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Difensore e allenatore dei rossoblù, ne fu anche capitano. Grande leader in campo, confermò la tradizione dei grandi uruguaiani in Sardegna
Diego Lopez è stato il Cagliari in più occasioni: difensore, capitano e allenatore. Un trittico così metterebbe i brividi a chiunque, ma non a un giocatore di pura tempra sudamericana, uruguaiana meglio dire, stirpe nobile del futbol e di un certo modo di interpretare il ruolo nel reparto arretrato.
Non si può certo dire che i rapporti tra la Sardegna e l'Uruguay siano stati difficili, anzi. La colonia di grandi uruguagi a Cagliari va fatta risalire alla sfortunata esperienza di Victorino, certo, stagione 1982-83, ma poi il club rossoblù non ha più sbagliato un colpo quando ha dovuto pescare da Montevideo e dintorni.
Francescoli ed Herrera i miti, Lopez nel 1998 la nuova linfa in un affare condotto personalmente dal presidente Massimo Cellino: contatto con il Racing Santander, affare fatto a Madrid e volo privato fino alla Sardegna. Un soprannome, "El Jefe", che era tutto un programma, "Il capo": in mezzo, raramente a destra, sempre nel cuore del gioco.
Per 12 anni Lopez non si sarebbe più spostato, ritirandosi dal calcio professionistico all'età di quasi 36 anni, di cui un terzo (allora) spesi in Sardegna. Nella storia del Cagliari è il quinto giocatore per quanto riguarda le presenze in partite ufficiali dietro Daniele Conti, Brugnera, Piras e Riva.
E pensare che all'inizio l'allenatore, Gian Piero Ventura, non lo faceva quasi mai scendere in campo. Un paradosso per uno abituato a vivere le partite da dentro. Dodici anni di alti e bassi, di retrocessioni e di promozioni, e di una leadership mantenuta al netto della fascia da capitano, ereditata da Suazo nel 2007.
Quella classifica delle presenze da giocatore andrebbe aggiornata, o meglio rinnovata, con i gettoni di Lopez da allenatore: altri 64, divisi in due momenti opposti, uno da esonerato e uno da subentrato.
Record numeri alla mano normale, quello del "Jefe" da tecnico del Cagliari, ma l'importante è anche ciò che si lascia. La prima volta dopo aver diretto le giovanili rossoblù in compagnia di Ivo Pulga, l'uruguaiano sprovvisto del patentino da allenatore e costretto ad avere una guida "ufficiale" accanto; stagione 2013-14, grande entusiasmo iniziale e lento scivolamento verso il basso in classifica. Cacciato dopo 32 giornate, ultima sconfitta un 1-3 in casa contro la Roma di Mattia Destro (tripletta).
La seconda volta, ottobre 2017, rilevando Massimo Rastelli che viene sollevato dall'incarico dopo 6 sconfitte nelle prime 8 giornate di campionato. Il revival è potentissimo, perché oltre a Lopez arrivano altri due ex-compagni di squadra del "Jefe" a Cagliari, Fini e Agostini, come collaboratori. La situazione si raddrizza e arriverà una salvezza molto sudata, grazie agli 11 gol di Pavoletti e alla definitiva consacrazione di Barella.
Lopez però in patria ha vinto un titolo con il Peñarol, sempre in quel 2018 di slancio dopo la bella esperienza a Cagliari: 50esimo scudetto uruguaiano per i gialloneri, cifra tonda da tramandare ai posteri.
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