Comunardo Niccolai, il numero 5 di una volta

Comunardo Niccolai, il numero 5 di una volta

Il difensore fu uno dei pilastri del Cagliari di Gigi Riva scudettato nel 1970 e giocò anche in nazionale. Eppure viene ancora ricordato, ingiustamente, per le sue autoreti

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Comunardo Niccolai, morto oggi a 77 anni, aveva tutto per essere "di un'altra epoca": un nome indimenticabile, l'essere stato il pilastro di una squadra altrettanto indimenticabile (il Cagliari scudettato del 1970) e aver avuto come gesto tecnico tipico qualcosa di antitetico allo spettacolo, ovverosia l'autorete.

La sua scomparsa ci commuove e ci dà l'occasione per fare un salto indietro di mezzo secolo. 

 

"Niccolai in mondovisione"

"Tutto mi sarei aspettato nella vita tranne che vedere Niccolai in mondovisione". Una frase così, quasi sicuramente apocrifa, non poteva che pronunciarla uno come Manlio Scopigno, l'allenatore "filosofo" di quel Cagliari che come stella assoluta aveva Gigi Riva ma che dietro aveva un blocco mai abbastanza celebrato.

I sardi vinsero lo scudetto nel 1970 con Riva sugli scudi, appunto, autore di 21 reti, ma al contempo con la miglior difesa della Serie A: appena 11 gol subiti in 30 partite, un record. Davanti ad Albertosi, tra gli altri, con il numero 5 dello stopper c'è questo pistoiese dal nome "rivoluzionario", come tante volte succede in Toscana. La fede politica del papà, comunque, non lasciava spazio a fraintendimenti.

E Niccolai andò "in mondovisione" perché oltre al Cagliari era nel giro della nazionale italiana che quell'anno volò in Messico a disputare il mondiale. Giocò 37 minuti contro la Svezia nell'esordio nella fase a gironi prima di uscire per infortunio e lasciare il posto a Rosato, che poi sarà uno dei migliori della spedizione.

Non una grande esperienza per lui in azzurro, al contrario dell'epopea con il Cagliari, una vita dedicata ai rossoblù con 12 stagioni di militanza, sempre lì al centro della difesa.

Un altro di quei figli adottivi della Sardegna come tanti altri compagni di squadra, un gruppo la cui unione è stata a dir poco commovente, sempre guidati dal faro Gigi Riva in campo e da Scopigno in panchina. La filastrocca Albertosi-Martiradonna-Zignoli-Cera-Niccolai-Tommasini eccetera, fino al numero 11. 

 

Il re delle autoreti

Oggi forse molte non gliene verrebbero contate, come a tutti del resto. L'autorete deve essere proprio un tocco netto su un cross e non è sufficiente che cambi anche solo leggermente la traiettoria di un tiro in porta. Certo, Niccolai come ricordava spesso Gigi Riva, di autoreti "non ne segnava tante ma erano eclatanti e quasi belle, non si sprecava a fare una semplice deviazione". Quindi autoreti vere, quasi con del merito dietro.

"Mi hanno dato una popolarità che non ho mai avuto", ammetteva di recente il buon Comunardo, che nella storia della Serie A non è in realtà il capocannoniere "al contrario" del nostro campionato. Quelli lo sono diventati Riccardo Ferri e Franco Baresi, ufficialmente a quota 8, mentre Niccolai si è fermato a 6.

Certo, a volte questi svarioni arrivavano nei momenti meno opportuni, tipo durante Juventus-Cagliari del campionato 1969-70, scontro diretto in chiave-scudetto: su cross di Furino infatti Niccolai intervenne con un perfetto colpo di testa anticipando anche il portiere Albertosi che aveva chiamato la palla. La partita poi sarebbe finita rocambolescamente 2-2.

"Autogol alla Niccolai", quasi proverbiale, simbolo di un calcio che non esiste più, in cui il numero 5 doveva marcare a uomo il centravanti avversario a ogni costo. Anche rischiando di segnare un autogol, per fermare il rivale. 

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