Cartoline da Milan-Torino

Cartoline da Milan-Torino

Le vittorie dei granata di Radice con Schachner e Junior, sfide anni Ottanta e Novanta, fino alla tripletta di Filippo Inzaghi in rossonero

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I baffi a manubrio ramati, la chioma folta e vaporosa e la cadenza tedesca che sporca appena un ottimo italiano. No, non stiamo parlando del nuovo look di Jannik Sinner per l'ennesima pubblicità, ma di Walter Schachner, austriaco d'Italia che negli anni Ottanta teneva ogni domenica lectio magistralis di contropiede da Cesena ad Avellino, con un passaggio lungo tre stagioni in granata.

Giocava in un Toro dinamico, compatto, rapido: gli stessi aggettivi che si potrebbero usare per descrivere le sue qualità principali. Nella stagione 1984-85, l'ex milanista Gigi Radice aveva costruito una squadra ben assortita, che si era accorta presto di avere le credenziali giuste per andare all'assalto dello Scudetto, e Schachner componeva con Aldo Serena un duo d'attacco davvero di primo livello.

I granata esprimevano un calcio moderno fatto di pressing e ripartenze – come diremmo oggi – e avevano nel brasiliano Junior, il secondo straniero concesso dai regolamenti di quegli anni, il metronomo essenziale e brillante di un'orchestra quasi perfetta. Quasi, perché a fine anno era finita dietro il Verona di Bagnoli, forse la più grossa sorpresa di ogni epoca del calcio italiano, invece di andare a vincere il suo ottavo tricolore.

Voluto da Moggi, dg del Torino, dopo due stagioni da idolo a Cesena con diciotto marcature complessive, Schachner diceva nelle interviste di non avere difetti, che il campionato tedesco era migliore di quello italiano e prometteva almeno quindici gol in A, una cifra che non arriverà nemmeno ad avvicinare, ma una cosa era certa: sapeva come segnare al Milan. In quel campionato di quasi quarant'anni fa c'era riuscito all'andata al Comunale e, alzando ulteriormente l'asticella, pure nel ritorno di San Siro del 24 marzo 1985, firmando l'ultima vittoria granata in A contro i rossoneri nella Scala del calcio.

Una stagione d’Italia particolare

 

L'Italia era stata da poco sorpresa dalla “Rivolta dei Puffi”, la protesta di famiglie e bambini – spontanea o meno che fosse – contro l'oscuramento delle reti commerciali di Berlusconi voluto dai giudici. Una contestazione pacifica e rumorosa per le strade di moltissime città e paesi, che spingerà il premier Craxi ad adottare un provvedimento d'emergenza per salvare i canali dell'amico Silvio, regalandogli lo slancio e i fondi necessari ad acquistare il Milan l'anno successivo. Per questo tra gli spalti di San Siro le telecamere della Domenica Sportiva inquadrano un bambino abbracciato a un Puffo milanista, ancora prima di mostrare il barone Liedholm che in giacca gialla da benzinaio e colbacco si allunga verso la sua panchina. È un tributo al vero e proprio grimaldello blu della proprietà che verrà.

La palla rimbalza strana, i tifosi lanciano arance e carta igienica, Lo Bello annulla un gol a Virdis dopo sette minuti per fallo di Hateley – «Da un po' di tempo Mark ogni volta che salta gli viene attribuito un fallo» commenta scoraggiato l'attaccante sardo – e al sessantunesimo Schachner gira a rete di prima un cross di Pileggi, nonostante le proteste del Milan.

Il braccio di Baresi si è alzato a segnalare un fuorigioco, tra le rimostranze del pubblico, ma non sono ancora i tempi degli “Invincibili”, quella è ancora la squadra dei “Casciavit” e Lo Bello non lo guarda nemmeno. E poi c'era Tassotti, un passo di troppo dietro la linea, a tenere in gioco tutti: Liedholm conferma.

San Siro, pieno e ancora senza terzo anello, ammutolisce, ma il Milan si rialza e sfiora il pareggio, prima con un tentativo di Verza e poi con un palo di Di Bartolomei su punizione. Come direbbe Sandro Piccinini: “Non va”.

Il Torino porta a casa una vittoria di lusso che gli permette di issarsi al terzo posto, due punti sopra i rivali di giornata, partendo all'inseguimento del Verona a sette di distanza. «Molto importante non solo il gol, voglio dire, molto importante questa gara» il commento a fine gara del match winner con le sue R arrotate e le T marcate: forse banale, ma in questi casi conta l'impegno.

L'anno prima, i granata avevano vinto a Milano con lo stesso risultato grazie a una rete di Dossena, l'anno dopo si ripeteranno con un 1-3 a giugno nel Torneo estivo 1986 – una competizione ufficiale realmente esistita, creata dalla Lega calcio per le squadre eliminate prima delle semifinali di Coppa Italia – contro un Milan che nel frattempo è passato dalle mani incerte di Farina alla grandeur berlusconiana. Dopo la prodezza di Schachner, il blackout del Toro a San Siro non si è interrotto sino alla vittoria nei supplementari della Coppa Italia 2023 siglata da Adopo, ma in campionato il tabù è ancora in vigore.

 

Storie di precedenti

 

A cavallo tra Ottanta e Novanta le sfide in A sono state spesso tirate, con pochi episodi da segnalare tipo l'ultimo gol milanista di Hateley nell'1-0 del 12 aprile 1987, ma le gare più incerte si sono giocate sempre al Comunale, come il pareggio 2-2 del 18 dicembre 1988 con doppietta del brasiliano Müller, o l'1-1 del 25 novembre 1990, con gol di Lentini. Che forse con quella rete si è assicurato le indecenti avances milaniste che lo hanno trasformato nel caso di calciomercato dell'estate 1992. Con il susseguirsi delle stagioni e dei ridimensionamenti, spesso il Toro è arrivato a San Siro come vittima sacrificale e quasi mai è andato vicino alla vittoria.

Il Milan ha collezionato un 5-1 nel 1995 – firmato ancora da un gol di Lentini, stavolta in divisa da diavolo – un 6-0 nel 2002-03 con tripletta di Filippo Inzaghi, un altro 5-1 del 19 aprile 2009 con altre tre reti di “Superpippo” e il netto 4-1 della scorsa stagione, impreziosito da due gol di Giroud e come quest'anno in apertura di campionato.

Forse, per tornare a sbancare lo stadio milanista, il Toro dovrebbe proporre a Walter Schachner di farsi ricrescere i baffi a manubrio e riprendere a fare lo spauracchio delle difese, magari il trucco funziona.

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