. In realtà è stato in generale uno dei migliori centrocampisti quantomeno del nuovo millennio se non dell'ultimo mezzo secolo.
La storia di Andrés Iniesta è quella di un ragazzino che ha preso l'unica strada percorribile per diventare un calciatore di alto livello: alla faccia di un gioco sempre più fisico, nonostante fosse stato strappato da casa ancora bambino per rimanere nelle giovanili del Barcellona, con il duro lavoro e un'intelligenza tattica sopraffina è sempre stato il vero fuoriclasse di ogni squadra in cui ha giocato. Che poi sono state soprattutto il Barça, appunto, e la nazionale spagnola, oltre all'ultima comparsata al Vissel Kobe e all'Emirates Team.
Certo, con quel fisico minuto e la carnagione pallidina Iniesta non è mai stato uno da copertina, pochi muscoli (anzi, tendenzialmente di seta) ma in compenso un cervello superiore: totalmente ambidestro, nato come regista è poi diventato via via un incursore, perfetto per associarsi con il suo "gemello" Xavi.
Figlio della Spagna più profonda, quella Mancha celebre soprattutto per il romanzo "Don Chisciotte", di una cittadina minuscola (Fuentealbilla) dove fino a poco tempo fa in un bar lavoravano i nonni materni, Andrés adesso nella sua terra d'origine ha investito in vigneti, ma ha lasciato diversi frutti un po' ovunque in realtà.
Iniesta ha quarant'anni e un chilometraggio decisamente grande, visto che ha iniziato la sua carriera nel Barcellona ancora minorenne, lanciato da Louis Van Gaal e in seguito rifinito da Rijkaard. Nel 2006 è già nelle rotazioni dei titolari e vince la sua prima Champions League, ma è con Guardiola che lo conosce fin da quando era implume che Andrés compie quel passo decisivo.
A proposito di gol decisivi, è suo l'1-1 a Londra contro il Chelsea all'ultimo respiro che dà al Barcellona la finale di Champions poi vinta nel 2009. Per molti è persino più importante di Messi nell'economia della squadra, con le sue abilità tecniche racchiuse nel gesto della "croqueta", il dribbling stretto passandosi la palla da un piede all'altro.
Il ciclo di Iniesta è infinito ed è ad oggi il calciatore spagnolo con più titoli vinti in assoluto: ben 39. Ci sono club che hanno vinto in tutta la loro storia meno di Don Andrés. Incluso il mondiale del 2010 e ovviamente anche i due Europei tra 2008 e 2012 con cui completa un quadriennio irripetibile per chiunque, non solo in Spagna.
Straordinario a proposito dell'Europeo del 2012 uno scatto fotografico in cui Iniesta venne immortalato in mezzo a 4-5 giocatori dell'Italia intenti a cercare di rubargli il pallone, senza successo naturalmente. Grande controllo, grande sangue freddo, una classe enorme: questo era don Andrés, col suo metro e settanta e un fisico del tutto fuori moda rispetto alla modernità, ma sempre efficace.
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