Bortolo Mutti, centravanti e allenatore

Bortolo Mutti, centravanti e allenatore

Una carriera vissuta per gran parte in provincia, prima collezionando gol, poi gruppi granitici capaci di imprese eccezionali

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Il pallone, che è un modo di definire il calcio anche in quei suoi angoli che non sempre sono sotto i riflettori, lo si racconta meglio attraverso quelle storie, quelle carriere e infine quelle vite che che hanno fatto su e giù, più di una volta, tra le ribalte importanti e quelle che un tempo si leggevano soltanto sulla schedina, o che oggi si seguono sui canali dedicati. Eppure dietro i nomi di quelle squadre, di quelle città quasi sempre di provincia, c'era e ci sarà sempre un calcio fatto di storie non meno belle e non meno appassionanti di quelle che tutti conosciamo; un calcio che oltretutto alimenta e giustifica quello del circuito metropolitano e delle prime pagine. Di stadi pieni, tifoserie che si mobilitano e traguardi a loro modo memorabili.

In quel calcio lì, su è giù tra due carriere, tra vari ambiti, tra i diversi volti dell'Italia da una latitudine all'altra e in fin dei conti per la maggior parte dei suoi giorni, ha abitato Bortolo Mutti da Trescore Balneario, provincia di Bergamo, settant'anni oggi, 11 agosto 2024.

Mutti, centravanti con la valigia 

Dal 1974 al 1989, come calciatore, ha fatto la spola tra nord e sud, tra categorie varie e piazze che spesso aspiravano al grande salto: Pescara, Catania, Brescia, Taranto, Mantova, fino alla chiusura col Palazzolo e con in mezzo tre anni a Bergamo, con la "sua" Atalanta. "Atri a piastrelle, di stazioni secondarie, strade più strade, di avventure solitarie... ": è stato un centravanti con la valigia, con un epilogo più felice e soprattutto più sereno rispetto alla "Signora Bovary" di Francesco Guccini, Bortolo Mutti, che ha sempre fatto gol ed è sempre stato titolare, ovunque abbia giocato. Quel grande salto di cui sopra le sue reti lo hanno spesso reso possibile, come nel caso della promozione in A del Brescia al termine della stagione 1979-80 o di quella dell'Atalanta alla fine del campionato cadetto 1983-84. Dopo la trafila con le giovanili dell'Inter, una vera e propria chance in nerazzurro non l'ha avuta, quindi gli è toccato mettere un bel po' di gol in valigia per tutte quelle piazze dove ancora oggi ricordano la sua regolarità realizzativa e la persona seria che Bortolo Mutti è sempre stato, come poi avrebbe confermato una volta appesi gli scarpini al chiodo e iniziata la carriera da allenatore.

Mutti, il mister del "gruppo"

In panchina comincia laddove aveva lasciato segnando l'ultimo gol, ovvero a Palazzolo; da lì in poi si dipana il filo rosso delle sue esperienze alla guida di squadre dalle quali ha sempre cercato di spremere il meglio; plasmando gruppi compatti all'insegna dell' avvedutezza tattica. A Verona come a Cosenza, a Piacenza – sua prima esperienza in A con tanto di salvezza dopo lo spareggio col Cagliari al termine della stagione 1996-97 – come a Bergamo, a Napoli o a Palermo, anche a prescindere dai risultati, fino all'ultima panchina, quella del Livorno, nel campionato 2015-16, subentrato a Christian Panucci e dopo due mesi sostituito proprio dal ritorno di quest'ultimo.

Promozioni, Risultati soddisfacenti o retrocessioni che siano state, di volta in volta in tutti gli spicchi d'Italia dove ha lavorato, Bortolo Mutti ha sempre lasciato l'impressione di buon senso e correttezza, cultura del lavoro e nessun attacco di "fenomenite": merce rara, allora come oggi.

Buon compleanno.

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